mercoledì 29 febbraio 2012

Articolo di Fabio Massimo Nicosia nella Biblioteca geolib

È presente adesso un quarto autore nella Biblioteca geolib, Fabio Massimo Nicosia, con l'articolo Per un georgismo libertario, che potete leggere anche qui di seguito.

lunedì 27 febbraio 2012

Partecipiamo alla Lega per l'Uninominale?

Ricevo dalla Lega per l'Uninominale e qui pubblico chiedendo a tutti i collaboratori e lettori di GeoLib: che ne pensate di partecipare iscrivendoci alla Lega per l'Uninominale?

Potremmo raccogliere i 50 € della quota d'iscrizione e far iscrivere uno di noi, magari qualcuno che avrebbe la disponibilità di andare ai vari appuntamenti come quello che si terrà a marzo.

-----------------------------------------------------

Caro Massimo,

lunedì 20 febbraio si sono svolti a Roma, presso Palazzo Santa Chiara, i lavori della Seconda Assemblea annuale della Lega per l’Uninominale. L’audiovideo integrale dei lavori è disponibile sul sito di Radio Radicale, alla pagina http://www.radioradicale.it/scheda/346066, dalla quale potranno essere scaricati per tre settimane.

Su iniziativa del Consiglio di Presidenza, verrà riunita una Commissione di studio con il compito di preparare proposte operative da presentare e discutere in occasione della Seconda sessione dell’Assemblea.

L’Assemblea ha quindi deliberato all’unanimità di aggiornare i propri lavori ad una Seconda sessione, che dovrà essere convocata, con il preavviso di 30 giorni richiesto dallo Statuto, entro il 27 febbraio, per tenersi entro sabato 31 marzo 2012. In quella occasione si procederà alla delibera delle iniziative, all’approvazione del bilancio e degli altri documenti (mozione generale, mozioni particolari, raccomandazioni), alle eventuali modifiche statutarie e al rinnovo degli organi.

Ti ricordiamo infine che è aperto il tesseramento alla Lega per l’Uninominale per il 2012. Ci si può iscrivere versando la quota minima di cinquanta euro con il sistema Paypal, attraverso il sito www.uninominale.it, oppure con bollettino di conto corrente postale (n. 5368229) intestato a: “Associazione per l’Uninominale”.

Renderemo disponibili a breve le trascrizioni delle relazioni svolte nel corso dell’Assemblea.

Grazie, un caro saluto e a presto

Antonio Martino, Fulco Lanchester, Marco Pannella
Presidenti della Lega per l’Uninominale

Michele De Lucia
Tesoriere della Lega per l’Uninominale

lunedì 20 febbraio 2012

Nuovo articolo di Borruso nella Biblioteca geolib

L'articolo "mostra con dovizie di particolari la saga della proprietà fondiaria nel corso dei secoli. Ammetto che la questione non è facile, e che tra i pochissimi che se ne accorsero vi fu chi pagò con la vita (Arnaldo da Brescia) la sua scoperta."
(Silvano Borruso)

Da oggi è nella Biblioteca geolib, ma lo potete leggere anche qui di seguito.

mercoledì 15 febbraio 2012

Cattolico, da "mezzo ebreo"

Amo definirmi "mezzo ebreo". Secondo l'ebraismo laico umanista sono ebreo. Festeggio le festività ebraiche, studio l'ebraico (molto a rilento), leggo il Tanakh e vorrei un giorno fare (a mio modo) la aliyá. Religiosamente sono poi anche cattolico, sempre a mio modo... Ritengo che le due cose non si escludano affatto.

Bisogna lasciar riposare le vittime della Shoà, ma anche esse non sono esclusivamente "proprietà" degli ebrei, sono dell'intera umanità, o almeno di tutti coloro che ne sentono la comune umanità ed il dolore e l'orrore per il genocidio. Se ogni popolo ed ogni cultura vedesse i 6 milioni di ebrei come 6 milioni di appartenenti al propria storia mi sa che veramente non accadrebbe mai più!

I miei nonni sono stati "battezzati" secondo il rito mormone da morti. Da vivi non hanno mai cambiato religione restando sempre cattolici. Per un mormone è un dovere battezzare i suoi antenati. Il loro "battesimo" mormone da morti li ha resi forse mormoni? Mia nonna, che mi ha insegnato il catechismo, è forse cambiata nella mia memoria? È stata così oltraggiata la sua memoria? È stato imposto loro qualcosa? Non è impossibile che discendenti di parenti delle vittime vengano ad essere imparentati con mormoni, così come è accaduto che un mio zio si sia convertito al mormonismo.

Beh, qui si tratta di convivenza tra gruppi religiosi diversi nel globo terrestre e prendiamola alla lontana, per comprenderci: come cristiano cattolico non esiste alcun profeta ebreo che non sia presente nella comunione dei santi della mia chiesa, della cristianità tutta ed in particolare la sacra famiglia tutta è composta da ebrei... Non mi pare, sinceramente, che questo mio credo cristiano in sé modifica la storia e rende così Gesù, solo per dirne uno, meno ebreo o non ebreo o qualcosa del genere. Se poi, affermiamo che gli ebrei hanno qualcosa da recriminare nei confronti dei cristiani non posso che essere d'accordo, ma non perché noi crtistiani consideriamo Gesù, un ebreo, il Figlio dell'Altissimo, bensì perché in nome dell'ebreo Gesù la Cristianità ha fatto tanti e tali di quelle schifezze antigiudee da essere anche, dal mio punto di vista, antievangeliche.

lunedì 13 febbraio 2012

Seminario di Libera Italia

Qui a seguire la relazione introduttiva di Massimo Teodori al seminario del 28 gennaio scorso a Roma RICOSTRUIRE LA POLITICA - RINNOVARE LA REPUBBLICA organizzato dall'associazione LIBERA ITALIA.

L'audio integrale del seminario è disponibile alla seguente pagina:
http://www.associazioneliberaitalia.it/seminario_28-01-2012

sabato 11 febbraio 2012

Radicalismo e Libertarismo. Intervista a Davide Leonardi

Intervista a Davide Leonardi, fondatore insieme a Fabio Massimo Nicosia dell’Associazione “Diritto e Mercato”. Nel marzo del 1997 fu il promotore presso la sede dell’associazione per l’iniziativa radicale Enzo Tortora del convegno “Liberali, liberisti o libertari? Non solo Milton Friedman”, il primo momento di introduzione alle tesi anarco-liberali in casa radicale e uno dei primi dibattiti pubblici in Italia sull’anarco-capitalismo.

1) Come ti sei avvicinato al libertarismo?
Credo di non essermi mai avvicinato al libertarismo, nel senso che mi sono piuttosto scoperto libertario da sempre. La mia conoscenza degli autori libertari americani è successiva alla maturazione di convinzioni anarco-liberali. Se vuoi la mia via al libertarismo è per molti versi analoga e antitetica a quella rothbardiana del diritto di secessione. Rothbard parte dalla considerazione che una volta riconosciuto il diritto di secessione a una nazione, non c'è alcun motivo logico per non estendere tale diritto a entità collettive sempre più piccole, fino ad arrivare alla secessione individuale. Per me il diritto a non cooperare nasce invece dall'analoga estensione del diritto di obiezione di coscienza a qualsiasi sfera della vita, ma è un diritto a non cooperare in nome di una diversa volontà di cooperazione, quindi in questo senso antitetico al libertarismo "dei cazzi nostri", che tanto terreno fertile ha trovato nella sensibilità leghista. Ciò che unisce me e Fabio Nicosia, e che rappresenta un po' il fondamento dell'associazione Diritto e Mercato, è lo sviluppo di un pensiero libertario autonomo rispetto all’anarco-capitalismo e, per così dire, autoctono all'area radicale. Ciascuno di noi ha seguito strade diverse, ma la comune sensibilità scettica ha portato entrambi a concepire la proprietà privata come un frutto del libero mercato e non viceversa, come vorrebbero i rothbardiani.

2) In Italia siete stati tra i primi a discutere di anarco-capitalismo, ricordo il convegno all’Associazione radicale Enzo Tortora di Milano, raccontaci quell’esperienza.
No, non siamo stati tra i primi. All'epoca del convegno che hai ricordato era già in corso un dibattito semi-clandestino, un po' salottiero sull'anarco-capitalismo e le idee di Rothbard, grazie a Carlo Lottieri, circolavano in ambienti leghisti, humus dell'odierno Movimento Libertario di Leonardo Facco. Inoltre LiberiLibri stava pubblicando proprio in quegli anni le prime edizioni italiane di Block, Rothbard, Friedman Jr, Nock, ecc. Certamente siamo stati i primi a tentare iniziative politiche in tal senso. Il convegno, tenutosi in C.so di Porta Vigentina presso la storica sede dell'associazione radicale Enzo Tortora - sebbene abbia totalmente fallito lo scopo che mi ero prefisso - aveva nelle sue intenzioni un taglio politico e non culturale. Il successo e l'entusiasmo suscitato da quell'evento ci diedero l'opportunità di raccogliere una piccola pattuglia di radicali e simpatizzanti di altre forze politiche del centrodestra sul progetto di fondazione di un Movimento Libertario. Il progetto fallì perché non fummo in grado di concepire e organizzare iniziative concrete realmente incisive, ma credo che la nostra crescente esposizione abbia in... qualche modo pungolato l'enclave rothbardiana, spingendola a serrare le fila e uscire allo scoperto.

3) Precisamente quali erano i tuoi obiettivi? Cosa ti aspettavi?
Ero e sono convinto che l’anarco-liberalismo e i radicali abbiano bisogno l’uno dell’altro. Non solo ritengo il primo perfettamente coerente con la nostra storia, ma credo che, in Italia, l’anarco-liberalismo potrà realmente affermarsi solo se sarà di sinistra. L’anarco-capitalismo di stampo rothbardiano, è una versione rigorosa e intransigente di un liberalismo etico e giusnaturalista che nel paese di Macchiavelli non ha mai realmente messo radici. Non sono mancate voci isolate in tal senso, ed è innegabile che esista un’adesione elitaria e ideologica al libertarianism d’importazione, ma quando si fa ricorso al diritto di resistenza bisogna fare appello alla carne e al sangue e purtroppo non è sufficiente affermare in continuazione che esistono dei diritti naturali per farli esistere. Nell’Italia contemporanea sono stati radicali col berretto frigio, illuministi, positivisti e socialisteggianti a dar corpo al diritto di resistenza, fondandolo su nonviolenza e laicità… e nonviolenza e laicità portano dritti all’anarco-liberalismo senza passare per i diritti naturali. E’ questa la riflessione che avrei voluto provocare.

4) Come si svolse invece il dibattito?
Non ci fu un vero dibattito. La maggioranza dei relatori, composta da rothbardiani convinti, presentò la cosa nel modo più indigesto per la sensibilità radicale: diritto naturale e balene private. Il risultato fu la curiosità di pochi e la reazione immunitaria dei più. Negli anni successivi ho visto sempre più giovani radicali attratti dal libertarismo e oserei dire viceversa, ma sono due mondi - benché convergenti nella lotta politica contingente - filosoficamente agli antipodi. Ero e sono ancora convinto che il libertarismo, in Italia, si affermerà realmente solo se sarà un'evoluzione del movimento radicale, ma per ora manca qualche anello di congiunzione. Per avvicinare i radicali all'anarchismo non serve un dibattito sull'anarchia, ma piuttosto un dibattito sui fondamenti teorici del radicalismo stesso a cui - è inutile negarlo - un partito laico e carismatico è ontologicamente refrattario. In verità i radicali sono assetati di teoria, prosciugati come sono dall'azione. L'interesse che tante volte ho visto suscitare dalle teorie anarco-liberali si è rivelato a conti fatti un interesse per un approfondimento teorico purché sia, e non tanto nell'anarco-liberalismo in sé. Ma proprio per la debolezza filosofica strutturale del radicale, qualsiasi dibattito che si presenti come confronto tra radicalismo e altro rischia di scatenare reazioni immunitarie o contaminazioni tossiche.

5) Quali sono i fondamenti teorici del pensiero radicale da approfondire secondo te?
Per me le radici anarchiche dei radicali sono da ricercare nella nonviolenza, che oltre ad essere la quadratura del cerchio liberalsocialista, altro non è che una versione laica e giuridicamente più sensata dell'assiomatico principio di non-aggressione di Rothbard. Non a qualsiasi norma, infatti, può disobbedire il nonviolento, giacché infrangere il divieto di coercizione significa metter in atto condotte violente. Non disobbedisco, cioè, a una norma perché è ingiusta, ma è ingiusta quella norma alla quale posso disobbedire e – ciò che è più interessante – è giusta quella norma alla quale non posso disobbedire.Il problema, dunque, non è come portare il dibattito sull'anarchia in casa radicale, ma come riprendere il dibattito sulla nonviolenza, sul quale venne messa una pietra tombale trent'anni fa, al XXV congresso del PR che elaborò il preambolo allo statuto, l'unico documento radicale che abbia qualche parvenza di manifesto, insieme alla prefazione di Pannella al libro di Valcarenghi.

6) Puoi illustraci meglio il rapporto tra non-violenza e libertarismo e le sue connessioni con l’esperienza radicale?
Come ho detto, la pratica della nonviolenza, e mi riferisco segnatamente alla disobbedienza civile, fa implicitamente appello a una legge non scritta che vieta le condotte coercitive e solo quelle. Tale norma fondamentale non è fondata su dogmi religiosi o razionalisti, bensì sul corpo fisico dell'individuo e a ben vedere su limiti logici intrinseci al concetto stesso di diritto. Questa portata contenutistica e sostanziale della disobbedienza civile - che le lotte degli anni ‘70 avevano messo in luce e che avversari intelligenti dei radicali come Baget Bozzo mostravano di aver compreso meglio dei radicali stessi - io credo sia stata confusa con una potenziale deriva dogmatica e giusnaturalista che col preambolo allo statuto del Partito Radicale si è voluto neutralizzare, sostituendola con un principio di legalità Bobbiescamente fondato su carte internazionali, ma incapace di eguagliare la forza di quell’originaria intuizione fisicalista. Non è un caso che da allora la nonviolenza radicale si sia orientata sempre meno alla disobbedienza civile e sempre più al digiuno, che fu lo strumento preferito anche da Gandhi nella seconda parte della sua rivoluzione, quella in cui doveva costruire lo Stato indiano, perché la disobbedienza civile di per sé è incapace di costruire Stati, li può solo smantellare. Né è un caso che oggi Pannella abbia tirato fuori dal cappello l'ircocervo dei "diritti naturali storicamente acquisiti" (un colpo al cerchio giusnaturalista e uno alla botte giuspositivista), perché - voglio credere - si è reso conto dei limiti di quella scelta del 1981.

7) In sostanza tu proponi un superamento del preambolo allo statuto?
E’ l’evoluzione del dibattito sui diritti umani che lo impone. Il carattere fondativo della dichiarazione universale, il presunto consensus omnium gentium, che per Bobbio superava il problema del suo fondamento filosofico - assunto che ha inciso non poco sul dibattito di quel congresso radicale - è stato messo in discussione dai fatti degli ultimi decenni. La fragilità che l’universalismo empirico legato alla contingenza storica ha mostrato, richiede oggi, se non un fondamento teoretico dei diritti umani, per lo meno una revisione del loro contenuto. Può aspirare all’ambita universalità di consenso una dichiarazione così vasta al punto da essere incongruente? E’ quello che si chiedono oggi tanti intellettuali di sinistra. Il liberal canadese Michael Ignatieff - che non è certo un libertarian texano - ha proposto di sfrondare la dichiarazione da tutti quei diritti sociali, che incarnano di fatto una concezione di vita buona e che minano alla base qualsiasi pretesa di universalismo di fronte al pluralismo morale e culturale. Ignatieff propone di limitare i diritti umani alla difesa della sola libertà negativa e non sulla base di qualche assunto etico - filosofico, ma in base all’osservazione molto pragmatica che solo l’individualismo liberale si presta a difendere gli oppressi dalla violenza del potere senza imporre valori e stili di vita occidentali.

8) Individualismo Liberale e Individualismo Libertario, come e perché tra i Radicali?
Liberale o libertario, credo che l’individualismo in quanto tale vada superato se si vuole far fronte alle critiche che già il minimalismo di Ignatieff ha suscitato. L’individualismo, argomentano i suoi detrattori, è esso stesso un valore occidentale e per tanto non può ispirare una carta dei diritti che pretende di essere universale. Ciò che necessariamente unisce i contraenti della dichiarazione è se mai la fede nel diritto come sola forma possibile di pace, un concetto ben espresso dal nostro Non c'è Pace senza Giustizia. Il diritto, non l’individuo, è il bene giuridico supremo e dunque possiamo reinterpretare il minimalismo di Ignatieff come difesa di quelle condizioni, e solo quelle, che rendono possibile ed effettivo un ordine giuridico in quanto tale. Questo minimalismo non è diverso nei contenuti da quello proposto da Ignatieff, perché consiste di fatto nella difesa della libertà negativa, che è poi quel divieto alla coercizione implicito nella nonviolenza, senza il quale qualsiasi sanzione giuridica perde di significato. E’ curioso come fu proprio Norberto Bobbio a sottolineare che tanto il positivismo, quanto il realismo giuridico sembrano concordi nell’individuare nella coazione la caratteristica distintiva della norma giuridica. La moderna teoria della coazione - secondo le formulazioni datene da Kelsen e da Ross, rispettivamente un positivista e un realista giuridico – definisce il diritto come un complesso di norme che regolamentano l’uso della forza. Con tale definizione la scienza giuridica rinuncia al proposito di occuparsi esclusivamente di come il diritto si produce e non di che cosa esso stabilisce, mettendo in discussione il preteso formalismo delle dottrine positiviste e realiste. Come affermò lo stesso Bobbio “è questa una conseguenza che non è ancora stata messa nel dovuto rilievo, ma che meriterebbe un attenta riflessione.”

9) Da queste considerazioni e pragmaticamente, cosa dovrebbe riprendere e presentare culturalmente e politicamente il Partito Radicale?
Innanzitutto ridare preminenza alla disobbedienza civile e all’obiezione di coscienza rispetto all’arma del digiuno. Poco importa per quale obiettivo, perché – ripeto – la nonviolenza è un fine in sé. Un’azione di disobbedienza civile partecipata contribuisce alla formazione di un sentimento liberale e libertario più di mille libelli che enunciano apoditticamente l’esistenza di presunti diritti naturali.

10) Tra i libertari di "destra" e di "sinistra" cosa proporre? Come colpire?
Il Movimento Libertario di Facco è molto attivo nell’ambito della diffusione culturale, ma quando si attiva politicamente diventa una cellula radicale. E non è questo, un loro limite, ma solo l’ennesima dimostrazione che quella tracciata diversi decenni orsono da Marco Pannella è l’unica strada possibile per una rivoluzione liberale in Italia. Facco e Fidenato hanno messo in campo azioni di disobbedienza civile, sul sostituto di imposta e sulla libertà di semina, che avrebbero potuto benissimo compiere da radicali. Non solo nei contenuti hanno ripreso nostri cavalli di battaglia, ma anche nel metodo si sono ispirati a Pannella, autodenunciandosi e appellandosi a fonti di diritto positivo, a dispetto della loro professione di fede giusnaturalista. Non mi stupirebbe se tra qualche anno, dopo un po' di esperienza di lotta nonviolenta, approdassero anche loro a uno statuto ambiguo come quello del PR, in cui si dichiarerà il diritto e la legge anche diritto e legge del Movimento Libertario. Mi chiedo: c’era bisogno di un soggetto politico ad hoc per fare questo? Non sarebbe più utile un’associazione radicale tematica, ad esempio sulla libertà fiscale, magari guidata dagli stessi Facco e Fidenato, che conduca le sue azioni nonviolente sotto l’egida e con il know how del movimento radicale? Quanto ai left-libertarians… che cosa vuoi che ti dica? Dammi pure del visionario, ma per me il partito radicale è il soggetto politico left-libertarian! Noi anarchici e radicali dobbiamo solo penderne atto.

11) Spesso tra libertarian e left-libertarian vi sono discussioni riguardo al rapporto tra Proprietà, Mercato e Libertà. Tu cosa ne pensi?
Da dove partire e come bilanciare questi rapporti? Non credo nei diritti naturali e tanto meno credo che la proprietà privata sia un diritto naturale. Credo invece nella nonviolenza e in una proprietà privata fondata sulla nonviolenza, ossia sul mutuo consenso o – il che è lo stesso - sul libero mercato. La libertà – che non è partecipazione, bensì massimizzazione delle concrete possibilità d’azione – si fonda su un delicato equilibrio tra diritto di escludere e libertà di circolazione (intesa in senso lato come possibilità di godere direttamente e indirettamente di ciò che la natura e non l’uomo ha creato). Il primo può essere acquisito solo a spese di quest’ultima e non reputo funzionale a tale equilibrio un istituto della proprietà privata che non tenga conto di questo conflitto. Il diritto di escludere è la vera funzione della proprietà privata. E’ il diritto di escludere che ci dà la possibilità di godere dei frutti del nostro lavoro (così come di oziare indisturbati all’interno della nostra proprietà se lo preferiamo) e non viceversa. Perché nascondersi dietro a un dito? Il diritto di escludere non ha bisogno di giustificazioni morali per un libertario, ma solo di un giusto prezzo e il giusto prezzo è definito in termini di libertà di circolazione che esso sottrae agli escludendi.

12) Definiresti le tue posizioni geolibertarie?
Certamente. Henry George ha proposto un meccanismo concreto per attuare un principio che è sempre stato presente nella tradizione liberale, da Smith a Locke a Paine a Mill, ecc., quello del pari diritto alla terra e alle risorse naturali: non c’è lavoro, né recinzione che giustifichi l’appropriazione esclusiva di tali risorse senza adeguate garanzie per gli esclusi. In sostanza il georgismo consiste nel trattare i diritti di proprietà alla stregua di un diritto di suolo o di superficie, al fine di determinare un’indennità che possa risarcire i titolari, ovvero i cittadini rimasti esclusi dall’usufrutto, ma non per questo espropriati del loro diritto di co-proprietari. Il principio rothbardiano dell’homesteading, sottraendo l’acquisizione originaria del bene-terra a qualsiasi forma di contrattazione, in pratica ne fissa un prezzo artificialmente basso, con tutto ciò che ne consegue in termini di scarsità delle risorse. Il principio georgista, molto più conforme ai dettami della scuola austriaca, sottopone alle dinamiche di mercato la distribuzione dei titoli di proprietà, come qualsiasi altro bene e in questo senso può dirsi perfino più liberista dell’anarco-capitalismo rothbardiano.

13) Credi che nella sua variante georgista il libertarismo sia più appetibile per un Partito Radicale dalle radici azioniste e liberalsocialiste?
Il georgismo riesce in modo estremamente semplice e lineare a unire i principi liberali a esigenze socialiste di equità e non in termini di compromesso, ma come parte di un unico sistema perfettamente coerente che non sacrifica un’oncia dei diritti individuali. Sulla base delle premesse georgiste si può concepire un reddito di cittadinanza o se si preferisce un welfare universalistico che non sia frutto di una redistribuzione forzosa delle risorse allocate dal mercato, ma piuttosto il risultato dell’applicazione dei principi di mercato in assenza di diritti di proprietà definiti a priori. Il Georgismo è in questo senso, un autentica filosofia liberalsocialista e non esiterei a definire il geolibertarismo, la sua variante anarchica che costituisce il paradigma left-libertarian, un sistema anarco-liberal-socialista.

link: http://www.domenicoletizia.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=20:radicalismo-e-libertarismo-intervista-a-davide-leonardi&catid=7&Itemid=103

Geolibertari italiani

Questo blog, che era il mio blog personale, è ormai un blog collettivo e prima di esserlo diventato si era già indirizzato verso il geolibertarismo. Il geolibertarismo come lo intendo io è un movimento di pensiero e d'azione che ha in sé diverse anime e pure diversi obiettivi, che sono però tutti riconducibili all'applicazione dei principi di condivisione delle risorse della natura (che può avvenire attraverso la fiscalità georgista o altre modalità comunque risarcitorie nei confronti di chi viene escluso da esse) e di libertà individuale, così come è concepita nella tradizione del pensiero politico liberale e libertario inteso nel senso più ampio. Il geolibertarismo è quindi liberale e libertario e pure liberista, ma è anche socialista, dando a ciascuno il suo e combattendo la povertà fin dalla sua radice, così come è verde, nel senso di rispettoso nei confronti di ciò che è bene comune, anche nel senso di appartenente alle future generazioni. Per questo ho deciso, quando ancora il blog era individuale, di registrarlo tra i soci dell'Associazione Libera Italia, di Massimo Teodori e Luigi Covatta. Una delle spese del blog è appunto la quota associativa di Libera Italia. Ricordo che chiunque volesse donare soldi a GeoLib può farlo cliccando su "Donazione" nella colonna a destra del blog. Partecipare ad un'associazione, comunque, comporta altre spese, oltre a quelle della quota associativa, ed auspico che ognuno dei collaboratori e dei simpatizzanti di GeoLib decida di donare quanto può per far andare avanti un blog che ha intenzione di divenire (se ancora non lo è già) la voce dei geolibertari italiani e che sia di ausilio al movimento geolibertario italiano, affinché esso possa strutturarsi in maniera tale da incidere sulla politica per rendere le persone più libere, la società più giusta, l'ambiente meglio tutelato.

Credo debba ora porsi il problema di non avere più solo me come amministratore, per fare in modo che il blog possa funzionare anche in mia assenza, per invitare qualcuno a collaborare, ad esempio. È da porsi pura la questione di continuare ad avere e di eventualmente intensificare il legame con l'Associazione Libera Italia di cui sopra o con qualsiasi altra realtà associativa italiana. Essere la voce dei geolibertari italiani non implica necessariamente che ogni post debba essere scritto in italiano o che tutti i collaboratori di GeoLib debbano essere italiani, ovviamente, ed anticipo che da questo punto di vista sembra che avremo presto una autorevolissima collaborazione non italiana.

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che fino ad oggi si sono aggregati al novero dei collaboratori di GeoLib e che stanno dando il loro apporto in termini di articoli, di commenti e di relazioni, che stanno facendo crescere il blog. Un grazie va anche a tutti coloro che seguono GeoLib più o meno stabilmente, sia quelli che partecipano con i loro commenti ai post del blog sia quelli che esprimono le loro reazioni a ciò che qui leggono tramite posta elettronica o social network sia quelli che leggono ed ancora non hanno espresso alcuna reazione e saranno i benvenuti quando lo faranno.

giovedì 9 febbraio 2012

Articolo di Davide Leonardi nella Biblioteca geolib

È presente adesso un terzo autore nella Biblioteca geolib, Davide Leonardi, con l'articolo Il georgismo come "filosofia della prassi" libero-scambista, che potete leggere anche qui di seguito.

martedì 7 febbraio 2012

A ciascuno il suo

Quarta intervista a Silvano Borruso

‬Nella scorsa intervista‭ (http://nonviolento.blogspot.com/2012/01/se-i-professori-di-economia-dicessero.html) ‬ha citato una‭ ‬felice espressione di Gesell che intendo qui esporre più estesamente:
«‬Fiumi di sangue,‭ ‬montagne di cadaveri‭; ‬mari di denaro e di sudore sperperati invano‭! ‬La geografia politica della nostra Terra rassomiglia al cappotto,‭ ‬rabberciato e a brandelli,‭ ‬di un‭ ‬mendicante.‭ ‬Nuove barriere vengono erette tutti i giorni,‭ ‬e ogni nazione sorveglia sempre più gelosamente,‭ ‬come un mendicante,‭ ‬il brandello di stoffa ereditato dagli antenati.‭»‬ (tratto da‭ ‬L'Ordine Economico Naturale di Silvio Gesell,‭ ‬Parte II‭ ‬-‭ ‬Cap.‭ ‬5‭ ‬RAGIONE PER LA NAZIONALIZZAZIONE FONDIARIA‭)‬.
Tutto ciò dipende esclusivamente dalle politiche economiche o ci sono anche altre cause‭?
Le politiche economiche non sono che conseguenza di un errore filosofico di base,‭ ‬cioè ammettere che la terra possa essere‭ “‬proprietà‭”‬ di qualcuno.‭ ‬Mi rendo conto di dirla grossa,‭ ‬e pertanto di essere in dovere di giustificare rigorosamente una tale posizione.‭ ‬Il discorso è lungo,‭ ‬ma facciamolo.
Il diritto di proprietà è‭ ‬naturale,‭ ‬e pertanto morale e legittimo,‭ ‬in tre casi:
  1. Quando‎ ‏si tratta di un prodotto da lavoro proprio.
  2. Quando si ottiene prodotto di lavoro altrui con quello proprio,‎ ‏con o senza mezzo di scambio.
  3. Quando‎ ‏è‭ ‬res nullius,‭ ‬cioè senza un‭ ‬tracciabile autore o proprietario dello stesso.
Orbene,‭ ‬a quale‭ ‬caso corrisponde un appezzamento terriero‭?
Al‭ ‬primo no:‭ ‬la terra non è manufatturato umano.‭ ‬La si trova al nascere,‭ ‬la si lascia al morire.
Al‭ ‬secondo potrebbe sembrare di sì,‭ ‬ma per metà.‭ ‬Benchè non fatta,‭ ‬la terra la si‭ ‬può comprare,‭ ‬o‭ ‬ereditare,‭ ‬anche‭ ‬per secoli,‭ ‬e pacificamente.‭ ‬Ma‭ ‬- faceva notare Henry George - ‬se si risale nel tempo,‭ ‬si troverà immancabilmente che all‭’‬origine di un qualsiasi‭ ‬titolo di proprietà,‭ ‬in qualsiasi parte del mondo,‭ ‬è un‭ ‬atto di violenza:‭ ‬conquista manu militari,‭ ‬espropriazione forzata,‭ ‬frode,‭ ‬omicidio,‭ ‬e simili.‭ ‬Si noti il neretto:‭ ‬l‭’‬occupazione originaria da parte‭ ‬di una comunità da sempre avviene senza titolo.‭ ‬Fino ad oggi esistono tali comunità,‭ ‬dove il problema fondiario‭ (‬ancora‭) ‬non‭ ‬genera violenza.‭ ‬L‭’‬alternativa sarebbe‭ ‬stata‭ ‬quindi o‭ ‬un contratto di affitto con la comunità originaria,‭ ‬o‭ ‬espellerla con la violenza.‭ ‬Storicamente si scelse‭ ‬il secondo metodo,‭ ‬con‭ ‬le conseguenze‭ ‬descritte da‭ ‬Gesell.
Al terzo potrebbe anche sembrare di sì,‭ ‬ma attenzione:‭ ‬un appezzamento di terra,‭ ‬è‭ ‬res‭? ‬Non c’è bisogno di addentrarsi molto nelle categorie aristoteliche per rendersi conto che si tratta di locus,‭ ‬o meglio situs.
Un tale diritto quindi non sussiste in nessuno dei tre casi.
Se dovessimo fermarci qui,‭ ‬il problema‭ ‬sarebbe insolubile.‭ ‬Ma non ci si strappi i capelli.‭ ‬Continuiamo.

‏È possibile superare tale situazione‭? ‬Come‭?
Mettendo ogni cosa al suo posto,‭ ‬cominciando da res.‭ ‬Se l‭’‬appezzamento di terra non è res,‭ ‬la Terra,‭ ‬il pianeta,‭ ‬lo è.‭ ‬Come dice Gesell,‭ ‬il globo è proprietà del genere umano nel suo insieme.‭ ‬Ognuno ha il diritto naturale di insediarsi e di lavorare dove i suoi desideri e talenti‭ ‬lo portano.‭ ‬Ciò non glie lo proibisce la Natura,‭ ‬ma le cattive leggi,‭ ‬nella fattispecie quelle fondiarie,‭ ‬con ostacoli di ogni genere alle libertà personali.‭ ‬Ma non è stato sempre così.‭ ‬Chi ricorda che fino al‭ ‬1914‭ ‬non esisteva quella palla al piede chiamata‭ “‬passaporto‭”‬?
Il principio naturale è quindi doppio:
  1. La terra non‎ ‏appartiene a nessuno‭;
  2. ‏Ognuno ha il diritto di‭ ‬occuparne la superficie di cui bisogna per vivere e lavorare.
Il termine‭ ‬“nazionalizzazione‭”‬ usato da Gesell è infelice,‭ ‬in quanto dà l‭’‬idea che l‭’‬unico‭ ‬proprietario terriero debba essere lo Stato.‭ ‬Ma‭ ‬se distinguiamo‭ “‬Stato‭”‬ da‭ “‬nazione‭”‬,‭ ‬l‭’‬unico servizio richiesto allo Stato sarebbe quello di difendere l‭’‬occupazione privata secondo contratto,‭ ‬stilato dalle due parti.‭ ‬Così facendo,‭ ‬la rendita da occupazione andrebbe al‭ ‬100%‭ ‬alla comunità che l‭’‬ha creata,‭ ‬e quella da lavoro al‭ ‬100%‭ ‬a chi‭ ‬ha creato ricchezza.‭ ‬E non‭ ‬sarebbe possibile speculare sul prezzo di vendita di una proprietà,‭ ‬ora limitato al costruitovi su‭ ‬senza quello del suolo.

Sempre nella scorsa intervista ha affermato che‭ «‬Senza la protezione di corpi intermedi,‭ ‬l‭’‬individuo è alla mercè di uno Stato sempre più invadente e asfissiante di libertà personali.‭»‬,‭ ‬ma ha anche affermato che la democrazia multipartitica è un errore destabilizzante.‭ ‬Se i partiti non rientrano nella sua idea di corpi intermedi che possano proteggere gli individui,‭ ‬quali altri corpi intermedi immagina possano svolgere tale funzione‭?
Il partito politico non ha mai fatto da intermediario tra il popolo e il potere.‭ ‬Ha sempre fatto gli interessi del potere,‭ ‬dalla sua fondazione nell‭’‬Inghilterra del secolo XVII.‭ ‬Ma‭ ‬sorvoliamo.‭ ‬I corpi intermedi naturali,‭ ‬prima che la Cristianità‭ ‬venisse smantellata dai colpi della Rivoluzione,‭ ‬erano la famiglia,‭ ‬la corporazione/confraternita,‭ ‬il Municipio,‭ ‬e le alleanze di municipi chiamate con diversi nomi secondo le tradizioni locali.‭ ‬Ognuno di questi corpi godeva di libertà antiche,‭ ‬tradizionali,‭ ‬che i sovrani giuravano di rispettare.‭ ‬La statua di Carlo V a piazza Bologna,‭ ‬a Palermo,‭ ‬coglie il sovrano proprio nell‭’‬atto di giurare rispetto‭ ‬a codeste libertà.‭ ‬La Sicilia cominciò a perderle nel‭ ‬1713,‭ ‬per‭ ‬vederne la fine nel‭ ‬1860.‭

Come pensa debba superarsi il sistema democratico rappresentativo multipartitico‭?
Ci si chieda in che luogo dove vige codesto sistema il popolo viene rappresentato al‭ ‬100%.‭ ‬È più che evidente che la rappresentanza partitica sia fasulla.‭ ‬L‭’‬unica forza capace di‭ ‬rappresentare il‭ ‬100%‭ ‬della popolazione è il lavoro,‭ ‬attraverso‭ ‬la corporazione professionale,‭ ‬come faceva notare Marcel Clément nel‭ ‬1951.‭ ‬Ma non secondo il modello mussoliniano o salazariano,‭ ‬nei quali le corporazioni‭ ‬erano prive di potere politico.‭ ‬Ogni interesse lavorativo‭ (‬si prendano‭ ‬i trasportatori,‭ ‬costretti oggi a bloccare le strade‭) ‬invierebbe in parlamento due o tre rappresentanti,‭ ‬pagati dalla corporazione‭ ‬stessa.‭ ‬I rappresentanti non farebbero le leggi, ma le parlamenterebbero, per raggiungere compromessi non ledenti i diritti di nessuno.
A una tale riforma si opporrebbero poderosissimi interessi creati.‭ ‬Ma l‭’‬Italia ha un‭ ‬milione e rotti di piccole imprese che‭ ‬ancora‭ ‬resistono con tutti i mezzi a vessazioni immani.‭ ‬Se costoro si unissero,‭ ‬potrebbero‭ ‬forzare‭ ‬una riforma fiscale corporativa, per‭ ‬condurre ad una rappresentanza anch‭’‬essa corporativa a furor di popolo.

Essendo stato per due mesi nel‭ ‬2005‭ ‬per motivi lavorativi in Libia,‭ ‬ho avuto modo di conoscere ed amare i libici e di comprendere come il precedente regime impediva la crescita economica,‭ ‬vietando,‭ ‬ad esempio,‭ ‬lo svolgimento di qualsiasi attività economica durante i congressi popolari,‭ ‬che iniziavano e finivano ad arbitrio di Gheddafi e potevano anche durare mesi,‭ ‬per non parlare della violenza contro gli oppositori su cui tale regime si reggeva ed il terrore che dominava nella società.‭ ‬Non abbiamo proprio modelli migliori tra quelli esistenti o non più esistenti,‭ ‬in Africa o altrove‭?
Certo che li abbiamo.‭ ‬La base naturale della politica è la società‭ ‬organica,‭ ‬cioè società di società,‭ ‬non quella di individui atomizzati frutto della Rivoluzione.‭ ‬Ma bisognerebbe che queste cose si insegnassero a scuola,‭ ‬invece delle inanità rifilate dai‭ “‬programmi ministeriali‭”‬.‭ ‬Si tratterebbe‭ ‬di‭ ‬restaurare e aggiornare il modello distrutto,‭ ‬senza bisogno di crearne di nuovi.

Riguardo la riforma fiscale georgista,‭ ‬come‭ ‬risponde all'obiezione che l'imposta sul valore fondiario non porterebbe ad un ammontare di gettito fiscale sufficiente a mantenere all'impiedi lo Stato‭?
L‭’‬Italia ha una superficie di‭ ‬300mila kmq,‭ ‬= 30‭ ‬milioni di ettari,‭ ‬= 300‭ ‬miliardi di mq.‭ ‬I semi di questa riforma già‭ ‬germogliano.‭ ‬Stralcio dal mio articolo sulla riforma fiscale ():
Aggiungo che se gli‭ ‬8000‭ ‬comuni italiani‭ ‬la‭ ‬facessero da esattori dell‭’‬imposta‭ ‬fondiaria,‭ ‬si potrebbe fare a meno di eserciti di burocrati che potrebbero guadagnarsi la vita producendo ricchezza invece‭ ‬di estorcere i frutti del lavoro altrui.
Se poi‭ “‬mantenere all‭’‬impiedi lo Stato‭”‬ dovesse includere quella mostruosità detta‭ “‬debito pubblico‭”‬ il discorso sarebbe diverso,‭ ‬ma non qui.

In 'Leggi economiche,‭ ‬etica e paradossi‭ ‬-‭ ‬C'è una via d'uscita‭?'‬ ha scritto che attraverso la moneta geselliana‭ «‬ogni tipo di lavoro,‭ ‬incluso quello domestico,‭ ‬verrebbe retribuito,‭ ‬così da dare alle donne la scelta se lavorare a casa o fuori‭»‬.‭ ‬Chi retribuirebbe il lavoro domestico o altre attività lavorative che adesso non sono retribuite‭?
La rendita da suolo spoglio.‭ ‬In termini di stretta giustizia,‭ ‬la prima‭ ‬tranche di questa rendita andrebbe alle donne come produttrici ed educatrici di capitale umano,‭ ‬e quindi creatrici della rendita stessa.‭ ‬La stessa moneta permetterebbe di retribuire ogni lavoro,‭ ‬anche il più‭ ‬infimo,‭ ‬in circolazione‭ ‬continua,‭ ‬come‭ ‬fa‭ ‬il sangue in un corpo vivo,‭ ‬dove‭ ‬5‭ ‬litri diventano‭ ‬5‭ ‬tonnellate‭ ‬in‭ ‬24‭ ‬ore.

domenica 5 febbraio 2012

Maggioritario uninominale

Ricevo dalla Lega per l'Uninominale e qui pubblico per porre ai collaboratori ed ai lettori di GeoLib la seguente domanda:

che ne pensate della riforma elettorale per avere un sistema uninominale?

------------------------------------------

Cara amica, caro amico,

per rispettare quanto previsto dall’art. 10 dello Statuto della Lega per l’Uninominale, che richiede un preavviso di almeno 30 giorni, ti comunichiamo che
l’Assemblea annuale della Lega per l’Uninominale è convocata
non più per il 24 gennaio, come precedentemente comunicato, ma per
lunedì 20 febbraio 2011, ore 17, a Roma
presso Palazzo Santa Chiara (ex Teatro dei Comici)
(piazza di Santa Chiara n. 14)
Scusandoci per il cambio di data, ti ringraziamo per l’attenzione e ci auguriamo che vorrai partecipare ai lavori. Avranno diritto di voto in assemblea tutti coloro che hanno versato almeno 50 euro all’Associazione dalla sua costituzione, corrispondenti alla quota annuale di iscrizione. É possibile iscriversi con Paypal attraverso il sito www.uninominale.it o con bollettino di conto corrente postale n. 5368229 intestato a “Associazione per l’Uninominale”. Ti invieremo aggiornamenti sulla preparazione dell’appuntamento e l’ordine dei lavori non appena possibile.

Un caro saluto, e a presto

Fulco Lanchester, Antonio Martino, Marco Pannella
Presidenti della Lega per l'Uninominale

Michele De Lucia
Tesoriere della Lega per l'Uninominale

venerdì 3 febbraio 2012

Il georgismo come “filosofia della prassi” libero-scambista

Le sorti filosofiche del libero mercato (su quelle politiche stendiamo un velo pietoso) devono molto, se non tutto, alla scuola economica austriaca che all’inizio del secolo scorso vinse la battaglia sul fronte socialista da una parte e su quello della scuola storica tedesca dall’altra, sostanzialmente restituendo l’onere della prova alla pianificazione statale: il mercato sa quello che fa, non sarà tutto rose e fiori, ma nessun essere umano può fare di meglio. Nulla che già non sapesse Adam Smith, ma la catallassi di Hayek è decisamente e più consapevolmente cibernetica della mano invisibile. In pratica l’intervento pubblico è dannoso perchè interferisce con una complessa rete di regolazione omeodinamica che gestisce informazioni inacessibili nella loro globalità ai singoli elementi che la compongono. Von Hayek è un austriaco sui generis, ma gli effetti collaterali dell’intervento pubblico sono descritti anche dall’austriaco per eccellenza - il radicale L. Von Mises - in termini che anticipano il pensiero sistemico della moderna medicina funzionale.
I prezzi per gli austriaci, sono come i nostri ormoni, neurotrasmettittori e linfociti, che interagiscono in una complessa catena di azioni e retroazioni finalizzate a mantenere in equilibrio il sistema. Ogni molecola che si lega a un recettore segnala la propria abbondanza e innesca meccanismi che ne inibiscono la produzione; viceversa un recettore libero ne segnala la scarsità e stimola meccanismi di produzione. L’analogia con l’azione dei prezzi sui livelli di domanda e di offerta è palese, anche se in entrambi i casi la realtà è molto più complessa di così: le risposte al segnale sono multidimensionali e interdipendenti e l’effetto finale di compensazione è modulato da una lunga catena o network di valvole di regolazione interrelate, in grado così di gestire informazioni disperse.
L’elevato grado di complessità è tipico dei sistemi spontanei, evolutisi naturalmente, come gli organismi viventi, l’ecosistema, il mercato o il diritto consuetudinario. Anche il più complesso degli automi appare primitivo se paragonato ad essi. Vi è, quindi, molto più che una semplice similitudine tra il lassaiz faire della scuola austriaca e l’autoguarigione auspicata dalla medicina olistica. Le crisi economiche recessive, come le patologie acute, sono la manifestazione esteriore del processo di ripristino dei valori-norma in seguito a una loro accidentale perturbazione. Non vanno interpretate come fallimenti del sistema (patologie), ma viceversa come dimostrazione della sua capacità di mantenere l’omeostasi (salute). Analogamente possiamo paragonare l’intervento pubblico alle cure allopatiche, che nell’illusione di migliorare la situazione dall’esterno interferiscono con il processo omeostatico, mettendo a repentaglio l’equilibrio a lungo termine del sistema.
Non è curioso che la dottrina economico-politica individualista per eccellenza si sia sbarazzata di Hegel e Marx adottando una visione olistica?
D’altronde non è sul piano della libera scelta individuale che oggi il mercato deve cercare consenso; i diritti del singolo sono cari anche alla maggior parte dei suoi detrattori, ma essi sono preoccupati degli esiti inintenzionali che le scelte individuali in forma aggregata possono determinare a livello macroeconomico. Dunque è su quello stesso piano che gli austriaci hanno dovuto e saputo battersi. Questo aspetto non viene quasi mai esplicitato nelle parole dei neoliberali e ancora meno dei libertari che, forse per un recondito terrore di derive organiciste, non sembrano intimamente convinti della natura sistemica della realtà che li circonda. Se così fosse essa dovrebbe essere spunto non solo di argomentazioni filosofiche, ma anche di riflessioni sulla strategia politica.
In altre parole, se il mercato è il meccanismo fisiologico con cui un sistema economico si mantiene in equilibrio, l’assenza di mercato deve essere analizzata come patologia del sistema, ed è a livello di sistema che bisogna pensare le strategie di cura. Purtroppo la maggior parte dei pensatori neoliberali confonde l’individualismo metodologico con un individualismo ontologico, ma affermare che l’ordine può nascere spontaneamente e preterintenzionalmente dall’interazione di individui non significa affatto che esistono solo questi ultimi. Viceversa riconoscere a un insieme proprietà che non sono riconducibili a quelle delle sue parti non significa negare l’esistenza di queste ultime, nè tanto meno la loro importanza e - in questo caso specifico - la loro dignità e il loro primato sul piano etico. Significa semplicemente fare i conti con la realtà: non sono individui inclini a credenze stataliste, ma è il sistema in quanto tale ad opporre resistenza all’affermazione del libero mercato.
Il materialismo storico rappresenta una primitiva intuizione circa i limiti della forza delle idee rispetto all’equilibrio del sistema, ma il sistema in Marx è ancora troppo umanizzato e individuato negli interessi economici di gruppi specifici di persone, ovvero la classe sociale dominante. In questo senso il marxismo è l’antenato nobile delle moderne teorie complottiste e non del pensiero sistemico. I sostenitori delle teorie complottiste sono per l’appunto coloro che non hanno ancora capito il modello olistico-cibernetico della realtà e si ostinano a vedere nei limiti dell’azione individuale una volontà di controllo da parte di ipotetici poteri occulti. Con questo non voglio negare che possano esistere piani segreti per il controllo del mondo, ma gli eventuali cospiratori condividerebbero, in tal caso, la stessa megalomane ignoranza dei loro delatori circa l’impossibilità di realizzare simili piani.
Ad ogni modo non è un caso se fu proprio il giovane Marx a elaborare il concetto di filosofia della prassi, che in sostanza è una presa di coscienza dei limiti dell’attività culturale come mezzo di rivoluzione economico-politica. Viceversa, sul fronte liberale, la ragionevolezza e l’adamantina coerenza delle idee liberoscambiste è tale da illudere molti libertari che la loro diffusione sia sufficiente a determinare la crisi dello Stato e l’avvento del libero mercato. La realtà è che a fronte di una crescente affermazione degli argomenti a favore del libero mercato, non solo lo Stato è sempre più pervaisvo, ma lo sono anche le incoerenti e irrazionali ideologie stataliste di ogni specie. Questa impotenza del liberalismo non può essere spiegata con una debolezza del pensiero liberale, che è invece sempre più agguerrito. Essa è piuttosto il sintomo di una inadeguatezza del sistema socio-economico ad evolversi in senso liberale. In quest’ottica, il libertario minarchico o anarchico che si batte contro l’intervento pubblico senza se e senza ma, assomiglia un po’ troppo a quei naturopati integralisti che curerebbero qualsiasi patologia eliminando ogni medicinale, affidando la guarigione al corpo del paziente semplicemente ripristinando uno stile di vita naturale ex abrupto. Purtroppo il paziente malato è colui che per definizione non è in grado di guarire da solo e applicare ad esso regole salutari per un organismo già sano può invece peggiorarne lo stato e determinarne anche la morte.
Dall’altra parte abbiamo l’estremismo uguale e contrario di chi crede solo nella medicina allopatica e ritenendo impossibile la salute senza medicinali continuerà a drogare il paziente aggravando la sua assuefazione e dipendenza, allontanandolo di fatto dallo stato di salute naturale. La verità non sta nel mezzo, ma la transizione sì. La transizione da un mercato drogato di danaro pubbblico e dirigismo a uno veramente libero, cioè sano, può avvenire solo se si comprendono la vera natura e le cause della patologia.
Secondo la leggenda, Pasteur, l’inventore degli antibiotici, in punto di morte diede ragione al collega e avversario Claude Bernard: “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. Questa massima naturopatica è il fondamento di tutta la medicina olistica. Il terreno è l’insieme delle mucose linfatiche, alveo anatomico nel quale neurotrasmettitori, ormoni e cellule immunitarie colllaborano con la microflora per difendere il nostro organismo dagli insulti esterni.
Un terreno sano è un terreno nel quale ciascuna specie di simbionti occupa la sua nicchia ecologica in equilibrio con le altre. Quando per qualche motivo una predomina, si ha la perdita della capacità di mantenere l’omeostasi e l’insorgere della patologia non appena se ne presenta l’occasione, ad esempio un virus. In questo caso un antibiotico può essere necessario per reprimere l’infezione virale, ma esso indebolisce ulteriormente le nostre difese naturali rendendoci più vulnerabili al prossimo attacco, e quindi sempre più dipendenti dagli antibiotici stessi in un circolo vizioso che assomiglia ancora una volta a quello descritto dagli austriaci in merito all’intervento pubblico.
Tuttavia la situazione non si risolve semplicemente eliminando l’antibiotico e lasciando fare alla flora batterica, perchè quest’ultima è già alterata di suo e forse lo è proprio a causa di un uso sconsiderato di antibiotici. Una terapia sensata cercherà prima di tutto di ripristinare il terreno (se necessario anche con l’ausilio di integratori e farmaci ad hoc) e, man mano che ciò avviene, procederà all’eliminazione a scalare dei medicinali allopatici nella misura in cui migliorano le difese immunitarie del paziente. Anzi, sarà l’organismo stesso, una volta ricosituito il terreno, a liberarsi naturalmente e spontaneamente dai farmaci. Se invece il medico olista eliminasse da un giorno all’altro gli antibiotici, il paziente andrebbe incontro a crisi infiammatorie così forti da rischiare lesioni tissutali che a loro volta potrebbero degenerare in patologie croniche; a questo punto al paziente non rimane altro che rimettersi nuovamente nelle mani di un medico allopatico, il quale lo riempirà di medicinali in dosi ancora più massiccie, denigrando la medicina olistica con il triste consenso del paziente, scottato da tanto fanatismo.
Quello che accade in politica non è molto diverso. Cure liberiste d’urto provocano quasi sempre scompensi sociali tali da far dubitare della bontà e financo della possibilità di prosperare su un mercato libero, rafforzando la fiducia nel keynesismo, nel protezionismo e nell’assistenzialismo.
Uno degli assiomi neoliberali è che il mercato guarisce le ferite. L’ inevitabile impoverimento di singoli soggetti o anche di intere categorie di persone in seguito a liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, ecc. secondo il suddetto assioma è transitorio, e laddove il mercato viene liberato le nuove opportunità che si aprono leniscono nel tempo i danni di chi ha perso una posizione di tutela, privilegio e sfruttamento. Ancora una volta l’analogia con l’ideologia naturista è illuminante: la fiducia nella capacità di guarigione da qualsiasi malattia di un corpo liberato da medicinali e stili di vita malsani arriva nei casi più ingenui a negare la realtà e a vedere in ogni reazione del paziente una “crisi di guarigione”. Alcune di queste discipline danno una tale preminenza alla pulizia degli organi emuntori, che arrivano a stimolare forme di disintossicazione così violente da lasciare l’organismo “pulito”, ma debilitato. Spesso è proprio il terreno, in particolare le mucose intestinali, a fare le spese del fanatismo e della paranoia igienista, sicchè digiuni e purghe finiscono per depauperare la flora batterica al pari - se non peggio - di un antibiotico.
Non deve stupire quindi che la prospettiva del libero mercato, vista da una società gravemente malata e imbottita di farmaci statalisti fino al midollo, appaia come un “orrore economico”. Per vincere queste resistenze, il liberista deve imparare la strategia dalla medicina integrata, ma allo scopo occorre capire nella nostra metafora medica che cosa rappresenta il terreno dei naturopati per il mercato.
Ebbene, il terreno è... il terreno! La terra, le risorse naturali sono il grande assente nelle dottrine economiche, stataliste o liberiste che siano. Tra anarco-capitalisti che invocano il mercato quale funzionamento fisiologico di una comunità economica sana, e statalisti alle prese con il paziente reale, che è malato e non può permettersi il mercato puro, la chiave di volta per uscire dal circolo vizioso è l’accesso alle risorse naturali.
In "Progress and Poverty", Henry George sottolinea proprio come l’iniqua distribuzione della terra sia lo squilibrio primario sul quale attecchisce e prospera il virus della povertà, ma è lo stesso Hayek in Capitalism and Historians a ricordare che le aberrazioni del libero mercato del lavoro, nei primi secoli dell’Inghiliterra industriale, derivarono innanzitutto dagli espropri di massa delle terre rurali comuni, avvenuta in seguito all’emanazione delle enclosure laws e che già Locke denunciava nel suo Trattato sul Governo. Il principale e più vasto, serio movimento di opposizione al libero mercato (oggi ribattezzato “globalizzazione” dai suoi detrattori) ha le sue radici nell’America Latina, dove gli espropri rurali sono storia contemporanea, dove masse di contadini e popoli interi sono stati privati delle loro terre e delle loro ricchezze naturali. Ripulito dalle sue propaggini occidentali, da quei figli di papà che amano spaccare vetrine in calzamaglia nera, il movimento no global non sta dicendo che il libero mercato è cattivo, ma che non ce lo possiamo permettere se non ci dotiamo prima di un terreno sano e robusto. Senza il pari accesso a quella che è la nostra fonte primaria di sostentamento e di libertà d’azione, i rapporti di forza tra gli attori del mercato vengono alterati e la libertà contrattuale produce macelleria sociale. Viceversa, ricostituito il terreno, esso darà luogo a meccanismi naturali di autoguuarigione, a partire dai processi di rigetto e disintossicazione da quelle droghe che sono le legislazioni sociali e gli inteventi pubblici in economia. E’ inutile, tatticamente sbagliato e dannoso tentare di imporre una vita sana a un paziente malato. Occorre invece curare prima il paziente e lasciare poi che sia questi a trovare da solo le regole di vita che lo manterranno in salute: la lotta per il libero mercato, oggi, è quindi in primo luogo la battaglia “socialista” per il pari diritto alla terra!