giovedì 8 settembre 2011

Il matrimonio omosessuale nel nostro ordinamento giuridico

Recentemente la Corte Costituzionale ha emesso sentenza (sentenza n. 138 del 2010) in cui ha dichiarato che le norme attuali sul matrimonio che precludono lo stesso alle coppie omosessuali non sono anticostituzionali. Giudicare non incostituzionale l'esclusione dei matrimoni omosessuali (che non è esplicita in nessun testo di legge) non significa che estendere per legge ordinaria il matrimonio alle coppie omosessuali sia incostituzionale. Anche affermare che l'eventuale tutela sia nell'ambito dell'articolo 2 della Costituzione non esclude che tale eventuale tutela venga stabilita estendendo il matrimonio alle coppie omosessuali. Ciò nulla toglie alla peculiarità dei matrimoni di coppie eterosessuali sposate e fertili come nulla toglie alle coppie eterosessuali sposate e non fertili. La corte, quindi, ha affermato che l'esclusione degli omosessuali non è incostituzionale e che il parlamento può tutelare come meglio crede le coppie omosessuali non affermando esplicitamente che tale tutela possa anche avvenire attraverso l'estensione del matrimonio alle coppie omosessuali, ma neppure negandolo (tanto è vero che cita pure ordinamenti legislativi a noi non distanti in cui si è scelta tale via per tutelare quella particolare formazione sociale ex articolo 2 della nostra Costituzione che è la coppia omosessuale).
La sentenza è semplicemente sbagliata sia in termini giuridici che in termini etici, poiché l'articolo 3 della Costituzione è esplicito e chiaro mentre il divieto di matrimoni omosessuali semplicemente non esiste nel testo e nella ratio delle leggi sul matrimonio del nostro ordinamento. Affermando che quando fu scritta la norma non si pensava alle coppie omosessuali la corte si permette di introdurre nel nostro ordinamento una norma che non esiste né nel senso letterale del testo né il alcun altro senso se non in nome di qualcosa per lo meno opinabile: ciò che pensava il legislatore all'epoca in cui emanò la norma. Neppure la Costituzione, ribadisco, dà una definizione di famiglia, così che qualsiasi famiglia, anche quella dei miei tre zii scapoli che hanno convissuto tutta la loro vita insieme nella stessa casa, abbia la stessa dignità di una famiglia composta da una coppia sposata con figli o di una coppia sposata senza figli e per coppia intendo sia omosessuale che eterosessuale. Proprio per evitare qualsiasi discriminazione ingiustificata e tutelare al meglio la famiglia fondata sul matrimonio come società naturale (usando i termini della nostra Costituzione) abolirei tutte le norme che riguardano il matrimonio ferma restando la tutela giuridica nei confronti dei minori.

32 commenti:

Luigi ha detto...

La Costituzione italiana non parla genericamente di famiglia, ma di famiglia «come società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29). Benché si possa disquisire su ciò che l'espressione «società naturale» significhi esattamente, pochi dubbi possono esserci su ciò che l'assemblea costituente intendesse nel lontano 1946 con la parola «matrimonio», dal momento che con quella parola non poteva intende altro che ciò che la legislazione italiana intendeva allora con quella parola, al cui significato apparteneva l'esclusione delle relazioni omosessuali.

Ora, è possibile che «matrimonio» cominci a denotare qualcosa di diverso da ciò che denotava nel 1946, per esempio è possibile che denoti qualcosa che includa le relazioni omosessuali. Ecco allora il problema: i diritti che gli artt. 29, 30, 31 prevedono per il matrimonio si estendono automaticamente alla nuova realtà denotata? La cosa sembra molto controversa.
Faccio un esempio, il primo che mi viene in mente. Immaginiamo che un articolo di una immaginaria costituzione scritta nel 1946 preveda il diritto per ogni minorenne, intendendo con «minorenne» un soggetto dai 0 ai 3 anni di età, all'allattamento; se poi con «minorenne» si comincia a intendere una realtà diversa, poniamo un soggetto dai 0 ai 18 anni di età, ne dovremmo concludere che nonostante questo slittamento semantico, l'articolo sancisce il diritto all'allattamento anche per i diciottenni?

Massimo Messina ha detto...

Sì, secondo me è proprio così e solo l'intervento del legislatore può evitare che chi ha più di tre anni possa pretendere l'allattamento, emandando apposita legge che escluda esplicitamente l'allattamento oltre tale età. D'altronde gli eschimesi allattavano fino alla pubertà ed anche oltre.

Luigi ha detto...

L'apposita legge sarebbe anticostituzionale però, dal momento che la costituzione garantirebbe il diritto ai diciottenni all'allattamento, quella legge lo negherebbe.

Massimo Messina ha detto...

Certo, se fosse emanata tramite l'iter ordinario e non quello di legge costituzionale.

Luigi ha detto...

Se ho capito bene, secondo te l'articolo 29 della Costituzione italiana (per esempio) avrebbe questa forma:

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio [cioè su quella realtà che la parola «matrimonio» si troverà di volta in volta a denotare (in ambito giuridico)].

Il problema con questo tipo di impostazione è che la prescrizione dell'articolo verrebbe a variare al variare della definizione giuridica di matrimonio mediante legge ordinaria (per ipotesi). In estrema sintesi, sarebbe possibile variare una prescrizione costituzionale (se i termini cominciano a denotare cose diverse, allora il contenuto della prescrizione varia incontestabilmente) senza ricorrere al metodo che la costituzione stessa prevede allo scopo di cambiare sé stessa. Cioè, secondo quanto tu affermi, sarebbe legittimo cambiare un articolo costituzionale in modo anticostituzionale.

Massimo Messina ha detto...

Luigi, secondo me l'articolo 29 della Costituzione ha questa forma:

"La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare."

Siccome il legislatore costituzionale non ha definito il matrimonio il legislatore ordinario ha sì il potere di definire che intende per matrimonio, ma nell'ambito di quelli che sono i principi della carta costituzionale stessa. Se il legislatore costituzionale volesse affermare altri principi (negandone altri suoi propri quali l'uguaglianza e la laicità) dovrebbe farlo attraverso iter previsto dalla stessa Costituzione per una sua riforma (a dirla tutta ci sono costituzionalisti che affermano che un tale tipo di riforma sarebbe illegale). Il legislatore ordinario non si può permettere di definire a suo piacere cosa sia il matrimonio se non nei limiti costituzionali, poiché se escludesse i matrimoni omosessuali lederebbe l'articolo 3. L'unica via legislativa per escludere tali matrimoni è la riforma costituzionale. Il problema di fondo è che in Italia non si applicano le leggi ed famoso "giudice a Berlino" se c'è non sembra abbia avuto peso nella decisione della Corte Costituzionale.

Luigi ha detto...

Se da un lato è indubbiamente vero che il legislatore costituzionale non definisce il matrimonio (come non definisce che cosa è uomo), d'altra parte è pure vero che non rinvia al legislatore ordinario per definirlo; in altri termini, non dice che per matrimonio debba intendersi ciò che la legge ordinaria intende per matrimonio: molto più semplicemente indica il matrimonio rigidamente. Questo significa che qualora, estremizzando un po' l'ipotesi, la parola «matrimonio» venisse a denotare in ambito giuridico gli unicorni, l'articolo 29 continuerebbe ciononostante a riguardare quella realtà che «matrimonio» denotava nel tempo e nel luogo di emanazione della costituzione. Come in ogni genere di testo, la chiarezza e preferibile alla ambiguità, e dunque è preferibile che nelle etichettature il legislatore adotti una accortezza tale da evitare ambiguità, evitando per esempio che una stessa parola denoti cose diverse. Per questa strada rispondo alla domanda che mi hai posto per chat, se cioè non ci si precluda, con questo mio modo di pensare, la possibilità di estendere il matrimonio alle coppie gay mediante legge ordinaria (come probabilmente avviene altrove). La mia risposta è no. Non è preclusa questa eventualità, ma dal momento che in costituzione «matrimonio» denota una realtà diversa da quella che la stessa parola denoterebbe per il legislatore ordinario, dovrebbe essere considerato opportuno, ai fini della chiarezza dell'ordinamento giuridico nel suo insieme, chiamare il matrimonio gay con altri nomi (in Italia c'è stata la proposta dei DICO, se ti ricordi).

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,

grazie per la tua risposta. Secondo me la nostra Costituzione non indica il matrimonio rigidamente. Quali elementi ti fanno pensare che lo faccia? Se l'Assemblea costituente voleva evitare ambiguità, avrebbe potuto dare un definizione di matrimonio, così come il Parlamento può fare per legge costituzionale.

Articolo 32 della Costituzione Spagnola (del 1978) al primo comma recita: "L’uomo e la donna hanno il diritto di contrarre matrimonio in piena uguaglianza giuridica."

Anche qui non abbiamo definizione di matrimonio, ma esplicitamente si parla di "uomo" e "donna" e tutto l'ordinamento giuridico spagnolo nel 1978 sembra intendesse per matrimonio ciò che qui si intendeva nel 1948, quando entrò in vigore la nostra Costituzione repubblicana, ovvero la stessa definizione che possiamo ancora trovare in dizionari come il Sabatini Coletti: "Unione tra un uomo e una donna ufficialmente sancita davanti a un ufficiale dello stato civile o a un ministro del culto".

Nonostante ciò gli spagnoli non hanno avuto alcuna necessità di modificare la costituzione né di usare altri termini per estendere il matrimonio alle coppie omosessuali. Hanno semplicemente modificato l’articolo 44 del loro codice civile. Prima della riforma esso diceva: «L’uomo e la donna hanno diritto di contrarre matrimonio in conformità alla disposizioni di questo codice». E' stato aggiunto un secondo comma: «Il matrimonio avrà gli stessi requisiti e gli stessi effetti quando entrambi i coniugi siano dello stesso sesso».

Luigi ha detto...

Non posso esprimermi sul caso spagnolo dal momento che non conosco la costituzione spagnola. Penso però di poter dire che relativamente all'articolo della costituzione spagnola da te citato, solo relativamente a questo, l'estensione del matrimonio alle coppie gay sembra non produrre nessun conflitto, per due ragioni: la prima, non dice qualcosa di contrario all'articolo costituzionale spagnolo; la seconda, non lo modifica nel contenuto. Nel caso italiano, l'estensione del matrimonio alle coppie gay sarebbe anticostituzionale almeno nel senso che modificherebbe i principi costituzionali con metodi non costituzionali, cioè via legge ordinaria, e non già come prevede la costituzione.

Detto questo, desidero anche aggiungere che la costituzione italiana non preclude la possibilità di istituire cornici giuridiche per le coppie gay o per convivenze poligamiche (almeno nella misura in cui queste ultime si ritenessero non violare altri principi costituzionali). Se si ritiene opportuno, tali quadri giuridici possono essere proposti. Ciò che dal mio punto di vista risulta indispensabile al fine della chiarezza nel nostro ordinamento giuridico nel suo insieme è che a tali eventuali quadri giuridici non si dia il nome di «matrimonio», dal momento che questa stessa parola in costituzione ha diversa denotazione. Infatti ciò avrebbe l'effetto di estendere l'interesse che la costituzione italiana manifesta per le famiglie eterosessuali anche a quelle omosessuali. Se vogliamo che la costituzione dica questo, la strada più lineare e intellettualmente onesta è una riforma costituzionale.

Anonimo ha detto...

Per capirne di credo che bisognerebbe vedere questi video:

http://www.youtube.com/watch?v=YJBjzlWhCGg

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
perché permettere ad una coppia omosessuale di sposarsi in base alle leggi attualmente esistenti in Italia sarebbe contrario all'articolo 29 della Costituzione repubblicana? Qual è il principio o quali sono i principi ivi contenuti (o contenuti in altri articoli costituzionali) che verrebbero lesi? Qual è la denotazione che ha in Costituzione la parola "matrimonio"? Denota il matrimonio eterosessuale? E dove sarebbe esplicitato? E perché secondo te lo denoterebbe in via esclusiva?

Anonimo,
simpatico il video che ci hai proposto, ma perché non ti firmi? Sei per caso omosessuale ed hai paura di esporti perché in Italia spesso i froci vengono picchiati solo perché amano persone dello stesso sesso?
Qui infatti si discute di matrimonio omosessuale e ci scherziamo pure giustamente e gioiosamente su, ma c'è chi viene picchiato solo perché va in giro con la mano nella mano con chi ama e questo ci fa capire qual è il livello di inciviltà della società in cui viviamo.

Luigi ha detto...

«perché permettere ad una coppia omosessuale di sposarsi in base alle leggi attualmente esistenti in Italia sarebbe contrario all'articolo 29 della Costituzione repubblicana?»

Non ho mai affermato questo. Ho invece affermato che le famiglie di cui parla la Costituzione e su cui intende esprire un atteggiamento di particolare attenzione e tutela sono le famiglie eterosessuali, a cui si riferisce citando un dato ordinamento giuridico (il «matrimonio») che si applica alle coppie eterosessuali, come testimonia il fatto che da quando il matrimonio esiste in Italia non è mai stato applicato a una sola coppia gay (contro le milioni di coppie etero), come testimonia il fatto che nella parola «matrimonio» c'è la parola «madre», la quale implica un riferimento al sesso femminile e alla procreazione, come testimonia il fatto che il nostro diritto di famiglia parla di paternità e maternità caratterizzando la coppia anche da un punto di vista sessuale. La tua pretesa di trovare scritto nel nostro ordinamento che il matrimonio si applica a coppie composte da un maschio e una femmina e solo a queste è incomprensibile, dal momento che si dovrebbe poi pretendere anche che il nostro ordinamento si esprima anche su ciò che debba essere inteso per «maschio» e per «femmina», magari prevedendo la possibilità che qualcuno si dichiari femmina, perché sente di esserlo e benché abbia genitali maschili e invochi la necessità che il codice si esprima anche su ciò che intende per «femmina» e «maschio». E se il codice esprimerà che «maschio» è chi ha genitali maschili, si invocherà allora la necessità che il codice precisi che cosa intenda per «avere genitali maschili», perché qualcuno potrebbe avanzare l'idea che per avere genitali maschili sia sufficiente acquistare qualche particolare aggeggio in qualche sexy shop.

Tuttavia non può non essere vero che le leggi cambiano e che il matrimonio possa essere esteso anche alle coppie gay. La Costituzione non vieta in particolare che per legge ordinaria il matrimonio venga esteso alle coppie gay, vieta in generale di modificare la costituzione per via ordinaria. Estendere il matrimonio alle coppie gay è anticostituzionale non perché l'art. 29 lo vieta, ma perché produce un sostanziale cambiamento nei principi Costituzionali. Se si desiderano tali cambiamenti (se cioè si desidera che la Costituzione italiana esprima un particolare interesse anche per altri tipi di famiglia), allora si cambi la Costituzione. Se invece si desidera soltanto che le coppie gay possano accedere a un riconoscimento giuridico, allora, per evitare una invasione di campo in ambito costituzionale, si chiami un tale riconosciemento giuridico con nomi diversi da quello di «matrimonio».

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
perché "le famiglie di cui parla la Costituzione" secondo te "sono le famiglie eterosessuali"? Il fatto che fino ad oggi il matrimonio sia stato applicato in Italia solo alle coppie eterosessuali non implica che esso non possa essere applicato ad una coppia omosessuale. La questione è ormai stata posta e la Corte Costituzionale si è espressa, ma non ha e non avrebbe mai potuto affermare una tale castroneria giuridica. Se in Italia dal dopoguerra in poi nessuna donna avesse votato e poi qualcuna si fosse presentata ad un seggio per votare ad una tornata elettorale secondo te il presidente del seggio avrebbe avuto ragione ad impedirle di esprimere il suo voto con la motivazione che nessuna l'aveva mai fatto prima?
Sulla questione terminologica sai già che sono sensibile a quest'argomentazione ed anche giuridicamente trovo che abbia un certo peso, ma non tale da impedire che venga applicato anche in questo ambito l'articolo 3 della carta costituzionale che implica che non vengano fatte discriminazioni. La paternità e la maternità (in atto o potenziali), comunque, non implicano necessariamente il matrimonio. Riguardo il paragone che fai circa l'essere maschio o femmina è un paragone semplicemente ridicolo. Mentre adesso per matrimonio comunemente si intende sia quello eterosessuale che quello omosessuale nessuno mi sembra rivendichi il diritto di cambiare sesso giuridicamente senza aver cambiato sesso fisicamente. La legge regola comportamenti sociali e se il fenomeno non è rilevante o è addirittura inesistente allora la legge di certo non se ne occuperà.
Scrivi che "La Costituzione non vieta in particolare che per legge ordinaria il matrimonio venga esteso alle coppie gay", ma puntualizzi che essa "vieta in generale di modificare la costituzione per via ordinaria". Concordo. Però poi scrivi che "Estendere il matrimonio alle coppie gay è anticostituzionale [...] perché produce un sostanziale cambiamento nei principi Costituzionali". Quali principi vengono cambiati?

Luigi ha detto...

Secondo me le famiglie di cui parla la costituzione sono le famiglie eterosessuali perché è la costituzione stessa a dirlo, citando esplicitamente il matrimonio quale discrimen tra ciò che essa intende per famiglia e ciò che non deve essere inteso per famiglia. Per la costituzione italiana pertanto le famiglie relativamente alle quali intende esprimere un atteggiamento di riguardo sono quelle realtà sociali che possono accedere all'istituto matrimoniale. È probabile anche che fino agli anni ottanta il matrimonio in Italia non venisse applicato alle coppie di colore, questo non vuol dire che si applica solo alle coppie bianche. È anche probabile che ci si sposasse con l'abito bianco fino a un certo periodo, ma questo non vuol dire che il matrimonio si applica solo alle coppie bianche o alle spose con abito bianco. Non vuol dire questo perché l'essere bianco e indossare abiti bianchi non sono proprietà pertinenti. Supponiamo di ordinare a un bambino di 6, 7 anni – chiamiamolo Massimino, per comodità – di raccogliere tutte le bottiglie che trova sparse in un appartamento molto ricco di oggetti di ogni tipo. Alla fine della raccolta, vuotiamo il sacco di Massimino e constatiamo che ci sono solo bottiglie di colore rosso, giallo, grigio (infatti non c'erano bottiglie di altro colore nell'appartamento). Il fatto che lui abbia raccolto un tipo di oggetti e non altri testimonia che Massimino intende per “bottiglia” quel genere di cose che ha raccolto. La probabilità che, ripetendo il gioco, Massimino raccolga cellulari è molto più bassa della probabilità che raccolga anche le bottiglie verdi (benché in precedenza abbia raccolto solo bottiglie di altro colore). Questo perché semplicemente il colore non è pertinente! Non c'è dubbio che per capire il significato delle parole dobbiamo vedere cosa fanno le persone con quelle parole. Ciò vale anche per i testi giuridici. Per capire a quali casi si applica una legge non possiamo prescindere dalla giurisprudenza.

Tuttavia ci sono ragioni più forti per sostenere che il matrimonio italiano si applica esclusivamente alle coppie etero – evidentemente su queste altre ragioni intendi non discutere (capisco il perché); questo è il riferimento alla maternità e alla paternità all'interno del diritto di famiglia. Tale riferimento caratterizza inequivocabilmente dal punto di vista sessuale i soggetti che contraggono il matrimonio, trattandosi di soggetti uno dei quali è possibile che diventi madre, l'altro padre. Certo che il mio esempio è ridicolo, è volutamente ridicolo. Infatti ciò che ridicolizza è appunto l'idea – la tua, non la mia !!! - che si possa cambiare – cito le tue stesse parole – giuridicamente sesso senza averlo cambiato fisicamente: infatti, non si può diventare giuridicamente madri senza diventarlo prima fisicamente!!!!

Luigi ha detto...

Solo adesso mi rendo conto di non aver risposto all'ultima tua domanda o di non averlo fatto in maniera chiara nei miei precedenti commenti. Secondo me, "estendere il matrimonio alle coppie gay è anticostituzionale [...] perché produce un sostanziale cambiamento nei principi Costituzionali". Tu domandi: “quali principi vengono cambiati?”.

Ti rispondo con un esempio. Supponiamo che il fattore di una fattoria prescriva di mettere (di nascosto, perché sarebbe di fatto vietato) una certa percentuale di zucchero nel mosto al fine di aumentare la gradazione del vino che si produce. Naturalmente (per ipotesi) non ci sono equivoci e tutti sanno che cos'è lo zucchero, come tutti sanno che non tutti i dolcificanti sono zucchero. Poi aggiunge: questi ordini sono primari e per modificarli occorre che si faccia una riunione generale con il proprietario della fattoria e tutti i contadini, si proceda a votazione etc. Nelle loro mansioni quotidiane i contadini prendono un sacco di decisioni senza consultare né il fattore né il proprietario. Per esempio decidono dove comprare lo zucchero (ovviamente nei supermercati più convenienti) etc. Supponiamo che il più intraprendente dei contadini – chiamiamolo Massimo –, dopo una piccola riunione con gli altri, conclusasi con verdetto unanime, consegnando la lista della spesa al magazziniere, gli precisi che, in seguito a quella riunione, la voce “zucchero” è ora estesa a tutti i dolcificanti.

Il prodotto finale naturalmente è imbevibile e Massimo è chiamato a renderne conto. Come si difenderà Massimo? Immagino che la sua linea difensiva sarà questa: “non capisco cosa ho fatto di male! io ho semplicemente esteso la la “parola” zucchero a tutti i dolcificanti e facendo questo non ho trasgredito a nessun ordine primario; tra l'altro io ho fatto regolare riunione, tutti lo possono testimoniare!”

è pur vero che nel prendere quella decisione Massimo non ha trasgredito all'ordine di mettere lo zucchero del mosto, ma ha trasgredito all'ordine di modificare gli ordini primari consultando il proprietario e il fattore. Ha modificato gli ordini primari perché in seguito alla sua decisione essi dicono altro da ciò che originariamente dicevano. Lo testimonia il fatto che il risultato finale, il vino, è diverso: è imbevibile!

Ora, l'articolo 29 della costituzione non vieta di estendere il matrimonio alle coppie gay (nessun altro articolo costituzionale, per quanto io ne sappia, fa questo), tuttavia una simile estensione comporterebbe una sostanziale modifica degli articoli costituzionali in cui ci si riferisce a quelle società naturali fondate sul matrimonio. Modifica che è illegittima nella misura in cui non segue l'iter previsto dalla costituzione stessa al fine di modificare sé stessa.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
"famiglie eterosessuali"? Oggi inizia il censimento. La definizione di famiglia ai suoi fini è "persone che vivono insieme e sono legate fra loro da vincoli di matrimonio, parentela, adozione, o affettivi" (http://www3.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20041027_00/).
Riguardo la giurisprudenza, poi, ci sono sentenze di condanna per "maltrattamenti in famiglia" applicate a maltrattamenti verso dipendenti di imprese a conduzione familiare. Ciò vale anche quando l'impresa familiare è composta da padre (che magari non si è mai sposato e non ne ha neppure avuto mai intenzione), figli ed un dipendente, per esempio. E' famiglia "eterosessuale"? La coppia eterosessuale può comporre da sola o insieme ad altri soggetti una famiglia e non credo si possano distinguere le famiglie in omosessuali o eterosessuali, a meno che non si intenda famiglia "composta da persone dello stesso sesso" contrapposta a quella "composta da almeno un individuo di sesso diverso rispetto all'altro o agli altri componenti della famiglia". La Costituzione fa tale distinzione? Ha essa rilievo?
Scrivi: "Per la costituzione italiana pertanto le famiglie relativamente alle quali intende esprimere un atteggiamento di riguardo sono quelle realtà sociali che possono accedere all'istituto matrimoniale". Quali sarebbero "quelle che possono accedere" non lo dice né la Costituzione né altra legge. Perché allora escludere le coppie omosessuali?
Perché essere coppia "di colore" o coppia di bianchi è irrilevante per sposarsi, ma essere coppia di froci è così rilevante da essere esclusi? Da che testo di legge deriva?
Sull'esempio del bambino: per i bambini l'idea che una coppia omosessuale si sposi è naturale.
In Italia per "capire a quali casi si applica una legge" dobbiamo proprio "prescindere dalla giurisprudenza". Studiarla ci aiuta nell'interpretazione della legge, ma il precedente non è vincolante!
C'entrano la maternità e la paternità con il fatto che il matrimonio non possa essere applicato (con le leggi attuali) alle coppie eterosessuali? A che testi di legge ti riferisci? Scrivi che "Tale riferimento caratterizza inequivocabilmente dal punto di vista sessuale i soggetti che contraggono il matrimonio, trattandosi di soggetti uno dei quali è possibile che diventi madre, l'altro padre." Se due ottantenni vogliono sposarsi dobbiamo vietarlo in base a una misteriosa legge che permette il matrimonio solo a "soggetti uno dei quali è possibile che diventi madre, l'altro padre"? Il requisito prevede la genitorialità potenziale congiunta per potersi sposare? Gli sterili non possono sposarsi? Possono sposarsi perché potrebbero essere curati? E fino a che età possiamo considerlarli potenzialmente genitori? Teniamo conto o no della menopausa? Dei cambiamenti di sesso?
A proposito di cambiamento di sesso ho scritto che "nessuno mi sembra rivendichi il diritto di cambiare sesso giuridicamente senza aver cambiato sesso fisicamente"! Non travisare le mie parole.
Adottando "si può diventare giuridicamente madri senza diventarlo prima fisicamente".
Continuo a non comprendere perché permettere alle coppie omosessuali "comporterebbe una sostanziale modifica degli articoli costituzionali in cui ci si riferisce a quelle società naturali fondate sul matrimonio". Dov'è la modifica sostanziale? Spiegalo senza esempi non pertinenti. Ai fini del censimento così come nella mentalità comune sono famiglie le coppie omosessuali mentre la Costituzione avrebbe ha un'altra idea di famiglia e di matrimonio? A me, pare, invece, che la modifica sostaziale alle norme costituzionali la fanno coloro che impediscono alle coppie omosessuali di sposarsi inventando norme che non esistono nell'ordinamento giuridico!

Luigi ha detto...

Cercherò di rispondere puntualmente. Quanto alla pluralità del significato di “famiglia”, non posso che essere d'accordo. Proprio perché il termine è equivoco o comunque plurale, proprio per questo la Costituzione ha voluto precisare che essa è specialmente interessata a un certo tipo di famiglia, quelle famiglie che si presentano come società naturali fondate sul matrimonio. Il riferimento alla paternità e maternità all'interno del diritto di famiglia non preclude ad una coppia sterile di sposarsi. Non avrebbe molto senso. Il punto è che trattando dei casi di genitorialità in generale si fa riferimento ad una figura paterna e a una materna. Tale riferimento è importante in quanto caratterizza dal punto di vista sessuale la coppia che contrae matrimonio. Che ci sia questa caratterizzazione lo si capisce se consideriamo che all'interno del nostro ordinamento giuridico la maternità è una condizione biologica attestabile con certificato medico. Nessun maschio, per esempio, potrebbe chiedere in ambito lavorativo di godere dei diritti legati alla maternità, semplicemente perché non sarebbe in grado di esibire un certificato medico pertinente. Anche includendo i casi di maternità adottiva, per il nostro ordinamento giuridico nessuno può essere riconosciuto come madre se non ha sesso femminile. Se il matrimonio fosse pensato come istituto accessibile anche a coppie dello stesso sesso, non si parlerebbe di paternità e maternità (visto che tali termini hanno all'interno del nostro ordinamento giuridico un significato sessuale esplicito) relativamente ai casi di genitorialità in generale (astratta). Ma se ne parla, dunque il matrimonio non è un istituto accessibile anche a coppie dello stesso sesso, ma solo a coppie di sesso opposto; a coppie cioè che nei casi di genitorialità in generale risultino costituite da una figura paterna e una materna.

Luigi ha detto...

Per rispondere all'ultima tua domanda: se noi estendessimo per legge ordinaria il matrimonio anche alle coppie gay, per esempio modificando il nostro diritto di famiglia in modo tale che si parli di genitore1 e genitore2, invece che di padre e madre, precisando che i soggetti possono essere dello stesso sesso (seguendo l'esempio spagnolo), o come altrimenti si voglia fare, modificheremmo i contenuti degli articoli costituzionali in cui si fa riferimento alle famiglie fondate sul matrimonio, e questo sarebbe anticostituzionale non perché una tale estensione lo sia, ma perché in generale la costituzione prevede che i cambiamenti costituzionali siano perseguiti con metodi costituzionali.

Sara Acireale ha detto...

Siamo nel 2011 ma,ancora oggi, i matrimoni omosessuali incutono paura nel nostro paese. La nuova legge spagnola consente agli omosessuali di sposarsi e anche di potere adottare dei bambini.
L'omofobia italiana si è scatenata con furore a incominciare dal clero per finire ai politici di destra, centro e sinistra (tranne poche eccezioni).Personalmente sono favorevole al matrimonio tra gay.Non vedo il motivo perché a loro deve essere negata un'unione stabile e sancita dalla legge, se lo desiderano.

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,
grazie per la tua risposta. Scrivi che "la Costituzione ha voluto precisare che essa è specialmente interessata a un certo tipo di famiglia, quelle famiglie che si presentano come società naturali fondate sul matrimonio". La tua è un'interpretazione dell'articolo 29 ed in quanto tale è legittima, ma non è la mia interpretazione. Ai miei occhi la Costituzione rivolge la sua attenzione a tutte le famiglie in quanto ognuna di esse è "società naturale fondata sul matrimonio".
Se il "riferimento alla paternità e maternità all'interno del diritto di famiglia non preclude ad una coppia sterile di sposarsi" perché dovrebbe impedirlo alle coppie omosessuali? Quale sarebbe il senso?
La caratterizzazione sessuale all'interno della coppia vale quando la coppia è eterossessuale e non varrà quando è omosessuale. La genitorialità non è condizione necessaria affinché vi sia matrimonio ed il matrimonio non lo è affinché vi sia genitorialità.
Quali sono "i contenuti degli articoli costituzionali in cui si fa riferimento alle famiglie fondate sul matrimonio" che verrebbero modificati permettendo alle coppie omosessuali di sposarsi?

Mamma,
grazie per il tuo commento.

Luigi ha detto...

Caro Massimo, prego. Il riferimento alla maternità e alla paternità nei contesti in cui si tratta in astratto – come si impone alle leggi – di genitorialità nell'ambito del matrimonio (ma il discorso va esteso anche ad altri contesti legislativi relative alle adozioni, per fare qualche esempio) non preclude alle coppie sterili di contrarre matrimonio perché un tale divieto non esiste nel nostro codice. Non c'è una norma che impone ai coniugi di avere figli. Il punto è che nei casi in cui il marito e la moglie hanno dei figli (naturali o adottivi), il nostro ordinamento giuridico fa riferimento a tali casi astratti riferendosi ad una figura materna e ad una paterna (le cose naturalmente si complicano nei casi dei figli adottivi). Se la coppia contraente matrimonio fosse pensata anche come coppia omosessuale, non sarebbe legittimo parlare di maternità e paternità relativamente ai casi di genitorialità possibile, dal momento che in tal modo la legge perderebbe la sua natura astratta, che imporrebbe di parlare di genitori in generale, proprio al fine di poter prevedere i casi di genitorialità non caratterizzati dalla sessualità duale dei coniugi. È lo stesso ragionamento che siamo obbligati ad applicare all'art. 107 del codice in cui è esplicitamente affermato che relativamente alla forma di celebrazione del matrimonio, l'ufficiale dello stato civile riceve “la dichiarazione che esse [le parti che contraggono matrimonio] si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie”. Anche in questo caso il punto è che se il matrimonio fosse aperto alle coppie dello stesso stesso, l'astrattezza della legge – che siamo comunque obbligati a postulare – imporrebbe di evitare di parlare di marito e di moglie, dal momento che in tal modo tutti i casi possibili contemplati dalle norme si riducono ai casi in cui i contraenti sono di sesso opposto. Infatti, non ci possono essere equivoci sulla valenza sessuale di quei termini: la parola “moglie” deriva dalla parola latina muier (muieris), che significa femmina (da cui anche il nostro aggettivo muliebre); “marito” deriva da mas (maris), che significa per l'appunto maschio. Ad una dualità sessuale si fa riferimento anche negli artt. 108 e 143. Il 143bis tratta del cognome della moglie. L'art. 89 recita: “Non può contrarre matrimonio la DONNA, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio”. Ci sono ulteriori norme del codice relative al cognome dei figli e alla possibilità per la madre di mantenerlo in casi di divorzio. Ora, il punto fondamentale è che tali norme sono generali e astratte è che nella loro astrettezza e generalità contemplano una figura maschile e una femminile. Sono pertanto norme che possono trovare quel tipo di applicazione.

La sentenza da te citata nel tuo post scrive esplicitamente che la costituzione non vieta che il parlamento per legge ordinaria estenda il matrimonio alle coppie gay. Io sono molto d'accordo. Trovo tuttavia plausibile una osservazione filosofica relativa ad alcuni cambiamenti costituzionali che sarebbero implicitamente apportati alla costituzione se ciò venisse fatto e che ho ampiamente presentato in tutti i precedenti commenti e che qui posso brevemente riassumere dicendo che se all'interno di un ordine o di un principio cambiamo il significato dei termini, l'ordine stesso risulta mutato. Io non sostengo, propriamente parlando, che se il parlamento estendesse il matrimonio alle coppie gay ciò sarebbe una violazione costituzionale. Sostengo invece che DOVREMMO considerarla tale. Mi piacerebbe avere al riguardo il parere di una giurista sulla plausibilità giuridica della mia osservazione filosofica.

Luigi ha detto...

errata: muier muieris; corrige: mulier, mulieris

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,
parafrasandoti... il riferimento alla maternità e alla paternità nei contesti in cui si tratta in astratto – come si impone alle leggi – di genitorialità nell'ambito del matrimonio (ma il discorso va esteso anche ad altri contesti legislativi relative alle adozioni, per fare qualche esempio) non preclude alle coppie omosessuali di contrarre matrimonio perché un tale divieto non esiste nel nostro codice... come non eisiste in nessun altra legge e come non esiste nella nostra Costituzione.
La coppia contraente matrimonio può benissimo essere pensata anche come coppia omosessuale, ma ogni qual volta nella legge si parla di maternità e paternità quelle norme (e solo quelle) andranno ad applicarsi alle coppie eterosessuali non intaccando per questo per nulla la generalità e l'astrattezza che hanno tali norme. La genitorialità delle coppie eterosessuali sposate, che sia naturale o adottiva è altra questione rispetto al precludere il matrimonio alle coppie omosessuali.
Riguardo l'articolo 107 del codice mi sembra si possa porre la questione della sua legittimità costituzionale. Inferire da un'espressione di un testo di legge relativo alla procedura del matrimonio (caratterizzato tra l'altro da dubbia costituzionalità) che vi sia un divieto nel nostro ordinamento di sposare le coppie omosessuali mi sembra sia un modo sbagliato di applicare la legge, poiché si producono norme piuttosto che applicarle. La norma prodotta, poi, secondo me sarebbe addirittura incostituzionale.
Sugli articoli 108 e 143 ovviamente vale lo stesso principio. Sugli articoli 89 e 143-bis affermo che sono palesemente incostituzionali. Sono norme di altre epoche che non hanno più ragion d'essere e sono, ribadisco, incostituzionali ai miei occhi.
Interpretare un'espressione o un termine di una legge in maniera diversa non fa cambiare la legge bensì la sua interpretazione. Che un'interpretazione sia legittima o meno è altra questione. Nel caso qui in discussione, dato che non esistono norme di ordine superiore alle norme costituzionali, solo una norma costituzionale esplicita potrebbe affermare che il matrimonio è ammesso in via esclusiva alle coppie eterosessuali. Allo stato attuale, invece, prevale, a mio modesto avviso, il principio di eguaglianza presente nell'articolo 3 della Costituzione e quindi non possiamo interpretare l'articolo 29 come se si riferisse solo alle coppie eterosessuali e tutte lo norme di rango inferiore vanno adeguate alle norme costituzionali pena, appunto, la loro legittimità costituzionale.

Luigi ha detto...

Caro Massimo, il tuo ultimo commento è in larghissima parte incomprensibile e contraddittorio. Comincio con il farti notare che se noi applicassimo le leggi in cui sono coinvolte la maternità e la paternità solo alle coppie eterosessuali – come tu suggerisci – si creerebbero all'interno dell'istituto matrimoniale delle disparità di trattamento giuridico tra coppie eterosessuali, per le quali sarebbero previste delle norme concernenti la loro genitorialità, e coppie omosessuali per le quali tali norme non si applicherebbero. Insomma due tipi di matrimonio all'interno di una unica cornice giuridica, che è pertanto unica solo apparentemente. Il fatto poi che una tale disparità sarebbe nei suoi effetti poco apprezzabile non ha pregio, dal momento che è una questione di principio.

Tu scrivi che “inferire da un'espressione di un testo di legge relativo alla procedura del matrimonio [l'art. 108] che vi sia un divieto nel nostro ordinamento di sposare le coppie omosessuali mi sembra sia un modo sbagliato di applicare la legge, poiché si producono norme piuttosto che applicarle”; però pensi che quell'articolo sia anticostituzionale. Questa è incomprensibile! Se l'articolo 108 non pone ostacoli al matrimonio tra coppie omosessuali non si capisce perché sia dal tuo punto di vista anticostituzionale. In realtà la celebrazione del matrimonio dipende dalla dichiarazione dei coniugi di volersi prendere reciprocamente in marito e moglie. L'ufficiale dello stato civile non è nelle condizioni di celebrare un matrimonio se non ricevere una tale dichiarazione, ma questa dichiarazione non può prodursi nel caso in cui le parti contraenti sono del medesimo sesso. a

Pensi anche che siano anticostituzionali anche alcuni altri articoli da me citati. Ma perché sarebbero incostituzionali se la loro applicazione non produce un effettivo divieto per le coppie gay di sposarsi? Questo è incomprensibile. Se invece sostieni che sono anticostituzionali in quanto in violazione dell'articolo 3 della costituzione vietano alle coppie omosessuali di accedere al matrimonio, allora devi concedere che allo stato attuale delle cose il matrimonio italiano è applicabile solo alle coppie eterosessuali, contrariamente a quanto hai sostenuto nei commenti precedenti scrivendo che “il divieto di matrimoni omosessuali semplicemente non esiste nel testo e nella ratio delle leggi sul matrimonio del nostro ordinamento”. Ma se un tale divieto non esiste “nel testo e nella ratio delle leggi sul matrimonio del nostro ordinamento”, allora non si capisce dove stia l'anticostituzionalità.

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,
applicando "le leggi in cui sono coinvolte la maternità e la paternità solo alle coppie eterosessuali" daremmo a ciascuno il suo trattando diversamente situazioni differenti. Ci sono norme del diritto societario relative al fallimento che, ovviamante, non si applicano alle srl che non falliscono. Spero non si vorrà interpretare nel senso che paragono la genitorialità al fallimento!
Scrivo che “inferire da un'espressione di un testo di legge relativo alla procedura del matrimonio [l'art. 108] che vi sia un divieto nel nostro ordinamento di sposare le coppie omosessuali mi sembra sia un modo sbagliato di applicare la legge, poiché si producono norme piuttosto che applicarle” e credo sia dubbia la costituzionalità dell'articolo in questione, pur tuttavia non mi pare ponga "ostacoli al matrimonio tra coppie omosessuali" poiché se è vero che "la celebrazione del matrimonio dipende dalla dichiarazione dei coniugi di volersi prendere reciprocamente in marito e moglie", comunque penso che tale dichiarazione possa aversi anche "nel caso in cui le parti contraenti sono del medesimo sesso".
Riguardo gli articoli che reputo palesemente incostituzionali credo che la loro applicazione non produca comunque un effettivo divieto per le coppie omosessuali di sposarsi.

Luigi ha detto...

A me pare che la tua lettura del codice sia contraddittoria, oltre che in modo patente facinorosa.
Infatti, posto che una condizione necessaria (naturalmente non è l'unica) per la celebrazione del matrimonio è la dichiarazione delle parti di volersi prendere reciprocamente in marito e moglie -in seguito alla quale il codice riconosce le parti come coniugi -, secondo quanto disposto dall'articolo 107, non si capisce come questa dichiarazione possa essere prodotta anche quando i coniugi siano dello stesso sesso, data l'indubbia caratterizzazione sessuale che le parole “marito” e “moglie” hanno in generale e per il nostro codice. Compilando l'atto di matrimonio l'ufficiale dello stato civile si troverà a compilare quelle parti corrispondenti alle voci sposo e sposa. Ponendo alla voce sposa un soggetto che risulti per il codice stesso (per regolare documento di identità) maschio o alla voce sposo un soggetto che risulti femmina, l'ufficiale in questione dichiara il falso.

Il paragone con le norme relative alle aziende fallimentari non c'entra un tubo. Infatti, ci sono delle condizioni precise affinché una azienda fallimentare possa essere riconosciuta come tale dal codice. Questo significa che il codice distingue i due tipi di azienda: l'azienda fallimentare e quella non fallimentare. Il nostro codice civile non fa invece distinzioni tra matrimoni gay e matrimoni etero e tutti i casi contemplati sono contemplati all'interno di una unica cornice giuridica in cui l'essere coniuge significa intrattenere un certo rapporto duale con una persona di sesso opposto. Il nostro codice sovrappone completamente (senza prevedere casi alternativi) i coniugi alla coppia marito/moglie. Detto in altre parole, per il nostro codice “coniugi” è sinonimo di “marito e moglie”. Questa sinonimia è tale che non possono darsi coniugi dello stesso sesso, dal momento che in questo caso non saremmo di fronte alla coppia marito/moglie. Non c'è invece sinonimia tra “azienda” e “azienda fallimentare”. Il rapporto che intercorre tra “azienda” e “azienda fallimentare” non è analogo al rapporto tra “coniugi” e “coniugi eterosessuali”. Nell'ultimo caso infatti c'è sinonimia, nel primo no.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
in cosa mi contraddico? Se i coniugandi sono dello stesso sesso basta che il primo dei due dica che vuole prendere il secondo come marito ed il secondo dica che vuole prendere il primo come moglie ed ecco rispettato l'articolo 107. Certo, sì, hai ragione, "marito" dovrebbe essere un uomo e "moglie" una donna, ma l'articolo 3 della Costituzione mi sembra prevalga rispetto a questo tipo di argomentazioni. È legge scritta male e di dubbia costituzionalità, ma non contiente l'esplicito divieto per le coppie omosessuali di sposarsi. Se lo contenesse allora sarebbe di certo incostituzionale ed in ogni caso non lo contiene. Non c'è nessun falso in chi raccoglie le dichiarazioni dei coniugandi, casomai il falso c'è nella dichiarazione e quindi a compierlo sarebbero i coniugandi, ma il falso è imposto se si è due uomini o due donne che vogliono sposarsi.
La distinzione nel codice civile non è tra matrimoni omosessuali e matrimoni eterosessuali, ma tra matrimoni con figli e matrimoni senza figli.

Luigi ha detto...

Se ragionassimo come "ragioni" tu, non sorgerebbero mai casi di incostituzionalità, e una legge non potrebbe mai essere abrogata per anticostituzionalità: infatti sarebbe sufficiente, nei casi di presunta incostituzionalità, cambiare arbitrariamente il significato - perfino quello letterale, come nel caso dei significati di "marito" e "moglie" - per rendere costituzionale ciò che si ritiene, a torto o a ragione, incostituzionale.

Come dovrebbe essere formulata una norma sul matrimonio che voglia escludere i matrimoni tra gay? Perfino una norma che esplicitamente prescrivesse che i coniugi debbano essere di sesso opposto; perfino in questo caso potremmo "ragionare" come tu "ragioni" e dire che non esiste, nemmeno in questo caso, un effettivo divieto per le coppie dello stesso sesso, per la buona ragione che, in forza dell'articolo 3 della costituzione, siamo legittimati a interpretare quella norma come se significasse che sia sufficiente che il primo coniuge dichiari di considerare l'altro coniuge di sesso opposto.

Massimo Messina ha detto...

Caro Luigi,
chiunque legga questo nostro dialogo può notare come io stesso ho parlato di incostituzionalità riferendomi ad alcuni articoli del codice civile come ho affermato più volte implicitamente ed esplicitamente che se avessi trovato una norma nelle leggi ordinarie che vieta il matrimonio alle coppie omosessuali avrei ritenuto quella norma incostituzionale.
L'abrogazione, comunque, è altra cosa rispetto alla dichiarazione di incostituzionalità.
Si può pensare che l'articolo 107 del codice civile sia incostituzionale, ma non perché impedisca alle coppie omosessuali di sposarsi, bensì perché impone una formula che prevede che uno dei due componenti della coppia omosessuale dichiari il falso per potersi sposare. Chi raccoglie la dichiarazione e li proclama sposi applica solo la legge, ma chi dichiara il falso per sposarsi potrebbe essere perseguito per tale dichiarazione? Secondo me sì ed anche se condannato per il falso ciò non cancellerebbe il matrimonio effettuato! È ovvio che tutto ciò non va e per questo mi sembra che il legislatore debba intervenire per sanare la norma, ma basta l'iter ordinario per sanarla.
Trovandosi di fronte ad una norma "che esplicitamente prescrivesse che i coniugi debbano essere di sesso opposto" chi deve applicarla non può non applicarla, ma andando in giudizio il giudice a quo dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale e la Corte Costituzionale dovrebbe dichiarare incostituzionale tale norma.

Luigi ha detto...

La legge in generale vieta dichiarazioni fallaci. Ammesso (e non concesso) che il matrimonio basato su dichiarazioni fallaci resta valido, ciò non può (e non deve) significare che la legge permette il matrimonio tra gay. Lo vieta, anzi, in virtù del fatto che le dichiarazioni fallaci sono vietate in generale. Ammesso (e non concesso) che la sanzione corrispondente non si spinga fino a cancellare l'atto stesso, questo non significa che la sanzione non c'è. Il tuo discorso conduce paradossalmente ad affermare che la legge permette l'omicidio perché la sanzione corrispondente non si spinge fino a ripristinare l'uomo ucciso.

Massimo Messina ha detto...

La sanzione c'è, ma ciò che è vietata è la dichiarazione mendace, non il matrimonio della coppia omosessuale, dato che l'eteresessualità della coppia non è requisito per sposarsi.
La legge non ripristina la vita di chi viene ucciso, ma vieta chiaramente l'omicidio sanzionando chi lo compia, mentre non c'è alcuna sanzione specifica per chi sposa persone dello stesso sesso. La dichiarazione mendace per sposarsi sarà sanzionata, se è il caso, perché mendace, non perché chi l'ha prodotta s'è sposato con una persona del suo stesso sesso.

Luigi ha detto...

La tua precisazione è incomprensibile, almeno relativamente alla nostra questione, cioè quella se sia o no permesso in Italia sposarsi a una coppia dello stesso sesso. Infatti, la situazione attuale è tale che nessuna coppia gay può sposarsi legalmente, ma solo illegalmente, sulla base cioè di una dichiarazione mendace sulla propria identità sessuale -- come tu stesso hai esplicitamente riconosciuto. Se non è possibile fare una cosa legalmente, questo – dalle mie parti – significa che quella cosa non è permessa simpliciter.