mercoledì 1 luglio 2009

Appello del senatore Ignazio Marino

Carissima/o,

Ti scrivo per chiederti un piccolo sforzo per una importantissima causa. Nelle prossime settimane il testamento biologico sarà al centro del dibattito in Parlamento, e la maggioranza intende approvare una legge che limita la libertà di scelta del cittadino imponendo alcune terapie, come l'idratazione e l'alimentazione
artificiale. Le dichiarazioni anticipate di trattamento non saranno vincolanti: spetterà sempre al medico l'ultima parola. Qual è allora l'utilità di questa legge, se non si garantisce al cittadino che la sua volontà sia rispettata? La verità è che il ddl della destra è stato scritto per rendere inapplicabile il ricorso al testamento biologico. Oltretutto, la dichiarazione dovrà essere stipulata davanti ad un notaio, e rinnovata con cadenza triennale: vi
immaginate cosa significa andare ogni tre anni davanti a un notaio accompagnati dal proprio medico di famiglia? Al contrario della nostra proposta poi, non è presente nemmeno un cenno alle cure palliative, all'assistenza ai disabili, alla terapia del dolore.

Ti chiedo dunque di diffondere il più possibile l'appello, invitando tutti i tuoi contatti a sottoscriverlo: dobbiamo mobilitarci immediatamente per raccogliere centinaia di migliaia di adesioni e difendere il nostro diritto costituzionale alla libertà di cura. Se saremo tanti, il Parlamento non ci potrà ignorare. Nel prossimo dibattito in Senato il mio impegno personale è quello di dar voce alla vostra opinione, che credo coincida con quella della maggioranza
degli italiani. Che vogliano utilizzare ogni risorsa della medicina o che intendano accettare la fine naturale della vita, i cittadini vogliono essere liberi di scegliere.

Ti ringrazio infinitamente e conto su di te per far circolare il più possibile l'appello per il diritto alla libertà di cura sul sito

www.appellotestamentobiologico.it

e grazie perché abbiamo già raggiunto quasi 100.000 firme!

Ignazio Marino

39 commenti:

luigi ha detto...

Come tutti gli uomini politici, Ignazio Marino agisce in nome della maggioranza degli italiani (o quella che crede essere la maggioranza degli italiani). Ma... la maggioranza degli italiani non ha bisogno di particolari interpretazioni, perché si esprime in modo inequivocabile nelle urne. La maggioranza degli italiani si è espressa a favore della attuale compagine governativa, ben consapevole, in alcuni casi, delle tendenze clericali del centrodestra, in altri e più casi, non consapevole, ma perché la cosa non ha molta importanza. La maggioramza degli italiani è rimasta a casa durante la consultazione referendaria di qualche anno fa concernente l'attuale legge n. 40 sulla fecondazione assistita. Dunque, bando alle interpretazioni, il punto è che la maggioranza degli italiani ha deciso che le faccende bioetiche sono affare degli uomini di chiesa e degli uomini politici. inoltre, sottolineo che anche l'appello di ignazio marino contiene l'idea che l'idratazione e l'alimentazione articiciale siano forme di terapie, alimentando così un dibattito degno della classe politica di questo paese, il quale sposta la questione sulla terapeuticità di quelle tecniche, ma il diritto a rifiutare le cure non è un diritto per così dire indipendente, ma discende dal diritto alla autodeterminazione, concetto sempre più demodé, evidentemente perché non riscuote particolare successo, avvelenato com'è dalla propaganda clericale, con encicliche etc., che ha reso quel concetto qualcosa di nichilisticamente postmoderno e sospetto. La cultura laica non può sperare di fare breccia se continua a maneggiare con timidezza o a non maneggiare affatto concetti laici come quello della autodeterminazione. A me sembra che, proprio per questo, l'opposizione alle politiche clericali in fatto di bioetica sia debole e, a conti fatti, inefficace.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
condivido i tuoi sentimenti di desiderio di una maggiore radicalità. Come pensi che dovremmo agire, quindi?

luigi ha detto...

Cambiare paese!

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
l'emigrazione come atto d'amore per il proprio paese non lo comprendo affatto.

luigi ha detto...

Il proprio paese è quello in cui uno si sente a casa. Io non mi sento a casa in Italia. Dunque, non atto d'amore, ma nemmeno d'odio, ma di incompatibilità caratteriale.

Massimo Messina ha detto...

Appunto,Luigi... mentre qui Marino ci chiama ad aderire alla sua posizione politica... tiepidamente laica e liberale (lo ammetto), ma di certo più interessata alle sorti italiane della tua.

luigi ha detto...

Io, di solito, non metto sotto analisi i sentimenti di qualcuno, ne valuto oggetivamente i progetti. Può essere che Marino sia onestamente e sinceramente interessato alle sorti del paese Italia, più di quanto non lo sia io, se ti interessa questo tipo di osservazioni, ma il fatto che il suo appello sia tiepidamente laico e tiepidamente liberale, è qualcosa di negativo, sulla cui negatività, e sulle sue cause, mi sembra interessante riflettere, piuttosto che sapere se qualcuno è più interessato appassionato ect. di qualcun'altro.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
oggettivamente il disinteresse è meno della tiepidezza.

luigi ha detto...

Trovo oggettivamente non interessanti e inquisitorie le tue osservazioni sul mio disinteresse o il mio disamore. Detto questo, e invitandoti seriamente a mettere politicamente a profitto la tua sincera passione politica e il tuo sincero amore per l'Italia, si è fatta una cert'ora!

Massimo Messina ha detto...

Luigi, non io, ma tu hai parlato di emigrazione basata sull'incompatibilità caratteriale. Non la giudico moralmente, ti faccio notare solo che va nella direzione opposta alla radicalità politica da noi auspicata per l' Italia.

luigi ha detto...

Non capisco perché, ma se lo dici tu, non insisto, non vorrei che rinviassi a qualche manuale sulla emigrazione, ma poi chi ha parlato di emigrazione? Andarsene dall'Italia significa emigrare? Ti ricordi il film Ricomincio da tre? Troisi se ne va da Napoli, ma non si considera un emigrante ("un lavoro a Napoli io ce l'avevo!" diceva). Comunque, il mio commento riguardava la debolezza laica del centrosinistra italiano, e sarebbe interessente riflettere sul suo significato, sulle sue cause, e se sia un ostacolo o una risorsa per l'opposizione. Inoltre, riguardava il fatto che l'autodeterminazione comincia a suonare sospetta anche ai laici.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
andarsene a vivere fuori dall'Italia per un italiano è emigrare, no? Sulla "debolezza laica del centrosinistra italiano" mi trovi concorde, ma se vogliamo capire che fare per rafforzare l'anima laica mi sembra un po' fuori luogo proporre di andare fuori dal luogo chiamato Italia.

luigi ha detto...

No, non penso che andare a vivere fuori dall'Italia , per un italiano, significhi emigrare. Né penso che andare a vivere fuori dell'Italia significhi disinteresse per le vicende italiane. Io non sono un politico, dunque non è tra i miei progetti rafforzare nel centrosinistra italiano lo spirito laico. Mi limito ad osservare le cose. Questo significa non fare nulla? Semplicemente significa non fare politica. Significa nulla o disimpegno da un punto di vista panpoliticista.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
che significa, quindi, emigrare? Concordo che "andare a vivere fuori dell'Italia" non "significhi disinteresse per le vicende italiane", ma di certo va oggettivamente in una direzione opposta ad impegnarsi per riformare in senso liberale l'Italia. Mai scritto e neppure pensato che fai nulla, semplicemente che se mi proponi di andare a vivere all'estero posso anche dirti che è un buon consiglio, ma di certo è una cattiva risposta alla mia domanda relativa a cosa dovremmo fare per radicalizzare la politica italiana in senso liberale.

luigi ha detto...

Caro Massimo,
cerco di rispondere alle tue domanda. Che cosa significa emigrare? Non lo so esattamente, ma ha a che fare con la disoccupazione, con la ricerca dell'oro, con la nostalgia del paese che si lascia, etc. Per quanto concerne il da farsi per le riforme laiche e liberali in Italia, si possono fare tante cose, ma innanzitutto tener conto che la maggioranza degli italiani non le desidera (o se le desidera, le desidera sempre per gli altri). Si possono fare molte cose, vivere altrove è un ostacolo solo a un genere di fare, quello politico in senso stretto. Tu fai qualcosa per le riforme liberali in Italia? ti invito a riflettere sul genere di cose che fai e vedere se tali cose non possano esser fatte a distanza. Hai divulgato il testo Di Marino. Ma questo avresti potuto farlo anche da New York. Diffondi il verbo liberale negli ambienti italiani in cui vivi, ma questo si può fare, e con maggiore efficacia con una pubblicistica che non richiede la presenza in loco. Etc etc. Per quanto mi riguarda, io non sono un politico, non sono uno che fa appelli o che divulga appelli, che mobilita e fa propaganda. Insomma, non sono uno a cui chiedere: che bisogna fare?

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,
secondo thefreedictionary.com emigrare significa "trasferirsi in un'altra città o all'estero, spec. per motivi di lavoro". Credo che il mio fare ed il tuo fare "qualcosa per le riforme" si rafforzerebbe se ci coordinassimo e ci aggregassimo ad altri che con noi sono d'accordo almeno su alcuni obiettivi ritenuti prioritari. Ad esempio aderendo a Spazio Lib-Lab.
Probabilmente dall'estero scriverei e divulgherei documenti di altri come faccio qui in Sicilia, ma immagino pubblicherei meno spesso cose riguardanti l'Italia e mi dedicherei anche a cose riguardanti il Paese in cui mi troverei. Tu non sei uno a cui chiedere "che bisogna fare?" eppure continuo a chiedertelo, se ritieni, ad esempio, che aderire all'appello di Marino sia qualcosa di insufficiente. Che altro di meglio hai in mente da proporci?

luigi ha detto...

thefreedictionary.com conferma dunque la connotazione del termine "emigrare" legata alla disoccupazione. Cambiare paese per incompatibilità di caretteri e cambiare paese per lavoro sono cose diverse. Troisi appunto: "io a Napoli un lavoro ce l'avevo!". Soltanto in una sola occasione ammise di essere un emigrante, dinanzi a un dito e a un accento tedeschi. Forse oggi il film risulterebbe troppo lento. Comunque lo consiglio: il titolo è Ricomincio da tre. Dialogo approssimativo:
- basta, non ce la faccio più, ricomincio da tre
- da zero...
- ah?
- da zero... ricomincio da zero
- nossignore, da tre... tre cose mi sono riuscite nella vita, perché devo perdere anche queste... da tre

Massimo Messina ha detto...

La'alternativa che proponi all'appello di Marino, ovvero il film di Troisi, è di certo più piacevole, ma non mi sembra escluda la possibilità di aderire all'appello in questione.

luigi ha detto...

Non ho escluso la possibilità di aderire all'appello di Marino, limitandomi a sostenere che è mi aopinione che esso non possa contare sul sostegno della maggioranza degli italiani, e non tanto perché gli italiani si trovano su posizioni opposte, quanto perché alle questioni bioetiche gli italiani dànno scarso valore politico. Ho affermato inoltre che lo stato di salute della laicità nel centrosinistra italiano è piuttosto cagionevole, come dimostra il fatto che il concetto di autodeterminazione rimane per lo più negletto, al suo posto prendendo spazio il dibattito sulla terapeuticità della idratazione e della alimentazione artificiali. Né ho proposto il film di Troisi come alternativa all'eppello di Marino. Il film di troisi è citato a dimostrazione che l'emigrazione è un concetto più complesso del semplice canbiare paese. Mi pare che le tue capacità di analisi si esercitino meglio nella recensione della maghetta fia.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
hai aderito all'appello?
Per quanto riguarda il resto ti rispondo con le parole di Pietro Spina, personaggio di un romanzo di Silone che sto leggendo (il contesto è il regime fascista) e che consiglio di leggere:

"La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo" disse Pietro. "Si può vivere anche in paese di dittatura ed essere libero, a una semplice condizione, basta lottare contro la dittatura. L'uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto, è libero. L'uomo che lotta per ciò che egli ritiene giusto, è libero. Per contro, si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi, servili, non si è liberi: malgrado l'assenza di ogni coercizione violenta, si è schiavi. Questo è il male, non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può." (da "Vino e pane" di Ignazio Silone, Arnoldo Mondadori Editore, ristampa del 2002 dell'edizione per la collana "classici moderni" del 1996, pagine 42 e 43).

luigi ha detto...

Ripeto in parte quel che ho già detto. Nei miei commenti non c’è alcun invito a non aderire all’appello di Marino – che, tra l’altro, mi pare in una situazione in cui la ricerca di visibilità gli è fondamentale. All’appello ho aggiunto alcuni dati (per quel che vale la mia opinione). La opinione cioè sulla carenza di laicità dell’appello, su quali sono gli atteggiamenti oggettivi (valutabili dalle preferenze di voto e dalle astensioni) degli italiani in fatto di bioetica. Non capisco francamente che attinenza abbia tutto questo con il testo di Silone. Comunque, per i miei gusti, il testo maneggia concetti filosofici, come quelli di libertà, giustizia, bene e male con troppa disinvoltura, ma anche con troppo moralismo a buon mercato. In generale penso che dovremmo farli un po’ più interagire con il concetto di felicità (che nello stoicismo di Silone è completamente assente). Insomma, un po’ di epicureismo non farebbe male.

Quanto alla tua domanda, se ho aderito io all’appello di Marino. No. Per principio personale, tendenzialmente non aderisco a nessuna cosa che sia anche lontanamente politica, movimenti, appelli, manifesti, partiti e compagnia bella.

Ps. Credo che sia più importante, nella citazione di un testo, la data della prima pubblicazione, che non quella delle ristampe presso le varie collane, anche se, a onor del vero, non tutti la pensano così (per fortuna però è una sparuta minoranza).

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
il testo di Silone rispondeva, ovviamente, innanzi tutto alla tua idea di cambiare paese.
Il testo citato è ciò che a Pietro Spina, un rivoluzionario comunista, stoico di certo, fa dire Silone, il quale non è alieno al concetto di felicità (te l'assicuro), ma ritiene (ed io concordo) che la felicità è possibile solo nella virtù.
Qual è il principio che ti impedisce di aderire a qualsiasi "cosa che sia anche lontanamente politica, movimenti, appelli, manifesti, partiti e compagnia bella"?
Ti faccio presente che questo è un blog personale, liberalsocialista, cristiano, nonviolento, neoazionista, incredibilmente vegetariano, bla, bla, bla. Non è una pubblicazione scientifica, quindi ti ho citato l'unica edizione di "Vino e pane" che ho e se vuoi te la presto con piacere e felicità siloniani.

luigi ha detto...

Parto dall’ultima cosa, se permetti. Il fatto che il blog non abbia carattere scientifico – qualcosa che hai già avuto modo di precisare affermando che non è il luogo di dimostrazioni complesse – sta sotto il naso di chiunque. Questo non vieta al blog di essere più informativo, soprattutto quando non costa nulla, infatti tutte le edizioni di qualunque genere di libri riportano la data della prima pubblicazione, anche quando questa sia avvenuta presso altre case editrici. La mia idea di cambiare paese rimane immutata nonostante il buon Silone, perché non vedo affatto come questo progetto personale di vita possa comportare ottusità, servilismo, corruzione del cuore e altre cose brutte. Il principio che mi guida a non aderire a cose politiche è giustificato da due circostanze: 1) che la politica non rientra, se non nei termini dei minimi sindacali, tra i miei interessi; 2) la mia incompetenza – che non intendo colmare (v. punto 1)) – nei giudizi politici. Prendiamo l’appello di Marino. Esso ha dei contenuti di superficie, su cui mi sono soffermato nei miei commenti, ma è anche esso stesso un’azione politica, la quale va giudicata rispetto agli scopi che persegue e al come li persegue, e qui entra in gioco la mia incompetenza, la mia incapacità di inquadrare l’appello in quanto azione politica. Per quanto ho potuto capire, Marino potrebbe candidarsi a segretario del PD – questa intenzione, per altro, è davvero tale? – e l’appello in questione potrebbe servire semplicemente allo scopo di marcare la laicità della sua candidatura o più in generale a quello di farsi pubblicità etc. (scopi legittimi, intendiamoci); inoltre, se gli scopi sono questi, l’appello è efficace? Ora, aderire ad un appello significa anche, direi soprattutto, rafforzarlo nel suo essere azione politica, nel suo essere qualcosa cioè che ho difficoltà a inquadrare rispetto a quelli che sono i suoi reali scopi politici e rispetto alla sua efficacia nel perseguirli. Q.E.D.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
ti serve la data della prima pubblicazione di "Vino e pane"? Quale prima pubblicazione, quella in tedesco antecedente a quella italiana o quest'ultima? Scusa la mia curiosità, ma perché ti serve?
Non volevo affatto esprimere l'idea che il tuo progetto personale di vita di cambiare paese comporti "ottusità, servilismo, corruzione del cuore e altre cose brutte", anzi! Casomai, apprezzando le tue doti intellettuali e morali, ti esprimo il mio desiderio che tu resti in Italia lottando insieme per una maggiore libertà etica e politica in quella che ancora considero mia patria.
Pur non volendo fare politica direttamente si può sottoscrivere un documento condiviso. Un documento politico va valutato anche nel contenuto e laddove lo si condivide perché non sottoscriverlo? Riguardo tutti gli effetti politici della sottoscrizione del documento stesso anch'essi vanno responsabuilmente tenuti in considerazione, ma non bisogna essere dei politologi o degli strateghi per poterli valutare con il semplice buon senso.
Se prendiamo l'appello di Marino, ad esempio, io lo valuto mettendolo a confronto con tutto il resto che il mercato politico nazionale oggi mi offre e da tale confronto l'appello ne esce ai miei occhi abbastanza bene. Ciò esprime la laicità di Marino in maniera tiepida? Meglio questo che i clericali e gli affaristi! Aderire all'appello dà forza alla candidatura di Marino alla segreteria del PD? Ben venga, anche se non è il mio partito. Considerazioni semplici di questo tipo può farle chiunque in un senso o in senso opposto e credo che per scegliere bastino. Scegliere, in democrazia, è meglio che non scegliere, fino a quando troviamo differenze di valore tra le alternative in campo.

luigi ha detto...

di solito la citazione di un testo è accompagnata dal desiderio di far capire al lettore i contenuti citati e se si ritiene che tali contenuti non siano timeless truth (in ogni caso spetterebbe al lettore deciderlo), allora la data della prima pubblicazione (non in quanto tale, ma in quanto di solito non molto lontana dalla stesura del testo, certamente non molto lontana dall'ultima revisione) serve a contestualizzare i contenuti.

Massimo Messina ha detto...

Per ciò che riguarda il messaggio che intendo esprimere con quella citazione, ho contestualizzato a sufficienza scrivendo, appunto, che "il contesto è il regime fascista".

Unknown ha detto...

Io posso ambientare una trama romanzesca ai tempi di Augusto e far dire al mio personaggio certe cose. Il senso delle cose che dice dipende dal contesto della ambientazione (la quale si evince dalla trama per altro), ma dipende anche dal tempo in cui io ho scritto il romanzo (il quale non si evince dalla trama). Contestualizzare nel primo senso, dire cioè che i tempi sono quelli di Augusto, non è per niente sufficiente. Ecco perché è importante citare la data della prima pubblicazione!

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
non ho nulla da eccepire a ciò che affermi, ma l'ambientazione della trama del romanzo di Silone nel periodo del regime fascista, ai fini di ciò che volevo comunicare, è qui pienamente sufficiente. Se vuoi saperne di più sul romanzo, comunque, visita la seguente pagina web:

www.silone.it/node/92

Lì puoi trovare anche l'informazione che ritieni necessaria:

"Scritto nel biennio 1935-36, in gran parte a Zurigo, dove Silone si era trasferito dal 1931, Pane e vino apparve in traduzione tedesca, a cura di Adolf Saager, nel 1936, a Zurigo, e l'anno dopo, a Lugano, in «edizione italiana per l'emigrazione», a cura dello stesso autore. Successivamente rielaborato, in Italia vedrà la luce solo nel maggio del 1955 col titolo Vino e pane, nella collana «Narratori Italiani» di Mondadori."

Come vedi torna l'emigrazione, nelle parole e nella vita siloniane.

luigi ha detto...

caro massimo,
non hai nulla da eccepire in quel che dico, ma continui ad affermare che in alcuni casi non è necessario conoscere il contesto, soprattutto temporale, di quel che si scrive. Io penso esattamente il contrario, che è sempre importante, e che in ogni caso spetta al lettore deciderlo.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
avrei riportato ugualmente quelle parole se le avesse scritte, ad esempio, negli anni '70.

luigi ha detto...

Lasciamo al lettore decidere!!!

Massimo Messina ha detto...

Decido io che riportare!

luigi ha detto...

di fronte alla prepotenza e all'arbitrio, alzo le mani.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
se a decidere cosa intendo riportare fosse qualcun altro piuttosto che io, mi sembrerebbe sì una prepotenza.

luigi ha detto...

La prima non esclude l’altra. Comunque, siamo alle solite (comiche): io non ho mai messo in questione che rientra tra le tue facoltà riportare quel che ti pare. Ho semplicemente espresso una mia personale e largamente condivisa (ci sarà un motivo) opinione: "Credo che sia più importante, nella citazione di un testo, la data della prima pubblicazione, che non quella delle ristampe presso le varie collane, anche se, a onor del vero, non tutti la pensano così (per fortuna però è una sparuta minoranza)". Se tu intendi contestarla, parliamone. Io ho prodotto alcune ragioni: se scrivo un racconto ambientandolo nella Roma di Augusto e al mio protagonista faccio dire alcune cose, p. es. che la giustizia è un bene prezioso da perseguire, il significato di questa esortazione dipenderà non solo dal contesto in cui si svolge il racconto, ma anche, e forse soprattutto, dal contesto storico in cui io, il romanziere, scrivo queste cose, perché il senso della giustizia che metto in bocca al mio protagonista non potrà non essere influenzato da 2000 anni circa di riflessioni filosofiche e di vicende politiche posteriori ad Augusto, benché io possa sforzarmi di non esserne influenzato, ma non è nemmeno escluso che io non intenda affatto sforzarmi in tal senso. Dicendo queste cose, non intendevo soltanto dire qualcosa di banale a proposito della necessità di riportare nella citazione di un libro la data della prima pubblicazione (in quanto approssimativa del contesto storico in cui l’autore produsse quelle idee, anche se, come ho avuto modo di precisare, non è sempre così), ma intendevo anche combattere una cattiva abitudine culturale, e cioè quella di considerare le verità, specie quelle morali, come timeless truth (verità senza tempo). Ora, tutto questo è discutibile, per esempio si può argomentare a sostegno di una nozione non relativista delle verità morali. Oppure in altri infiniti modi. Certo, fraintendere quelle mie affermazioni come una imposizione nei tuoi riguardi a riportare certe cose non è il modo migliore, forse è quello più comodo.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
la "prima" cosa? La "seconda" cosa? Hai affermato che bisognerebbe lasciare al giudizio del lettore il fatto che io "avrei riportato ugualmente quelle parole se le avesse scritte, ad esempio, negli anni '70". Penso di sapere le mie intenzioni coscienti meglio di qualsiasi lettore per quanto quest'ultimo possa essere psicologo. Fraintendo? Può darsi, ma non te la prendere, di certo è perché capisco poco e tardi solitamente.
Non intendo, poi, contestare alcunché, ma ritengo che esistano verità valide in ogni tempo, anche in morale, e forse anche nella citazione che ho riportato ne è presente qualcuna. A dire il vero non mi sono applicato tanto ad analizzarla in tal senso.

Unknown ha detto...

Sì, fraintendi. Ciò che si deve lasciare al lettore non è quel che dici tu, ma la decisione di considerare rilevante il contesto storico in cui un autore scrive le sue opinioni. è un fatto che il mio tentativo di aprire una riflessione sui contenuti dell'appello di Marino a proposito del dibattito sulla terapeuticità della idratazione e alimentazione artificiali e sulle ragioni per le quali anche ai laici il concetto di autodeterminazione suona sospetto si è tradotto, grazie alle tue interpretazioni, nell'invito a guardare il film di troisi come alternativa alla sottoscrizione dell'appello. è un fatto che ciò che poteva diventare un dibattito sulla relatività delle verità morali si è trasformato in qualcos'altro di difficilmente classificabile.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
lasciamo ai lettori stabilire perché a ciò siamo giunti?

luigi ha detto...