domenica 15 novembre 2009

Preti contrari all'imposizione della croce nelle scuole

Dal blog di Don Franco Barbero
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Accanimento terapeutico sul Crocifisso
di don Paolo Farinella
 
«Cattolici, seguite l’esempio di don Milani, staccate voi il Crocifisso dalle scuole»

Ancora una volta devo cambiare argomento perché, inattesa, la Corte europea di Strasburgo ha sentenziato che il Crocifisso nelle aule scolastiche configura «una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni». A sentenza ancora calda, «s’ode a destra uno squillo di tromba, / a sinistra risponde uno squillo» e agli squilli striduli rispondono le campane dell’Osservatore Romano e limitrofi. Che strano mondo! Tutti parlano del Crocifisso come segno unificante dell’identità culturale del nostro Paese, il governo addirittura ricorre contro la sentenza e ognuno usa il Crocifisso come una clava: e tutti vanno a Messa a pregare Dio, ma tu ti preghi il tuo ed io mi prego il mio. Povero Crocifisso! Tutti lo vogliono, nessuno la calcola, e ognuno lo usa per il proprio brodo e la propria indecenza. Se io fossi il Crocifisso – absit iniuria verbi – tra le due e le tre di notte (orario canonico legale), mi riprenderei la croce e me ne andrei su Plutone.
Veniamo da una estate in cui chi faceva i gargarismi con «i valori cristiani» ha fatto scempio di minorenni, di prostitute, di famiglie e di mercato di cariche in cambio di sesso. Si assassinano immigrati con una legge infame in nome della «civiltà cristiana». Non si è lesinato fango immorale sui propri nemici o presunti tali per conto della dignità della persona. Si è visto un presidente del consiglio screditato moralmente e civilmente, ma in cerca disperata di preti e vescovi complici per risalire almeno in facciata la china dell’immondizia. S’è potuto ascoltare anche l’assordante silenzio dei vescovi che pure avrebbero dovuto essere rappresentanti affidabili di quel Crocifisso schiodato, rinchiodato e riucciso sull’altare degli interessi dei «doveri istituzionali», svendendolo come merce di scambio e prestandosi a quel gioco delle parti che padre Ernesto Balducci così denunciava: «A tenere buona l’anarchia ci pensano i poliziotti, a tenere buone le inquietudini evangeliche ci pesano i burocrati di Dio».
Abbiamo, siamo, restiamo allibititi perché per noi credenti di strada, il Crocifisso non sarà mai un «simbolo di civiltà cristiana», tragica bestemmia teologica, ma «scandalo, stoltezza e debolezza di Dio» (1Cor 1,23), il cuore del mistero stesso della Trinità che nessuno può ridurre a cultura, a morale, a valori, pena lo svuotamento del senso cristiano che annuncia al mondo la gratuità assoluta di un Dio che si svuota di se stesso per un amore senza confini, a perdere, per tutta l’umanità e che san Paolo chiama «Agàpē» (Fil 2,1-11 e 1Cor 13,1-8). Permettere che il Crocifisso sia difeso da cavalieri atei perché espressione della cultura dominante significa solo trasformare il «mysterium crucis» in «mysterium iniquitatis», diventandone complici e ancora carnefici.
Sono convinto che il Crocifisso, appeso alle pareti dei luoghi pubblici da un re ateo e da un governo che definiva Gesù «sporco ebreo», non avrebbe mai dovuto starci e oggi dovrebbero essere gli stessi cattolici a staccarlo dalle pareti, spolverarlo e in ginocchio riportarlo nel cuore della fede che è una proposta e mai una imposizione. Nel 1953 nel 1° giorno di scuola popolare, don Lorenzo Milani, ucciso da quella stessa gerarchia che oggi lo annette al sistema, tolse il crocifisso dalla parete della sala parrocchiale «perché non doveva esserci neppure un simbolo che facesse pensare che quella fosse una scuola confessionale», spiegando: «se uno mi vede eliminare un crocifisso non mi darà dell’eretico, ma si porrà piuttosto la domanda affettuosa del come questo atto debba essere cattolicissimamente interpretato perché da un cattolico è posto» (Lett. 20-5-1953 a A. Parigi). Sì, i cattolici dovrebbero amare così il Crocifisso da essere loro stessi a levare i crocifissi dallo stato comatoso di ornamento impolverato.

venerdì 13 novembre 2009

Sulla libertà di espressione

Repubblica, solitamente, è carta straccia per me, ma vorrei fosse sempre garantita la sua libertà di espressione, così come, per me, un regista può far dire quello che vuole ad un attore in un film da lui diretto. Abolirei addirittura il reato di calunnia, in base al mio liberalismo. Ciò, ovviamente, dovrebbe valere per tutti. Sono tutt'altro che immune dalle simpatie politiche, ma sui principi non casco nella trappola del "noi" e "voi". L'allora ministro Diliberto, ad esempio, pur essendo di sinistra, politicamente mi fa schifo da un pezzo (umanamente lo rispetto comunque) perché non rispetta ed offende sia gli avversari che realtà statali straniere quali Israele.

giovedì 5 novembre 2009

No al crocifisso nei luoghi pubblici!

Sono cristiano, siciliano ed italianissimo e proprio perché tale non voglio il croficisso nei luoghi della Pubblica Amministrazione o comunque finanziati da essa. Il crocifisso, che porto sempre con me e da ieri pure sotto forma di un bellissimo semplice rosario, è estremamente importante per i credenti come me, tanto importante per me che ho timore pure ad usare la parola "sacro" per esso e proprio per questo non voglio imporlo a nessuno né tantomeno mescolarlo con le cosa di Cesare, seguendo il Vangelo. Solitamente sono atei o simili che intendono brandire il crocifisso come fosse una spada, in questo caso usata con l'intenzione di dividere gli italiani dagli stranieri.