domenica 26 luglio 2020

Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

Siamo all'ottava puntata dell’intervista geolibertaria. A porre domande è Dario Farinola e risponde Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:
  1. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia
  2. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza
Nella scorsa puntata abbiamo discusso del Manifesto costitutivo del Partito Libertario di Nicosia a cui abbiamo collaborato anche io e te. Hai sostenuto una tesi che francamente non riesco a comprendere e cioè che l'idea di andare al governo per imporre una transizione verso una società libertaria sia incompatibile con i principi della nonviolenza. Allora ti domando: che cosa significa per te in termini concreti e specifici essere nonviolenti? A tal riguardo hai affermato che l'obiettivo è quello di "far evaporare il potere, chiunque lo abbia in mano". Che cosa intendi esattamente con questo concetto? Con quali strumenti e modalità è possibile a tuo parere "far evaporare il potere"?
Non ho partecipato alla creazione del Manifesto del Partito Libertario, pur vedendolo favorevolmente, da un punto di vista gradualista, verso una società più libertaria di quella attuale. Nonviolenza significa cercare di imporre il meno possibile qualcosa di non voluto agli altri. Il potere politico, per come lo intendiamo oggi, è violenza in sé. Lo Stato è violenza in sé. Non sono contrario all’idea di andare al governo, ma se la intendiamo nel senso di prendere il potere politico, per imporre delle leggi e cercare di farle rispettare, sarò sempre dalla parte del dittatore libertario, se e finché ci sarà, ma temo che il potere corrompa ed il dittatore finirebbe per non essere libertario per nulla. Dobbiamo, quindi, cercare strumenti alternativi allo Stato, per come lo concepiamo oggi e la ricerca di Nicosia, quindi, la trovo molto utile e mi sembra vada nella direzione da me auspicata: la direzione libertaria dell’annientamento del potere inteso come oppressione, come violenza. Ciò che contesto è l’idea che per raggiungere una società libertaria si debba o si possa passare per un’azione anti-libertaria come imporre con la violenza la propria volontà agli altri. Certamente, ripeto, nel caso in cui si presentasse il dittatore libertario, in ogni sua manifestazione possibile, sarei dalla sua parte, ma una volta che si realizza come partito politico al potere, come potremmo scongiurare che il potere non seduca la dirigenza di tale partito? Di libertari vari che giunti al potere sono diventati i peggiori tiranni è piena la storia e noi italiani, ad esempio, abbiamo avuto Crispi e Mussolini, tanto per fare esempi di militanti giovanili di fazioni politiche che perseguivano ideali di “libertà, uguaglianza e fraternità” e che poi al potere hanno fatto esattamente il contrario. Quali strumenti usare, quindi? Quelli della nonviolenza, della noncollaborazione nonviolenta, a partire anche dal biasimo fino ad arrivare ad azioni concrete come la famosa marcia per il sale che organizzò Gandhi. Chiave del potere oggi è il monopolio monetario ed attraverso una moneta geselliana, come ho già accennato nelle puntate precedenti, si potrebbe far evaporare continuamente la rendita fondiaria, così come penalizzare l’inquinamento. Si potrebbero creare associazioni che fanno circolare monete alternative a quella imposta dal potere politico attraverso azioni nonviolente di massa, che implicherebbero, quindi, anche il rifiuto dell’uso dell’attuale moneta.

Sulla questione del diritto d'autore (argomento anch'esso oggetto della scorsa puntata) evidentemente c'è stato un deficit di comunicazione tra me e te. Mi spiego meglio: supponiamo che l'autore originario crei un'opera frutto del suo ingegno e supponiamo che successivamente vengano lanciati sul mercato prodotti e servizi simili all'invenzione originaria. A tuo parere è giusto che l'autore originario oltre ad essere riconosciuto sotto il profilo morale riceva una rendita passiva generata da quelle aziende concorrenti che hanno sfruttato la sua idea originaria? Più in generale e comprendendo la tua antipatia nei confronti dei vocaboli stranieri che d'altronde è anche la mia, qual è esattamente la tua posizione su brevetti, copyright e proprietà intellettuale? Attinente all'argomento del diritto d'autore c'è la controversa questione legata alla pirateria. Cosa ne pensi di quest'ultimo argomento?
È giusto che l’autore di un’opera d’ingegno riceva una rendita, se e nella misura in cui c’è qualcun altro che voglia dargliela ed io sarei tra coloro che si potrebbe autotassare per dargliela. Senza alcuna legge che vieti la “pirateria” essa non esisterebbe, neppure come concetto, se non riferito al passato. Su ogni questione, come su questa questione, penso che dovremmo cercare di capire che se vogliamo tutele, dovremmo autorealizzarle, non batterci affinché ci siano leggi statali che tutelino, perché lo Stato è violenza in sé, in quanto monopolista della forza. Se vogliamo, quindi, una tutela del diritto d’autore, dovremmo creare associazioni che, senza impedire nulla a nessuno, paghino l’autore, attraverso l’autofinanziamento dell’associazione stessa. Chi non vorrà riconoscere tale diritto potrà ovviamente non riconoscerglielo non aderendo all’associazione e non avrà nessuna sanzione usando l’opera di ingegno, magari per realizzare profitti, ma se si diffonde l’idea che chi non riconosce il diritto d’autore è da biasimare, sarà lo stesso mercato a punirlo, diffondendosi la notizia, ad esempio che è un copione che sfrutta le idee altrui senza compensare adeguatamente l’autore dell’idea.

Tornando sempre alla puntata della scorsa settimana hai menzionato la cosiddetta "moneta deperibile". Che cosa intendi esattamente con questa espressione?
Una moneta come l’ha immaginata Silvio Gesell, cioè che perde valore nominale nel tempo. Facendo un esempio, immagina di ricevere una banconota da 100 euro e che se non li spendi entro oggi varranno 99 euro e così via ogni giorno. Che faresti avendo un tale tipo di banconota? Immagino che la useresti al più presto, facendola così circolare e così ognuno che la riceverebbe. La velocità di circolazione della moneta, quindi, sarebbe maggiore, beneficiandone gli scambi e nessuno sarebbe indotto a usarla per tesaurizzare.

Sul CONSENSO SOCIALE in relazione all'utilizzo della terra e di tutte le risorse naturali, come sai, Fabio Massimo Nicosia teorizza l'idea dei Common Trust, organismi societari di diritto comune aventi il compito di valorizzare il capitale comune. Tu, invece, sostieni l'idea che anche il consenso sociale debba essere legato al libero mercato. Francamente faccio fatica a comprendere la tua posizione perché il dubbio che mi pongo è il seguente: i Common Trust nicosiani (lo dice la parola stessa) rappresentano "istituzionalmente" l'intera comunità. Nel tuo caso invece per quale motivo un cittadino proprietario dovrebbe ottenere CONSENSO SOCIALE da un'organizzazione di diritto privato che di fatto rappresenta una piccola parte della comunità?
Sei così certo che Nicosia intenda i Common Trust come rappresentanti dell’intera “comunità”? Da chi sarebbe composta questa “comunità”? Quale anarchia sarebbe mai tale, sarebbe rispettosa della libertà individuale, se l’individuo non può decidere se fare o non fare parte di un’associazione, fosse anche il Common Trust nicosiano? Se crediamo veramente nella “bontà” dell’istituzione che già esiste che rappresenta tutti e che si chiama mercato dovremmo cercare di immettere nel mercato gli elementi che pensiamo vadano immessi. Nella mia idea, dovremmo cercare di creare associazioni che nel libero mercato immettano moneta geselliana che, quando arriva nelle mani di colui che si impossessa delle risorse naturali, passa ad un tasso di deperimento maggiore di quando è nelle mani di chi non se ne impossessa. Si può pensare anche ad un tasso di crescita del valore monetario (anche partendo da un valore nullo) per certe categorie di persone: come ad esempio chi si occupa dei minori, non avendo modo di lavorare per sostentarsi, o come i disabili. Per queste categorie ci sarebbe così una moneta antigeselliana e così non ci sarebbe neppure bisogno di un’autorità monetaria che stabilisca a priori la quantità di moneta che dovrà essere in circolazione.

Arriviamo alla domanda più filosofica: Nicosia sostiene che la Terra sia res communis, che in buona sostanza significa che la Terra appartenga a tutti gli uomini. Tu invece sostieni che siamo noi esseri umani che apparteniamo alla Terra. Quasi sono le principali differenze dottrinali tra le due teorie? Soprattutto quali implicazioni di natura pratica comporta la tua tesi?
La mia idea mi sembra innanzitutto che ci ridimensioni nelle nostre pretese antropocentriche. Sono innamorato dell’umanità e credo che non esista cosa più interessante ed affascinante dell’umanità o, meglio, di tutte le varietà di individui che appartengono all’umanità, ma, per quanto importanti siamo, in quanto umani, siamo ospiti della Terra e non possiamo vivere se non traendo da essa ciò che ci serve ed in qualsiasi momento possiamo anche perire per catastrofi naturali, almeno da un punto di vista biologico. Da un punto di vista pratico, quindi, non potendo vantare alcun titolo di proprietà sulla Terra, non ha neppure senso parlare di utile universale. Ognuno il suo utile deve andarselo a cercare sul mercato, attraverso il consenso altrui, perché il mercato è il luogo ideale del consenso. Ci dovremmo battere affinché nel mercato ci siano preferenze tali da dare utile a categorie come quelle di cui parlavo prima che possano avere utile anche senza lavorare, ma questo si potrà benissimo avere senza pensare ad utili universali. Ci potrebbero essere, come ho affermato sopra, associazioni che permettono ai loro soci invalidi di ricevere moneta che nelle loro mani diventa “antigeselliana”, cioè che frutta invece che deperire, anche partendo da un valore nominale pari a zero, per chi è nullatenente.

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