Oggi è la Giornata Europea delle Lingue. Quale giorno sarebbe più adatto per presentare il "talikwo", il progetto di lingua artificiale che sto elaborando proprio in questi giorni? Eccovi, quindi, la prima lezione di talikwo.
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La lingua internazionale ausiliaria più accessibile e con l’alfabeto più corto
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La lingua internazionale ausiliaria più accessibile e con l’alfabeto più corto
Il talikwo, altrimenti chiamato (lingua) terrestre, è una lingua ausiliaria internazionale derivata dall’esperanto. È quindi un esperantido. In talikwo la parola “talikwo" significa "lingua terrestre". Ho tratto il talikwo dall’esperanto perché quest’ultimo è il progetto di lingua ausiliaria internazionale attualmente riuscito meglio sotto molteplici aspetti, innanzi tutto avendo la più vasta comunità di locutori, diffusi su tutto il globo. L’esperanto ha però un difetto, che il talikwo supera: la presenza di lettere impronunciabili da comunità umane non irrilevanti. I cinesi, come è noto, ad esempio, non riescono a dire la “r” ed infatti se cercate espelanto su un motore di ricerca troverete certamente pagine web relative all’esperanto e ai cinesi. Nell’arabo, i cui fonemi non sono pochi, non esiste la lettera “p” ed anche le vocali sono ridotte a tre (anche se nelle varie aree linguistiche dell’arabo parlato, chiamate dialetti, queste vocali assumono suoni diversi). Gli italiani non ha né la “h” aspirata né tantomeno la “ĥ” dell’esperanto. Gli anglofoni pronunciano la “r” in maniera totalmente differente rispetto alla “r” dell’esperanto o dell’italiano. Altra pronuncia particolare della “r” è quella francofona.
Venendo a conoscenza del toki pona (lingua interessante sotto molti punti di vista, ma non di certo praticabile se non in ambiti limitati), che ha un alfabeto di 14 lettere (alcune delle quali hanno due alternativi suoni entrambi validi, ad esempio la “l”, che può essere letta come “r”), ho pensato inizialmente di usare il suo alfabeto per creare un esperantido che avesse l’insieme di fonemi più accessibile universalmente, ma mi sono accorto in seguito che anche tale insieme di lettere e fonemi avrebbe dato problemi di pronuncia a diverse comunità umane. Per risolvere la questione ho capito che avevo bisogno di un insieme di lettere ancora più ridotto, conservando la caratteristica che possano anche essere lette in maniera differente, per rispettare diverse possibili pronunce, tutte comprensibili per tutti. Rilevante è che tale caratteristica è presente anche nell’alfabeto del lojban, la cui “r” è pronunciabile in diversi modi per renderla accessibile a locutori di diverse lingue madri. Ma anche il lojban ha lettere come la “p" ed ha più delle tre vocali dell’arabo.
Ho dovuto rivolgermi, quindi, all’alfabeto più corto al mondo. L’alfabeto che risponde a questa caratteristica è quello rotokas, escludendo l’insieme dei fonemi della lingua dei piraha, dato che non credo usino scrivere la loro lingua ed inoltre hanno una lingua che sembra non abbia la possibilità di esprimere, tanto per fare un esempio, quantità numeriche precise, non avendo praticamente neppure il concetto di “uno” distinto nettamente dal “due”.
Prendendo quindi gli insiemi dell’alfabeto del toki pona (a e i j k l m n o p s t u w) e della lingua rotokas (a e g i k o p r s t u v) e traendo da questi insiemi la loro intersezione (gli elementi che hanno in comune) ne ricaviamo l’insieme delle seguenti lettere: a e i k o p s t u. Considerando che la “l” del toki pona copre foneticamente anche il suono “r” e che viceversa la “r” del rokotas può essere pronunciata “l” e che il suono della “w” del toki pon è una “u” breve semiconsonantica (o semivocalica), possiamo giungere al seguente insieme di lettere: a e i k l o p s t u w. Ho scelto di scrivere la lettera “l” così e non come “r” perché la pronuncia più accessibile è quella di “l”. Rimangono le cinque vocali. Seguendo l’arabo e come esso viene pronunciato dai suoi locutori nelle diverse aree linguistiche la “e” possiamo assimilarla alla “a” e la “o” alla “u”. Avremo così le tre vocali dell’arabo: a i u. Penso sia meglio usare la vocale “o” come lettere dell’alfabeto, per superare la difficoltà di pronuncia della sillaba/dittongo “wu” e per evitare di confondere la vocale o/u con la w. L’alfabeto che ne risulta è il seguente:
a i k l o p s t w
Sono quindi tre vocali e sei consonanti, di cui una semiconsonantica/semivocalica. Anche la vocale “i”, comunque, ha ruolo, come vedremo, semiconsonantico/semivocalico in alcuni contesti. Come già scritto, le nove lettere elencate possono avere tutte due possibili pronunce, tranne la “w”. Seguendo il toki pona, aggiungendo il suono delle vocali tolte ed aggiungendo anche il suono di “j" alla “i", avremo le seguenti possibili pronunce.
Tabella 1
Lettera | Pronuncia valida |
a | a/e |
i | i/j |
k | k/g |
l | l/r |
o | o/u |
p | p/b |
s | s/z |
t | t/d |
w | w |
Ne risulta così un alfabeto di nove lettere: tre vocali (di cui una a volte semivocale/semiconsonante) e sei consonanti (di cui una semivocale/semiconsonante). Ogni lettera è pronunciabile in due modi alternativi (due fonemi), entrambi validi, tranne la “w”. Tale alfabeto è accessibile da quasi qualsiasi terrestre. Le coppie di fonemi si leggono tutte così come riportate, secondo la pronuncia dei segni usati dall’IPA. Si può dire che sono così come le leggiamo in italiano tranne per alcuni aspetti: la “j” è come la “i” breve di “iato”, la “g” è quella di “gatto” (non quella di “gelato”), la “s” è quella di “sasso” (non quella di “rosa”), la “z” è invece la “s” italiana quando diciamo “rosa”, la “w” è la “u” breve di “uomo”.
Come ho già scritto questa lingua è un esperantido ed in esperanto le lettere sono 28, ognuna delle quali (tranne la “h”) corrisponde ad una lettera dell’alfabeto del talikwo, secondo la corrispondenza della seguente tabella.
Tabella 2
Alfabeto talikwo |
Alfabeto esperanto
|
a
|
a e
|
i
|
i j
|
k
|
k g ĝ ĥ ĵ
|
l
|
l r
|
o
|
o u
|
p
|
p b m
|
s
|
s z c ĉ ŝ
|
t
|
t d
|
w
|
ŭ f n v
|
Le lettere dell’esperanto sono state messe nella tabella in maniera tale che le prime due per ogni lettera corrispondano al suono, al fonema con il quale è lecito leggere il corrispondente segno dell’alfabeto talikwo (tranne per la “w", che ha un solo suono, quello della “ŭ” dell’esperanto, appunto). Adesso vediamo i nomi delle lettere, in talikwo (gli esperantisti li troveranno sicuramente familiari). Tutte le lettere del talikwo hanno due nomi alternativi, tranne le due che possono svolgere ruolo semivocalico/semiconsonantico, che hanno solo un nome ciascuno: “i” e “wo”. Da ciò evinciamo che la “i” si comporta solitamente da vocale e la “wo” si comporta solitamente da consonante. Vedremo in seguito quando non è così.
Tabella 3
Lettera
|
Nome della lettere
|
a
|
a/e
|
i
|
i
|
k
|
ko/go
|
l
|
lo/ro
|
o
|
o/u
|
p
|
po/bo
|
s
|
so/zo
|
t
|
to/do
|
w
|
wo
|
Si potrebbe spiegare l’alfabeto talikwo in maniera molto più semplice, ma ho voluto contemporaneamente qui raccontare la sua origine ed inoltre mettere in evidenza il legame con quello dell’esperanto, dal quale moltissimi elementi della grammatica talikwo derivano. I vocaboli del talikwo derivano dall’esperanto, seguendo innanzi tutto la corrispondenza della tabella 2.
Ecco degli esempi:
Italiano | Esperanto | Talikwo |
Lingua terrestre | Lingvo tera | likwo tala |
Ti amo | Mi amas vin | pi apas tin |
Il cane è buono | La hundo estas bona | la owto astas powa |
Come si può facilmente notare, per tradurre dall’esperanto al talikwo non facciamo quasi altro che vedere nella tabella 2 la corrispondenza delle lettere dell’esperanto con quelle del talikwo. Quando in esperanto abbiamo una “h” non scriveremo nulla traducendo in talikwo. Per quanto riguarda la parola “lingvo” in esperanto l’abbiamo tradotta con “likwo”, in base alla regola secondo la quale in presenza di due o tre consonanti vicine, se due di esse sono uguali la prima cade. Non abbiamo mai doppie in talikwo. Faccio notare anche che le frasi in talikwo non iniziano mai per maiuscola, riservando le maiuscole ai nomi propri.
Con questo sistema, il vocabolario del talikwo esiste già ed è infatti quello dell’esperanto “talikwizzato”. Ciò vale sempre, tranne per ciò che esporrò in queste lezioni di talikwo. Dato che le lettere del talikwo sono solo nove, avremo un maggior numero di parole aventi più significati, usando il sistema che ho appena descritto di creazione del vocabolario talikwo a partire dall’insieme delle parole dell’esperanto.
Esempi:
Italiano | Esperanto | Talikwo |
uno | unu | owo |
uovo | ovo | owo |
uomo | viro | wilolo |
figlio | filo | wilolo |
“Owo” significa quindi in talikwo sia “uno” che “uovo”, “wilolo” significa sia “uomo” che “figlio”. Ciò che chiarirà il significato della parola sarà quindi il contesto. Il fatto che il talikwo sia più ambiguo dell’esperanto fa sì che traducendo dall’esperanto (ma anche da qualsiasi altra lingua) dovremo stare attenti al significato del testo risultante, aggiungendo, se è il caso, circonlocuzioni o sinonimi per chiarire il senso di ciò che intendiamo esprimere. Il talikwo non ha di certo il pregio del poter esprimersi in poche parole, ma non al punto del toki pona, in cui è praticamente impossibile esprimere cose basilari o è molto difficile indicare quantità numeriche che vadano oltre le poche decine.
L’accento in talikwo cade, come in esperanto, sulla penultima sillaba, tranne che per i verbi all’infinito (come vedremo nella lezione relativa ai verbi) ed ovviamente nei monosillabi. Attenzione ai dittonghi: le coppie di vocali “ia” e “io” sono a volte dittonghi, quindi l’accento non cade sulla “i”, che si comporta in questi casi come consonante e l’accento sulla “a” o sulla “o” vanno segnati, con un accento grave (“à”, “ò”) o acuto (“á”, “ó”) indifferentemente.
Talikwo, (linguaggio) terrestre - Lezione 2
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