sabato 26 novembre 2011

Liberiamo l'acqua dall'ideologia

Oggi a Roma ci sarà il corteo organizzato dal Forum dei Movimenti per l'acqua. Tale corteo è legato alla campagna "Obbedienza civile", di cui parlo più avanti nell'articolo.
I manifestanti chiedono che a gestire le risorse idriche ed a distribuirle siano enti pubblici e quindi la manifestazione è sulla stessa linea dei due referendum sulla gestione dei servizi di pubblica utilità del 12 e del 13 giugno scorsi. È anche stata presentata una la legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, che, come era prevedibile, continua a giacere nei cassetti delle commissioni parlamentari.
I manifestanti rimproverano agli enti locali che si erano già rivolti alla gestione privata (con l'eccezione del Comune di Napoli) di proseguire la gestione dei servizi idrici attraverso società private e rimproverano a tali società di non aver tolto i profitti dalla tariffa, come invece sembra debbano fare a seguito dei referendum. La verità è che queste società si sono rivolte ai loro legali, i quali stanno cercando soluzioni che permettano in pratica di continuare a gestire con profitto (ed in che altro modo può gestire un'azienda privata?) chiamando magari il profitto in altro modo, che so, "costo di gestione". Gli statalismi conducono necessariamente a tali tipi disonesti di soluzione del "problema" profitto.
La realtà che la scienza economica ci insegna è che il profitto è necessario e che non esiste sistema economico di società evolute che non abbia tale elemento, pur se un esperimento di dimensioni continentali (il socialismo reale) faceva finta di aver sottoposto gli strumenti produttivi nelle mani del proletariato e di aver così eliminato lo sfuttamento, il plusvalore, il profitto. La realtà era che il profitto era nelle mani dei burocrati del partito al potere, dei politicanti del regime. Capitalismo di Stato, infatti, è stato giustamente chiamato. D'altronde o il mercato è libero - e quindi le imprese sono in mano ai privati - o il mercato libero non è - e quindi le imprese sono sotto il controllo dell'autorità pubblica, ovvero nelle mani dei burocrati di Stato, di regime. Ci sono, ovviamente anche posizioni intermedie, che differiscono tra loro (e con le posizioni nette di cui sopra) nel grado di statalismo e nella scelta di quali settori debbano essere pubblici e quali privati. È semplice vedere che quanto più le varie attività (specialmente quelle più importanti) sono nelle mani del regime tanto più autoritaria sarà la società, al di là di quanto possano tali tipi di soluzioni essere inefficienti dal punto di vista economico.
I manifestanti a Roma, quindi, di fatto, manifesteranno per una società autoritaria. Mi si potrebbe obiettare che l'acqua non è un bene come gli altri ed io, da geolib, sono per la condivisione delle risorse naturali e tra esse c'è di certo anche l'acqua. Il fatto, però, che l'acqua (come qualsiasi altra risorsa naturale) debba essere condivisa e debba essere controllata da pubbliche autorità, che debba essere considerata di tutti, nulla c'entra con la gestione della sua distribuzione, la quale può benissimo essere nelle mani dei privati, laddove questi dimostrino di gestirla meglio di aziende pubbliche ed è ovvio che per gestirla dobbiamo permettere che ci sia un profitto per tali aziende private e magari aspettare un decennio prima di giungere a conclusioni le quali altrimenti sarebbero solo affrettate, dato che abbiamo una rete idrica, specialmente in alcune regioni italiane, che è un colabrodo e tale rete idrica è il risultato di secolare gestione pubblica.
Lungi da me non voler rispettare il risultato dei referendum scorsi, ma, siamo certi che gli esiti referendari giuridicamente impediscano la gestione privata? Entrambi i referendum erano stati formulati in maniera tale che difficilmente un onesto ed imparziale interprete ed esecutore della legge possa rispondere con facilità a tale quesito. Di certo, però, i quesiti referendari sono stati spacciati per una pronuncia pro o contro la gestione pubblica ed è innegabile che il corpo elettorale ha scelto per tale tipo di gestione e ciò non aiuta di certo a risolvere pragmaticamente i problemi delle nostre reti idriche. Anche su questo blog è stato sostenuto (http://nonviolento.blogspot.com/2011/11/sorella-acqua-italiani-traditi.html) che "Dopo il voto il governo doveva creare un nuovo meccanismo di regolamentazione delle tariffe dell'acqua per sostituire quello abrogato dal referendum". Ebbene non è affatto così, dato che i referendum in Italia sono solo abrogativi e la Corte Costituzionale non li ammette se l'eventuale suo esito positivo (l'abrogazione) conduce a vuoti legislativi. Quindi la legge già c'è ed è quella risultante dall'abrogazione già avvenuta e tale legge non impone al governo di creare alcunché.
I manifestanti di oggi non credo vadano molto per il sottile e vedono le esortazioni delle istituzioni europee all'Italia e le decisioni del governo Berlusconi (siamo ancora in attesa di conoscere quelle del governo Monti) in proposito di liberalizzazioni dei servizi di pubblica utilità come un male a prescindere. Tutto ciò possiamo leggerlo nella chiave delle resistenze popolari alle riforme ed i politici conoscono benissimo tali meccanismi e sembra non li contrastino affatto al punto che potremmo giungere a pensare che in realtà anch'essi le riforme non le vogliano affatto e quando fanno finta di volerle e solo per giocare un po' perché altrimenti si annoiano.
I manifestanti, poi, si lamentano di come i media non trattino affatto la questione e questo è l'unico loro argomento che condivido totalmente, poiché una crescita civica e sociale può esserci solo se c'è pubblico dibattito, se circolano le idee, anche quelle che considero sbagliate dei manifestanti di oggi, che vorrebbero più Stato, ovvero meno libertà e più inefficienza e sprechi. Inefficienza e sprechi che si pagano sempre, prima o poi, con l'imposizione fiscale, che in altre parole vuol dire ancora meno libertà.
La manifestazione di oggi, però, contiene un elemento di novità, rispetto alle altre, ovvero l'avvio della campagna di "Obbedienza Civile", che consisterà in azioni di autoriduzione delle tariffe calcolando tale riduzione sull'eliminazione del profitto che avrebbe dovuto esserci a seguito di uno dei due quesiti referendari. Per la prima volta, quindi, si vuol contrastare la gestione privata attraverso un atto nonviolento di affermazione civile, di obbedienza alla legge, che potrebbe (a seconda delle dimensioni e del rilievo mediatico che riesce ad assumere) condurre effettivamente alla ripubblicizzazione della gestione dei servizi idrici. Avremo in questo caso un'azione nonviolenta che conduce ad un rafforzamento del regime.
Ciò che più mi lascia perplesso è che i manifestanti parlano della gestione privata dei servizi idrici e del liberismo in genere come se quest'ultimo fosse imperante in Italia da molto tempo. Parlano di poteri forti che ci hanno condotto verso la crisi attraverso il liberismo ed affermano che si dovrebbe adesso invertire la rotta per ripubblicizzare acqua, servizi pubblici locali in genere e chissà quanto altro. Ma da quando sono passati nelle mani private le gestioni dei servizi idrici? Che risultati hanno ottenuto? Perché dovremmo decidere per tutte le realtà, anche quelle gestite da privati eventualmente virtuose? Perché lo Stato nazionale dovrebbe imporre ad una eventuale regione che ha avuto più pro che contro da tale tipo di gestione di tornare alle inefficienze, agli sprechi e ai disastri del passato?

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