Le sorti filosofiche del libero mercato (su quelle politiche stendiamo un velo pietoso) devono molto, se non tutto, alla scuola economica austriaca che all’inizio del secolo scorso vinse la battaglia sul fronte socialista da una parte e su quello della scuola storica tedesca dall’altra, sostanzialmente restituendo l’onere della prova alla pianificazione statale: il mercato sa quello che fa, non sarà tutto rose e fiori, ma nessun essere umano può fare di meglio. Nulla che già non sapesse Adam Smith, ma la catallassi di Hayek è decisamente e più consapevolmente cibernetica della mano invisibile. In pratica l’intervento pubblico è dannoso perchè interferisce con una complessa rete di regolazione omeodinamica che gestisce informazioni inacessibili nella loro globalità ai singoli elementi che la compongono. Von Hayek è un austriaco sui generis, ma gli effetti collaterali dell’intervento pubblico sono descritti anche dall’austriaco per eccellenza - il radicale L. Von Mises - in termini che anticipano il pensiero sistemico della moderna medicina funzionale.
I prezzi per gli austriaci, sono come i nostri ormoni, neurotrasmettittori e linfociti, che interagiscono in una complessa catena di azioni e retroazioni finalizzate a mantenere in equilibrio il sistema. Ogni molecola che si lega a un recettore segnala la propria abbondanza e innesca meccanismi che ne inibiscono la produzione; viceversa un recettore libero ne segnala la scarsità e stimola meccanismi di produzione. L’analogia con l’azione dei prezzi sui livelli di domanda e di offerta è palese, anche se in entrambi i casi la realtà è molto più complessa di così: le risposte al segnale sono multidimensionali e interdipendenti e l’effetto finale di compensazione è modulato da una lunga catena o network di valvole di regolazione interrelate, in grado così di gestire informazioni disperse.
L’elevato grado di complessità è tipico dei sistemi spontanei, evolutisi naturalmente, come gli organismi viventi, l’ecosistema, il mercato o il diritto consuetudinario. Anche il più complesso degli automi appare primitivo se paragonato ad essi. Vi è, quindi, molto più che una semplice similitudine tra il lassaiz faire della scuola austriaca e l’autoguarigione auspicata dalla medicina olistica. Le crisi economiche recessive, come le patologie acute, sono la manifestazione esteriore del processo di ripristino dei valori-norma in seguito a una loro accidentale perturbazione. Non vanno interpretate come fallimenti del sistema (patologie), ma viceversa come dimostrazione della sua capacità di mantenere l’omeostasi (salute). Analogamente possiamo paragonare l’intervento pubblico alle cure allopatiche, che nell’illusione di migliorare la situazione dall’esterno interferiscono con il processo omeostatico, mettendo a repentaglio l’equilibrio a lungo termine del sistema.
Non è curioso che la dottrina economico-politica individualista per eccellenza si sia sbarazzata di Hegel e Marx adottando una visione olistica?
D’altronde non è sul piano della libera scelta individuale che oggi il mercato deve cercare consenso; i diritti del singolo sono cari anche alla maggior parte dei suoi detrattori, ma essi sono preoccupati degli esiti inintenzionali che le scelte individuali in forma aggregata possono determinare a livello macroeconomico. Dunque è su quello stesso piano che gli austriaci hanno dovuto e saputo battersi. Questo aspetto non viene quasi mai esplicitato nelle parole dei neoliberali e ancora meno dei libertari che, forse per un recondito terrore di derive organiciste, non sembrano intimamente convinti della natura sistemica della realtà che li circonda. Se così fosse essa dovrebbe essere spunto non solo di argomentazioni filosofiche, ma anche di riflessioni sulla strategia politica.
In altre parole, se il mercato è il meccanismo fisiologico con cui un sistema economico si mantiene in equilibrio, l’assenza di mercato deve essere analizzata come patologia del sistema, ed è a livello di sistema che bisogna pensare le strategie di cura. Purtroppo la maggior parte dei pensatori neoliberali confonde l’individualismo metodologico con un individualismo ontologico, ma affermare che l’ordine può nascere spontaneamente e preterintenzionalmente dall’interazione di individui non significa affatto che esistono solo questi ultimi. Viceversa riconoscere a un insieme proprietà che non sono riconducibili a quelle delle sue parti non significa negare l’esistenza di queste ultime, nè tanto meno la loro importanza e - in questo caso specifico - la loro dignità e il loro primato sul piano etico. Significa semplicemente fare i conti con la realtà: non sono individui inclini a credenze stataliste, ma è il sistema in quanto tale ad opporre resistenza all’affermazione del libero mercato.
Il materialismo storico rappresenta una primitiva intuizione circa i limiti della forza delle idee rispetto all’equilibrio del sistema, ma il sistema in Marx è ancora troppo umanizzato e individuato negli interessi economici di gruppi specifici di persone, ovvero la classe sociale dominante. In questo senso il marxismo è l’antenato nobile delle moderne teorie complottiste e non del pensiero sistemico. I sostenitori delle teorie complottiste sono per l’appunto coloro che non hanno ancora capito il modello olistico-cibernetico della realtà e si ostinano a vedere nei limiti dell’azione individuale una volontà di controllo da parte di ipotetici poteri occulti. Con questo non voglio negare che possano esistere piani segreti per il controllo del mondo, ma gli eventuali cospiratori condividerebbero, in tal caso, la stessa megalomane ignoranza dei loro delatori circa l’impossibilità di realizzare simili piani.
Ad ogni modo non è un caso se fu proprio il giovane Marx a elaborare il concetto di filosofia della prassi, che in sostanza è una presa di coscienza dei limiti dell’attività culturale come mezzo di rivoluzione economico-politica. Viceversa, sul fronte liberale, la ragionevolezza e l’adamantina coerenza delle idee liberoscambiste è tale da illudere molti libertari che la loro diffusione sia sufficiente a determinare la crisi dello Stato e l’avvento del libero mercato. La realtà è che a fronte di una crescente affermazione degli argomenti a favore del libero mercato, non solo lo Stato è sempre più pervaisvo, ma lo sono anche le incoerenti e irrazionali ideologie stataliste di ogni specie. Questa impotenza del liberalismo non può essere spiegata con una debolezza del pensiero liberale, che è invece sempre più agguerrito. Essa è piuttosto il sintomo di una inadeguatezza del sistema socio-economico ad evolversi in senso liberale. In quest’ottica, il libertario minarchico o anarchico che si batte contro l’intervento pubblico senza se e senza ma, assomiglia un po’ troppo a quei naturopati integralisti che curerebbero qualsiasi patologia eliminando ogni medicinale, affidando la guarigione al corpo del paziente semplicemente ripristinando uno stile di vita naturale ex abrupto. Purtroppo il paziente malato è colui che per definizione non è in grado di guarire da solo e applicare ad esso regole salutari per un organismo già sano può invece peggiorarne lo stato e determinarne anche la morte.
Dall’altra parte abbiamo l’estremismo uguale e contrario di chi crede solo nella medicina allopatica e ritenendo impossibile la salute senza medicinali continuerà a drogare il paziente aggravando la sua assuefazione e dipendenza, allontanandolo di fatto dallo stato di salute naturale. La verità non sta nel mezzo, ma la transizione sì. La transizione da un mercato drogato di danaro pubbblico e dirigismo a uno veramente libero, cioè sano, può avvenire solo se si comprendono la vera natura e le cause della patologia.
Secondo la leggenda, Pasteur, l’inventore degli antibiotici, in punto di morte diede ragione al collega e avversario Claude Bernard: “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. Questa massima naturopatica è il fondamento di tutta la medicina olistica. Il terreno è l’insieme delle mucose linfatiche, alveo anatomico nel quale neurotrasmettitori, ormoni e cellule immunitarie colllaborano con la microflora per difendere il nostro organismo dagli insulti esterni.
Un terreno sano è un terreno nel quale ciascuna specie di simbionti occupa la sua nicchia ecologica in equilibrio con le altre. Quando per qualche motivo una predomina, si ha la perdita della capacità di mantenere l’omeostasi e l’insorgere della patologia non appena se ne presenta l’occasione, ad esempio un virus. In questo caso un antibiotico può essere necessario per reprimere l’infezione virale, ma esso indebolisce ulteriormente le nostre difese naturali rendendoci più vulnerabili al prossimo attacco, e quindi sempre più dipendenti dagli antibiotici stessi in un circolo vizioso che assomiglia ancora una volta a quello descritto dagli austriaci in merito all’intervento pubblico.
Tuttavia la situazione non si risolve semplicemente eliminando l’antibiotico e lasciando fare alla flora batterica, perchè quest’ultima è già alterata di suo e forse lo è proprio a causa di un uso sconsiderato di antibiotici. Una terapia sensata cercherà prima di tutto di ripristinare il terreno (se necessario anche con l’ausilio di integratori e farmaci ad hoc) e, man mano che ciò avviene, procederà all’eliminazione a scalare dei medicinali allopatici nella misura in cui migliorano le difese immunitarie del paziente. Anzi, sarà l’organismo stesso, una volta ricosituito il terreno, a liberarsi naturalmente e spontaneamente dai farmaci. Se invece il medico olista eliminasse da un giorno all’altro gli antibiotici, il paziente andrebbe incontro a crisi infiammatorie così forti da rischiare lesioni tissutali che a loro volta potrebbero degenerare in patologie croniche; a questo punto al paziente non rimane altro che rimettersi nuovamente nelle mani di un medico allopatico, il quale lo riempirà di medicinali in dosi ancora più massiccie, denigrando la medicina olistica con il triste consenso del paziente, scottato da tanto fanatismo.
Quello che accade in politica non è molto diverso. Cure liberiste d’urto provocano quasi sempre scompensi sociali tali da far dubitare della bontà e financo della possibilità di prosperare su un mercato libero, rafforzando la fiducia nel keynesismo, nel protezionismo e nell’assistenzialismo.
Uno degli assiomi neoliberali è che il mercato guarisce le ferite. L’ inevitabile impoverimento di singoli soggetti o anche di intere categorie di persone in seguito a liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, ecc. secondo il suddetto assioma è transitorio, e laddove il mercato viene liberato le nuove opportunità che si aprono leniscono nel tempo i danni di chi ha perso una posizione di tutela, privilegio e sfruttamento. Ancora una volta l’analogia con l’ideologia naturista è illuminante: la fiducia nella capacità di guarigione da qualsiasi malattia di un corpo liberato da medicinali e stili di vita malsani arriva nei casi più ingenui a negare la realtà e a vedere in ogni reazione del paziente una “crisi di guarigione”. Alcune di queste discipline danno una tale preminenza alla pulizia degli organi emuntori, che arrivano a stimolare forme di disintossicazione così violente da lasciare l’organismo “pulito”, ma debilitato. Spesso è proprio il terreno, in particolare le mucose intestinali, a fare le spese del fanatismo e della paranoia igienista, sicchè digiuni e purghe finiscono per depauperare la flora batterica al pari - se non peggio - di un antibiotico.
Non deve stupire quindi che la prospettiva del libero mercato, vista da una società gravemente malata e imbottita di farmaci statalisti fino al midollo, appaia come un “orrore economico”. Per vincere queste resistenze, il liberista deve imparare la strategia dalla medicina integrata, ma allo scopo occorre capire nella nostra metafora medica che cosa rappresenta il terreno dei naturopati per il mercato.
Ebbene, il terreno è... il terreno! La terra, le risorse naturali sono il grande assente nelle dottrine economiche, stataliste o liberiste che siano. Tra anarco-capitalisti che invocano il mercato quale funzionamento fisiologico di una comunità economica sana, e statalisti alle prese con il paziente reale, che è malato e non può permettersi il mercato puro, la chiave di volta per uscire dal circolo vizioso è l’accesso alle risorse naturali.
In "Progress and Poverty", Henry George sottolinea proprio come l’iniqua distribuzione della terra sia lo squilibrio primario sul quale attecchisce e prospera il virus della povertà, ma è lo stesso Hayek in Capitalism and Historians a ricordare che le aberrazioni del libero mercato del lavoro, nei primi secoli dell’Inghiliterra industriale, derivarono innanzitutto dagli espropri di massa delle terre rurali comuni, avvenuta in seguito all’emanazione delle enclosure laws e che già Locke denunciava nel suo Trattato sul Governo. Il principale e più vasto, serio movimento di opposizione al libero mercato (oggi ribattezzato “globalizzazione” dai suoi detrattori) ha le sue radici nell’America Latina, dove gli espropri rurali sono storia contemporanea, dove masse di contadini e popoli interi sono stati privati delle loro terre e delle loro ricchezze naturali. Ripulito dalle sue propaggini occidentali, da quei figli di papà che amano spaccare vetrine in calzamaglia nera, il movimento no global non sta dicendo che il libero mercato è cattivo, ma che non ce lo possiamo permettere se non ci dotiamo prima di un terreno sano e robusto. Senza il pari accesso a quella che è la nostra fonte primaria di sostentamento e di libertà d’azione, i rapporti di forza tra gli attori del mercato vengono alterati e la libertà contrattuale produce macelleria sociale. Viceversa, ricostituito il terreno, esso darà luogo a meccanismi naturali di autoguuarigione, a partire dai processi di rigetto e disintossicazione da quelle droghe che sono le legislazioni sociali e gli inteventi pubblici in economia. E’ inutile, tatticamente sbagliato e dannoso tentare di imporre una vita sana a un paziente malato. Occorre invece curare prima il paziente e lasciare poi che sia questi a trovare da solo le regole di vita che lo manterranno in salute: la lotta per il libero mercato, oggi, è quindi in primo luogo la battaglia “socialista” per il pari diritto alla terra!
2 commenti:
bella davide....
Hasta el mercado libre, siempre!
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