sabato 8 maggio 2010

Entriamo, smontiamo e rimontiamo il PD!

Compagni ed amici socialisti, socialdemocratici, liberalsocialisti, neoazionisti, della sinistra liberale, radicali, repubblicani, verdi, entriamo nel PD ed organizziamo dei circoli territoriali ed online (previsti dallo statuto di tale partito) dichiaratamente laici, neoazionisti, repubblicani, liberali, socialisti, liberalsocialisti, radicali, socialdemocratici, verdi, libertari, geolibertari. Entriamo nel PD e smontiamolo per rimontarlo di nuovo su punti programmatici chiari, rafforzando così anche coloro che già dentro il PD (Ignazio Marino, Cristiana Alicata, Ivan Scarfarotto ed altri) operano per cambiarlo e per cambiare poi l'Italia. Proviamoci insieme, come partigiani che magari vanno separati, ma per colpire uniti (per usare un vecchio motto). Compagni, amici, che alternativa proponete?

Sugli ex comunisti in quanto tali è inutile pronunciarsi, poiché di comunisti l'Italia (come il mondo) ne ha visti di più diversi e così pure di ex comunisti. Di certo preferisco comunisti come Gramsci e Terracini (ma dove sono?) a tutti quelli che sono venuti dopo di loro. Ora preferisco Bersani a quasi tutti quelli alla sua sinistra, che ancora non hanno compreso almeno l'idea che debbano presentarsi uniti per non scomparire non solo dal parlamento, ma pure dalla storia italiana. Questo mi pare essere con i piedi per terra.

35 commenti:

Anonimo ha detto...

caro simpaticone,
non lo sai che il linguaggio scurrile, per statuto, è riservato solo ai nostri avversari politici. Cominciamo bene! Comunque, le annuncio che la tessera è già pronta, ma vista la sua ultima uscita d'alemiana, forse è meglio non accelerare i tempi.
pierluigi

Unknown ha detto...

pure tu con i circoli? ma è diventato un tormentone!

Massimo Messina ha detto...

Caro (pier)luigi,
posso essere ancora più volgare, appartenendo al volgo, al popolo, al demos ed in ciò essendo di certo pienamente democratico. Di nuovo questo "tu" che diventa "lei"! Chi altri parla dei circoli?

Unknown ha detto...

In effetti l'idea dei circoli è inedita! Nessuno ne ha mai parlato prima!

Unknown ha detto...

"tu" ha due lettere, metre "lei" tre. Mi spieghi come una parola di due lettere possa diventare una di tre? Casomai, si passa dal tu al lei! o al massimo dal "tu" al "lei". Meglio, dal tu al lei, senza virgolette, perché il primo passaggio implica il secondo. Il secondo non implica il primo.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
ti chiedo di spiegarmi le seguenti tue parole:

Meglio, dal tu al lei, senza virgolette, perché il primo passaggio implica il secondo. Il secondo non implica il primo.

Unknown ha detto...

Prendi questo contesto:

Mi passi il sale? glielo chiedo per favore!

Ebbene, qui c'è un passaggio dal tu al lei, ma non c'è un passaggio dal "tu" al "lei".

prendi quest'altro contesto:

Tu sei un bel tipo! Prima lei mi dice che è disponibile, poi si nega sempre al telefono.

ebbene, in questo secondo caso, c'è un passaggio dal "tu" al "lei", e proprio per questo c'è anche un passaggio dal tu al lei.

Massimo Messina ha detto...

Ah, se lo affermi tu! Di sicuro interesse!

Anonimo ha detto...

Come Quine, che rimproverava a Russell di fare confusione tra uso e menzione, anch'io penso che la distinzione sia importante.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
in italiano dare del "tu" non mi pare che necessariamente significa dire "tu", quindi non vedo distinzione tra il tuo dare del tu e dare del "tu". Sbaglio?

Anonimo ha detto...

Tu puoi dire che domani piove dicendo che domani cade H2O dal cielo (e in altri modi ancora). Non puoi dire "domani piove" dicendo "domani cade H2O dal cielo".

Certo, non è necessario che dire "domani piove" significhi usare in sequenza "domani" e "piove". Se è per questo non è neanche necessario che "gatto" denoti il genere naturale dei gatti. Io posso urare "gatto" per denotare il genere naturale degli elefanti.

Massimo Messina ha detto...

Caro anonimo,
ci ho messo un po' per arrivare a comprendere il senso del tuo commento. Perché dare del "tu" non significa quello che penso io, ma solo dire "tu"? Severgnini sembra la pensi come me:

http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-06-05/09.spm

Anonimo ha detto...

Severgnini la pensa come te su cosa esattamente? Dare il "tu" ad una persona significa rivolgersi a lei usando la parola "tu".

Massimo Messina ha detto...

Caro anonimo e caro Luigi,
dare del "tu" significa rivolgersi ad una persona costruendo le frasi usando la seconda persona singolare (esempio: "potresti passarmi il sale?"), piuttosto che usare la terza persona singolare (esempio: "potrebbe passarmi il sale?"). Non è necessario quindi adoperare l'espressione "lei" per dare del "lei" né adoperare l'espressione "tu" per dare del "tu". Questo evinco anche dall'articolo di Severgnini. Poiché la difficoltà di cui parla nell'articolo mi sembra assurdo pensare si debba intendere come difficoltà di dire "lei" piuttosto che "tu", bensì mi pare parli di difficoltà a costruire tutta la frase alla terza persona piuttosto che alla seconda persona singolare.
Sui circoli PD mi pare pure che nessuno abbia fino ad ora proposto ai militanti di partiti esterni al PD di entrarvi per costituire dei nuovi circoli PD che si organizzino, si denominino ed abbiano scopi politici in base alla tradizione politica del partito da cui provengono. Per questo credo posso ritenere la mia proposta quanto meno dotata di originalità.

Anonimo ha detto...

Penso che si possano usare entrambe le espressioni: "dare del tu", "dare del 'tu'". Tuttavia, possiamo chiederci se sia in generale preferibile l'una o l'altra espressione. Nell'articolo di Severgnini non trovi entrambe le espressioni, come in un altro articolo potresti trovare intercambiabili "scapolo" e "uomo non sposato". Questo significa che occorre fare una scelta tra le due espressioni e mantenerla. Quando si fa una scelta è meglio motivarla. Io ho motivato l'uso della espressione "dare del tu" (senza virgolette), perché penso sia meno ambigua dell'altra. Infatti, tipicamente le parole virgolettate denotano una menzione. Se è così, ci saranno casi di indecisione. Se qualcuno mi riferisce che tizio ha dato del "tu" a caio, posso interpretare il virgolettato come menzione e credere erroneamente che tizio abbia usato la parola "tu" rivolgendosi a caio. In alcuni contesti questa differenza può essere rilevante. Inoltre, le virgolette sono antieconomiche (abbiamo bisogno di più simboli). è chiaro che nell'espressione "dare del tu" (senza virglette), la parola "tu" occorre in modo anomalo, non è un pronome. Dunque la cosa migliore da fare e interpretare l'espressione "dare del tu" come una locuzione simile a "datti all'ippica". In quest'ultima espressione non abbiamo bisogno di mettere tra virgolette la parola "ippica" per esprimere che in quel contesto è usata in modo anomalo. semplicemente, prendiamo l'intera frase come una locuzione con un significato convenzionale. Propongo di fare lo stesso con l'espressione "dare del tu". Possiamo cioè intenderla come una locuzione che esprime una dato registro linguistico. Perché dovremmo mettere il "tu" tra virgolette? Non si capisce! Per esprimere una menzione? Se è così, crea i problemi che abbiamo visto, dal momento che io posso dare del tu a qualcuno senza usare la parola "tu". Allora perché dovremmo usare le virgolette? Per significare che il "tu" non occorre come pronome? Se è così, possiamo evitare le virgolette e prendere l'intera frase come una locuzione, come nella frase "datti all'ippica", evitando le ambiguita circa i motivi della virgolettatura. L'ambiguità è questa: abbiamo virgolettato per esprimere una qualche anomalia o per esprimere una menzione?

Anonimo ha detto...

osta dei circoli, ti ripeto, è originalissima.

Massimo Messina ha detto...

Le lingue naturali spesso hanno usi che possono essere ambigui e ciò accade sia nell'esprimersi a voce sia nella lingua scritta. Qui ci troviamo di fronte ad un'ambiguità. Non so perché metto le virgolette, immagino dal tuo ragionamento per far capire che "tu", in quel caso, non è un pronome. Le virgolette non sono necessarie? Ok, ma è l'uso comune che fa le regole e l'Italiano non è così razionale come vorresti che fosse, fattene una ragione.

Anonimo ha detto...

Non è l'uso comune che fa le regole. O meglio, non è solo l'uso comune! Le regole possono essere stabilite per dotare le lingue di maggiore efficacia e potenza espressiva (anche contro l'uso comune). Il linguaggio non è uno strumento che si usa per poi metterlo da parte e riprenderlo all'occorrenza. Non è un martello. Non possiamo smettere di essere animali linguistici. Migliorando il linguaggio miglioriamo noi stessi.

Massimo Messina ha detto...

Anonimo,
concordo totalmente con il tuo ultimo commento. Immagino comunque che l'italiano non potrà mai essere perfettamente razionale e ciò non mi spiace.

Unknown ha detto...

Chi ha parlato di razionalità delle lingue? Forse è la prima volta che sento questa espressione. Razionale di solito è un ragionamento, un pensiero, una previsione, un'ipotesi. Una lingua invece è ben formata, estesa etc. Infatti, posso costruire frasi ben formate ma non in qualche senso razionali. Esempio: "se domani piove, vado al mare (di solito si va al mare quando c'è il sole)". oppure: "se domani piove, allora c'è il sole, non piove, dunque c'è il sole". Sono espressioni ben formate, magari anche senza ambiguità, ma implausibili o irrazionali. non mi pare che la proprietà di essere razionale possa essere ascritta alle lingue.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
mi riferivo al fatto che nelle lingue naturali ci saranno sempre ambiguità.

Unknown ha detto...

La trasparenza è una cosa, la razionalità un'altra.
Le lingue naturali non saranno mai totalmente trasparenti? Non lo so. Perché secondo te non lo saranno mai?

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
lo penso perché non ho mai saputo di linguaggi naturali che non avessero ambiguità. Non lo escludo, solo che se dovessi scommettere scommetterei che sarà sempre così.

Anonimo ha detto...

Il modo più razionale di intendere una lingua perfettamente trasparente è di intenderla munita di tutti gli strumenti per essere trasparente. Da un secolo a questa parte sono stati fatti passi da gigante. Grazie al lavoro dei filosofi del linguaggio e dei logici (soprattutto dei logici che si occupano degli operatori intensionali, dato l'enorme impiego delle modalità nel linugaggio ordinario). Non capisco poi perché ti dispiaccia una linuga siffatta.

Massimo Messina ha detto...

Non mi spiace affatto. Non mi spiace neppure, però, che le lingue naturali siano soggette ad ambiguità. Non siamo elaboratori elettronici. Ci sono certamente ambiti in cui è meglio che queste ambiguità non ci siano. Si possono costruire lingue artificiali prive di ambiguità. Tutto ciò mi piace, ma perché pretendere di modificare illuministicamente una lingua naturale per renderla meno naturale?

Anonimo ha detto...

Tu parti da alcuni dogmi, e cioè che naturalità = ambiguità semantica, che trasparenza = artificiosità = robot. Ma perché dovremmo partire da questi dogmi oscurantistici?

In secondo luogo, non ci sono ambiti in cui non facciamo uso dei linguaggi naturali: dalla spesa al supermercato alla logica. Dalla scienza al diritto. Migliorare il linguaggio naturale significa migliorare tutte le attività in cui siamo impegnati. Questo significa diventare robot? Certo, se partiamo da quei dogmi, allora le conclusioni sono queste.

Massimo Messina ha detto...

Anonimo,
non parto da alcun dogma, solo penso che a volte quell'ambiguità che tu vuoi eliminare è ricchezza! Infatti parli di "spesa al supermercato", di "logica", di "scienza", di "diritto" ed in tali ambiti eliminare le ambiguità non mi spiace. Ma il linguaggio non si limita soltanto a questi ambiti, ma anche ad altri nei quali l'ambiguità può essere voluta, perseguita, ricercata, come nella poesia, ad esempio, o nel linguaggio pubblicitario o nella comicità. Sono tutti ambiti nei quali i robot si sono fino ad ora dimostrati incapaci. Non escludo che possano pure un giorno essere più bravi degli umani, ma in tal caso non sarebbero più della mere macchine.

Unknown ha detto...

Conferire al linguaggio gli strumenti per togliere le ambiguità significa anche potenziare il linguaggio poetico e quello comico. Conoscere le armi della trasparenza significa anche maggiore competenza nell'uso delle ambiguità.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
ti chiedo di spiegarmi come "togliere le ambiguità significa anche potenziare il linguaggio poetico e quello comico".

Anonimo ha detto...

Conoscere le armi della trasparenza significa anche maggiore competenza nell'uso della opacità. insomma, si può essere più efficacemente ambigui laddove si conoscono le vie della ambiguità (cioè, guardando le cose da un altro punto di vista, gli strumenti per toglierla).

Massimo Messina ha detto...

Conoscere "gli strumenti per toglierla" è un conto, usarla dopo averla tolta mi sembra tutt'altro conto, anzi, nel secondo caso, il conto è vuoto.

Unknown ha detto...

Se si vuole usare (per scopi pubblicitari, poetici etc.) qualche opacità semantica (quache giochetto de dicto/de re, ambito ampio/ambito stretto etc.), l'opacità non va tolta, ma messa. Se uno sa come funzionano i giochetti (sa togliere le ambiguità), sarà notevolemnte agevolato rispetto a chi non conosce i giochetti.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
mi pare che convieni con me.

Unknown ha detto...

buona notte!

Massimo Messina ha detto...

Tanta felicità!