domenica 30 agosto 2020

Disobbedienza - anche fiscale - come strumento nonviolento per realizzare il geoanarchismo

Eccoci alla dodicesima puntata dell’intervista geolibertaria, con domande (e non solo domande) di Dario Farinola e risposte (e non solo risposte) di Massimo Messina: dialogo, confronto tra geolibertari, sulla nonviolenza, sul municipalismo, sul “comunismo” e sulla tutela ambientale. Le puntate precedenti le trovate ai seguenti link:

  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista

  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo

  3. Georgismo, libero mercato, anarchia

  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo

  5. Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato

  6. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia

  7. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza

  8. Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

  9. Dialogo tra Farinola e Messina sulla nonviolenza

  10. Per la liberazione di ogni specie

  11. Nonviolenza: correlazione tra mezzi e fini


Nella scorsa puntata tra le tante forme di lotta nonviolenta hai citato la creazione di governi paralleli. Trovo estremamente interessante questa opzione come trovo altrettanto interessante l'opzione, da te non menzionata, della disobbedienza fiscale di massa. Pur avendo noi moderni a disposizione strumenti di comunicazione potenzialmente rivoluzionari come i social network, rimane il dato di fatto oggettivo che la televisione è lo strumento mediatico per eccellenza e questo strumento è in mano all'establishment politico-economico dominante. Come credi sia possibile organizzare dal basso un governo parallelo o una disobbedienza fiscale di massa se partiamo da questa oggettiva situazione di svantaggio?

Fai bene ad esplicitare la “disobbedienza fiscale”, ma non è vero che non l’ho menzionata, perché fa parte della (da me citata) disobbedienza civile, nell’ambito della teoria e della prassi della nonviolenza. Fai bene, ribadisco, perché la violenza dello Stato si esplica principalmente attraverso la vessazione fiscale, oggi più che nei tempi passati, per i suoi livelli ormai parossistici.

Per rispondere alla tua domanda, pensiamo a come usiamo i social network. Li usiamo per mostrare adeguatamente le nostre idee? Per renderle accattivanti? Abbiamo sempre rispetto per i nostri interlocutori? Per chi non la pensa come noi? Per chi critica i nostri contenuti (magari senza neppure conoscerli)?

Sulla televisione penso che sia strumento di potere che ha sempre meno potere. Sempre meno persone la guardano e per sempre meno tempo...

La nonviolenza è anche scoperta (o riscoperta) delle potenzialità, anche mediatiche, di ogni singolo individuo. Ognuno di noi cerchi di fare tutto ciò che reputa veramente giusto, con responsabilità, pensando a quali saranno le conseguenze di ogni singola sua azione, anche minima. Il mio, infatti, è gandhianamente un anarchismo del senso del dovere.


Tornando alla mia personale teoria sulla democrazia diretta municipale hai sostenuto che affidando la gestione del territorio al libero mercato non ci sarebbe il rischio da me paventato che alcuni cittadini possano sfruttare in modo parassitario l'impegno civico di altri; hai citato il biasimo come disincentivo sociale e hai ipotizzato che possano nascere dal basso associazioni civiche che possano premiare sia economicamente sia attraverso la "moneta reputazionale" (espressione nicosiana) tutti quei soggetti che s'impegnino a valorizzare il territorio. Ipotizziamo che tutto questo possa essere sufficiente (personalmente nutro dei dubbi a riguardo) c'è però un altro problema da tener presente. Il territorio di una città ha bisogno di pianificazione e da questo punto di vista ci ricolleghiamo al tema del CONSENSO SOCIALE per l'utilizzo della terra che è elemento centrale nella filosofia georgista. Allora facciamo un altro esempio concreto. Ipotizziamo che su una determinata area comunale ci siano diverse opzioni: ci sono alcuni cittadini che vorrebbero costruirci uno stadio, altri cittadini che vorrebbero dei giardinetti pubblici, altri ancora che vorrebbero costruirci un palazzo. In assenza di un sindaco che abbia piena legittimazione popolare, come si procede? Quale opzione verrebbe scelta e con quali criteri?

Non volevo intendere che non ci sia il rischio, ma che se e quando si verificherà tale situazione, che come te reputo anzi altamente probabile, essa possa essere superata dallo stesso mercato. Dal mercato possono nascere risposte adeguate agli scrocconi.

Non sono in linea di principio, poi, sempre contro la democrazia, le elezioni democratiche, a qualsiasi livello esse siano. Penso semplicemente che si debba ricorrere ad esse solo quando l’intera comunità unanimemente voglia ricorrere ad esse, altrimenti si potranno benissimo avere diversi gruppi più o meno organizzati di persone che, anche in conflitto tra loro, cercano di realizzare i propri obiettivi.

Sul mercato, ad esempio, se coloro che vogliono lì lo stadio riescono a comprare il consenso degli altri, mi sembra più facile che si realizzerà lo stadio e lo stesso vale se sostituiamo “stadio” con “giardinetti pubblici” o “palazzo”. Ci sarà probabilmente qualcuno che non sarà d’accordo. Se è molto motivato può provare a convincere gli altri, attraverso tutti gli strumenti che ha a disposizione e se crescerà questa “opposizione” al punto da avere più potere contrattuale delle altre, sul mercato emergerà una diversa opzione prevalente, che muterà la situazione preesistente.

L’errore che dobbiamo evitare è pensare che possiamo immaginare a priori a come andrebbero le cose in una società senza coercizione. L’unica cosa che possiamo immaginare è che non ci sarebbe coercizione, se mai riusciremo a realizzare tale tipo di società, non di certo a come le persone che ne farebbero parte agirebbero e ciò che realizzerebbero.


Tornando sempre alla puntata scorsa hai citato letteralmente la "difesa nonviolenta" come strumento di tutela da possibili invasioni di milizie straniere. Esattamente che cosa significa?

Non posso rispondere esaurientemente ad una tale domanda in poche righe e questa rubrica non ha la pretesa di essere un corso di nonviolenza o di georgismo o geolibertarismo, bensì di dare spunti di riflessioni per ulteriori domande ed ulteriori ricerche. Magari posso qui indicare cose che magari chi legge può andare a cercare per approfondire.

È notizia di poco più di un mese fa la petizione presentata alla Camera per la difesa non armata e nonviolenta. Ovviamente si tratta di un’iniziativa recente relativa ad una battaglia antica. 

Ricordiamo che il primo esercito nonviolento fu fondato nel 1929 da un grande islamico: Khan Abdul Ghaffar Khan, conosciuto maggiormente come Basha Khan. Egli, entrato in contatto con Gandhi e con pensatori islamici indiani, ne assorbì l’influenza e si impegnò per la difesa dei diritti dei poveri, investendo molte energie nell’istruzione, considerata come via prioritaria per la conquista della libertà. Si attivò anche nella difesa dei diritti delle donne. Badshah Khan, ribadisco, fondò il primo esercito nonviolento della storia, sotto il nome di “Khudai Khidmatgar” (servi di Dio), il cui giuramento recitava:

Sono un khudai kidmatgar [servo di Dio], e poiché Dio non ha bisogno di essere servito, ma servire la sua creazione è servire lui, prometto di servire l’umanità nel nome di Dio.

Prometto di astenermi dalla violenza e dal cercare vendetta.

Prometto di perdonare coloro che mi opprimono o mi trattano con crudeltà.
Prometto di astenermi dal prendere parte a litigi e risse e dal crearmi nemici.

Prometto di trattare tutti i pathan [pashtun, afghani che vivono fuori dall’Afghanistah] come fratelli e amici.

Prometto di astenermi da usi e costumi antisociali.

Prometto di vivere una vita semplice, di praticare la virtù e di astenermi dal male.

Prometto di avere modi gentili ed una buona condotta, e di non condurre una vita pigra.

Prometto di dedicare almeno due ore al giorno all’impegno sociale.


Sempre durante la scorsa puntata mi hai definito "comunista" perché da geolibertario nicosiano credo fortemente nella res communis della Terra. Indipendentemente dal marxismo e da tutti i discorsi di natura storico-politica, per "comunismo" s'intende in dottrina la messa in comunione dei beni e dei mezzi di produzione. Il discorso sulla Terra res communis o res nullius è attualmente purtroppo circoscritto a pochi addetti ai lavori. Allora per quale motivo pur non essendo affatto favorevole ad un'impostazione comunista sui beni e mezzi di produzione mi definisci in quel modo?

Innanzi tutto, non volevo offenderti, che sia chiaro. "Comunista" in italiano significa sia chi propugna il comunismo sia chi detiene il diritto di proprietà in comune con altri. Tu lo sei sia in un senso sia nell’altro, propugnando l’idea della Terra (e delle risorse naturali) come proprietà comune a tutta l’umanità e sentendoti già proprietario pro-quota della Terra stessa. Si dà il caso, poi, che la Terra (cone le sue risorse naturali) sia il principale mezzo di produzione. In realtà sei comunista e pure socialista, in quanto comunista, per quanto tu ti possa non definire né “comunista” né “socialista”. Una delle classificazioni dei socialismi è quella secondo la quale si possono mettere (o pensare che di diritto siano) in comune tre possibili cose:

  1. la Terra e le risorse di natura (il georgismo si colloca qui),

  2. i mezzi di produzione (compresa la Terra e le risorse di natura, il marxismo si colloca qui in questo gruppo)

  3. la ricchezza che viene prodotta attraverso la produzione, di solito attraverso strumenti redistributivi, purtroppo solitamente coercitivi (la socialdemocrazia si colloca in quest’ultimo gruppo).

 

Trattiamo ora la tutela del patrimonio ambientale. Nell'impostazione geolibertaria nicosiana è previsto un canone di indennizzo il cui importo è direttamente proporzionale allo sfruttamento della Terra e di tutte le risorse naturali; in questo modo verrebbero disincentivate tutte quelle azioni violente e predatorie e nel contempo incentivate tutte le attività eco-sostenibili. Questa proposta assomiglia a quella fatta da Marco Cappato dei Radicali sull'introduzione di una tassa legata alle emissioni, ovviamente in una dimensione statale e secondo uno schema culturale legato all'ambientalismo liberale. Secondo te è sufficiente tutto questo per proteggere l'ambiente o hai altre idee in proposito?

Innanzi tutto c’è da ricordare che l’indennizzo nicosiano è una sorta di evoluzione dell’imposizione fiscale georgista. Concordo, poi, con il tuo parallelismo ed infatti anche per l’attuale battaglia per ridurre le emissioni inquinanti mi sono iscritto quest’anno ai Verdi, che, insieme con Cappato, stanno, appunto, collaborando su tale iniziativa, avendo preso una strada che reputo corretta per la tutela ambientale. C’è da precisare, comunque, che non è l’ambiente che dobbiamo tutelare, bensì noi (viventi) stessi, nel senso che l’ambiente non ha alcun bisogno di essere tutelato, ma siamo noi che abbiamo bisogno di un ambiente che sia sano per noi stessi, che abbia determinate caratteristiche.

Rispondendo alla tua domanda: no, non credo affatto che sia sufficiente. Anche per questo sono diventato anarchico: perché credo che ci sia bisogno di maggiore ambientalismo, perché anarchia significa non delegare affatto o delegare responsabilmente e l’ambientalismo, come molte altre giuste istanze, può essere meglio perseguito in una società ad organizzazione su base totalmente volontaristica.

sabato 22 agosto 2020

Nonviolenza: correlazione tra mezzi e fini

Eccoci all’undicesimo puntata della ormai consueta intervista geolibertaria, con domande di Dario Farinola e risposte di Massimo Messina. Le puntate precedenti sono ai seguenti link:

  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista

  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo

  3. Georgismo, libero mercato, anarchia

  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo

  5. Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato

  6. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia

  7. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza

  8. Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

  9. Dialogo tra Farinola e Messina sulla nonviolenza

  10. Per la liberazione di ogni specie

 

Facciamo un passo indietro e torniamo nuovamente al tema della nonviolenza come strumento principe di lotta politica. Hai citato strumenti nonviolenti come: l'esempio, l'educazione, la persuasione, lo sciopero, la non collaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile e la formazione di organi di governo paralleli. Ci dai una brevissima spiegazione di ciascuno degli strumenti da te menzionato?

Per quanto riguarda l’esempio: se pensiamo che qualcosa sia sbagliato, non va fatto, se pensiamo che sia giusto, va fatto, kantianamente, sperando anche di venire emulati. Spesso si pensa che se riceviamo un torto, come un’ingiuria, allora siamo legittimati a rispondere ingiuriando e che ciò sia legittima difesa. La contro-offesa non è difesa. Il messaggio implicito in ogni contro-offesa è la legittimazione dell’offendere e quindi se volevamo perseguire la sua delegittimazione stiamo proprio agendo al contrario di come dovremmo. Sulla “persuasione”, possiamo pensare a Capitini, che, con questo termine (ripreso da Carlo Michelstaedter e da Gandhi) indicava la “fede”, sia in senso laico sia in senso religioso (la profonda credenza in determinati valori ed assunti) e tramite essa, la capacità di persuadere gli altri della bontà del proprio ideale. Per quanto riguarda lo sciopero, per un nonviolento esso è inteso nel senso di interruzione del lavoro per adempiere ad un dovere più importante e non deve quindi mai avere come scopo o come effetto danneggiare ingiustamente qualcuno. Il boicottaggio nonviolento è l’azione di rifiuto di utilizzare alcuni beni o servizi, ma sempre non avendo come scopo o effetto danneggiare ingiustamente qualcuno. La disobbedienza civile si inquadra nell’ambito del rapporto con le autorità, sia in senso personale che nel senso di norme che si ritengono in coscienza ingiuste e che quindi ci si rifiuta di applicare, autodenunciandosi anche, per far emergere la questione nell’ambito dell’opinione pubblica. Formare governi paralleli a quelli vigenti può essere una strada da adottare invitando ad unirsi nel dare legittimità al governo rispettoso delle libertà (o maggiormente rispettoso) delegittimando quello vigente o, almeno, tentando di delegittimarlo. Ho voluto qui essere estremamente sintetico, come mi hai chiesto, ma ognuno di questi strumenti, se vuoi, in seguito, possiamo trattarlo più a fondo, come penso che meritino, oppure soltanto, se vuoi, approfondire qualcuno di essi.


In relazione alla mia personale proposta sulla democrazia diretta municipale mi hai detto che non la vedi con occhi di favore perché applicheresti il libero mercato anche qui. Allora facciamo un esempio concreto per focalizzare meglio quello che a parer mio è l'elemento centrale della questione. Ipotizziamo che in una determinata strada si fulmino le luci dei lampioni e alcuni cittadini decidano di porvi rimedio offrendo denaro all'azienda che si occuperà di risolvere il problema. Da quel momento però chiunque potrà beneficiare di questa iniziativa e approfittare della situazione senza aver speso nulla. Trovi corretto tutto questo?

Direi proprio di sì. Nell’ambito di possibili soluzioni di mercato inserirei anche il biasimo nei confronti di comportamenti poco “sociali”. Chi approfitta troppo della generosità altrui finirebbe per avere meno credito sociale, sarebbe penalizzato ed escluso da scambi di mercato che altrimenti potrebbero essere vantaggiosi per lui e quindi la società di conseguenza lo spingerebbe a muoversi verso la collaborazione piuttosto che il contrario, per il suo stesso interesse, in una società in cui ognuno ha la piena responsabilità dei suoi comportamenti e delle sue azioni. Dal mercato, poi, possono nascere anche metodologie di persuasione che coinvolgono i refrattari in maniera del tutto nonviolenta, anche attraverso “premi” che vengono elargiti a chi si comporta in maniera virtuosa, che i promotori di una iniziativa come quella da te ipotizzata potranno anche tenere in considerazione. Possono sorgere, ad esempio, associazioni civiche che danno benefici a chi partecipa a sistemare le luci dei lampioni. Molti commercianti della zona potrebbero pensare a particolari sconti per chi ha contribuito a tali cose, sapendo che se le luci non venivano sistemate ci avrebbero perso economicamente.


Secondo i critici di una società anarchica quest'ultima non funzionerebbe perché in caso di invasione da parte di milizie straniere non ci sarebbe nessuno a proteggere la popolazione. Qual è la tua replica?

Per me anarchia in senso pieno significa nonviolenza ed a aggressioni violente penso che in una società anarchica/nonviolenta si dovrebbe rispondere attraverso la nonviolenza, che implica proteggere gli aggrediti dagli aggressori, anche attraverso l’uso della violenza, se non si riesce ad organizzare un esercito nonviolento, ma se fossimo in una società anarchica nel senso che ho appena espresso una delle cose che ci sarebbe è la capacità di organizzare una difesa nonviolenta.


Le nostre idee sono assolutamente sconosciute alla popolazione. Dato che non possediamo imponenti mezzi di informazione con quali strumenti e modalità dovremo cercare di divulgare quanto più possibile le idee geolibertarie?

La nonviolenza teorica e pratica ha a cuore come centrale la questione della correlazione tra mezzi e fini. Se vogliamo far conoscere l’anarchia intesa nel senso di organizzazione basata totalmente sulle volontà individuali, dobbiamo innanzi tutto agire ognuno di noi in base a tale principio. Se il principio produce buoni frutti, parafrasando il Vangelo, anche chi interagisce con noi potrà incominciare a pensare di agire allo stesso modo.


Quando ho cominciato ad appassionarmi di Georgismo e geolibertarismo per me era assolutamente normale che Terra, acqua, aria e tutte le risorse naturali nascessero come res communis, usando il linguaggio nicosiano. Personalmente soffro parecchio quando penso che negli ambienti liberali e liberisti questa impostazione sia fortemente rigettata. L'ultima verifica l'ho fatta qualche settimana fa nel gruppo di Facebook "Liberali (privato)", gruppo fondato proprio da te. Avevo fatto un sondaggio per testare l'orientamento del gruppo (res communis o res nullius) e il risultato è stato schiacciante a favore della teoria contraria a quella che sosteniamo noi. Secondo te perché nel mondo liberale e in una parte consistente del mondo libertario non si riesca a capire che la teoria della res communis è funzionale proprio alla salvaguardia della stessa libertà individuale?

Credo che dovremmo cercare di comprendere le obiezioni che ci vengono fatte, su cosa si basano e ciò che c’è di buono in esse, quali istanze ci stanno dietro e come rispondere a tali istanze. Spesso c’è mancanza di conoscenza, ignoranza, ma c’è anche altro. Ci può anche essere mancanza di consequenzialità logica, ma anche timore di un’organizzazione più o meno coercitiva, autoritaria, che gestisca la Terra comune. Tu stesso ti definisci anticomunista, eppure la teoria della Terra come res communis è teoria comunista, come si vede dalla stessa parola e dal suo significato. Perché ti definisci anticomunista se non perché il comunismo marxista, che si è impossessato politicamente del termine “comunismo”, è stato una dei peggiori totalitarismi della storia? Il comunismo aveva come scopo la liberazione delle persone dalla sottomissione ad altre persone, ma ciò che ha realizzato è stato una tirannia spietata e fortemente ideologizzata. Di fronte a tutto ciò, sinceramente, da geocomunista ho pensato che dovremmo smontare anche la nostra stessa ideologia, affinché non ci sia neppure mai il rischio che cercando di applicarla ciò che ne venga fuori sia minimamente paragonabile ai totalitarismi. Ecco anche perché non penso più che la Terra sia res communis appartenendo così a tutti noi, bensì che tutti noi apparteniamo alla Terra, che, molto probabilmente, continuerà ad esistere molto dopo l’estinzione del genere umano, almeno vedendo le cose in termini scientifici.

lunedì 10 agosto 2020

Per la liberazione di ogni specie

Ecco a voi la decima puntata della consueta intervista con domande (e non solo domande) di Dario Farinola e risposte (e non solo risposte) di Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:


  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista

  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo

  3. Georgismo, libero mercato, anarchia

  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo

  5. Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato

  6. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia

  7. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza

  8. Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

  9. Dialogo tra Farinola e Messina sulla nonviolenza

Nell'ultima delle domande che ti ho fatto la volta scorsa ho citato la questione relativa alla vita degli animali. Meditando a lungo sulla questione e cercando una soluzione che non comportasse l'intervento dello Stato sono giunto alla conclusione che l'intervento più efficace a riguardo sia quello di promuovere una raccolta fondi volontaria in maniera tale da convincere a suon di quattrini gli allevatori a convertire le proprie attività. Si tratta di una soluzione di libero mercato che trae la sua efficacia dalla forza del denaro che, ci piaccia o meno, rappresenta uno degli elementi più importanti che servono a far muovere le persone. Una soluzione di questo tipo ha già funzionato in Francia dove un'associazione animalista ha raccolto 650.000€ per liberare gli animali da uno zoo. Che opinione hai di questa soluzione? Hai altre idee a riguardo?

Mi sembra un’ottima idea e rientra perfettamente nella mia concezione nonviolenta. Se una soluzione è soluzione di libero mercato è di per sé nonviolenta. Esistono altre vie, altrettanto nonviolente, che possono essere seguite, come il direzionare le proprie abitudini d’acquisto verso quelle aziende che non commettono crudeltà verso gli altri animali. La cooperazione, di sicuro, è necessaria, per raccogliere fondi come per diffondere informazione ed idee, quindi vedo di buon occhio ogni forma associativa che non usa la violenza e che ha come obiettivo la liberazione degli animali, di tutti gli animali, esseri umani compresi. La mia idea di libertà è di certo influenzata dal pensiero di Nicosia in molte cose e trovo affascinante e feconda la sua idea (che in realtà altri prima di lui hanno espresso, ma che lui ha giustamente ribadito) secondo la quale la libertà altrui aumenta a non limita la propria. Liberare gli altri animali aumenta la libertà anche di noi esseri umani, che comunque, ricordiamolo, anche animali siamo. Proprio nei giorni scorsi ho avuto una discussione con una compagna animalista antispecista e femminista che mi ha scritto, testuali parole:

Massimo, a me non interessa discutere di femminismo con gli uomini perché il femminismo è un movimento di liberazione delle donne e si focalizza sulle oppressioni, discriminazioni e violenze che noi subiamo.

È come se parlando degli altri animali arrivasse qualcuno a dire "sì, ma ci sono anche uomini sbranati da orsi, leoni e cinghiali".

L'oppressione delle donne è millenaria e sistemica. Le violenze sugli uomini no. Il mondo è sempre stato vostro.

Se non comprendi questo semplice concetto, davvero alzo le mani.

Ecco, per me è il contrario: un femminismo che si pone l’obiettivo di liberare le femmine di umani contro i maschi di umani - così come un animalismo che si pone l’obiettivo di liberare gli altri animali contro gli umani - nasce già fallito, perché se la liberazione non è liberazione anche dei non oppressori ed addirittura anche degli oppressori, allora scivolerà nella vendetta piuttosto che essere reale liberazione.


Quando ti ho chiesto a chi affideresti la tutela del patrimonio demaniale comune in fase di transizione verso una società geolibertaria mi hai detto che privatizzeresti lo Stato. Essendo però in questo caso lo Stato un organismo di diritto privato nessuno sarebbe obbligato a farne parte. I cittadini però che non volessero entrare a far parte di questo organismo come farebbero a vedersi riconosciuti i propri diritti sul patrimonio demaniale comune?

Innanzitutto sarei per non imporre a nessuno nessun diritto, perché se imposto finisce per non essere più diritto. Poi, penso che non dobbiamo di certo essere noi a decidere come ognuno voglia tutelarsi. Ognuno si organizzerà come meglio crede, singolarmente o associandosi ad altri. Ciò a cui penso è una reale concorrenza di “enti” (nel senso più ampio del termine) che sul mercato possano agire con lo scopo della tutela dei diritti dei propri associati/assistiti/clienti. Ciò che mi interessa, come georgista, è il superamento della rendita fondiaria ed ho pensato, come strumento per giungere a tale superamento, all’idea dell’adozione di una moneta geselliana che abbia un tasso di deperimento maggiore quanto essa venga ad essere in possesso di chi detiene tale rendita. Un’associazione potrebbe introdurre tale moneta sul mercato, anche violando le norme vigenti, come si fa nelle azioni nonviolente.


Riflettendo a lungo su come potrebbe essere una società priva dello Stato sono giunto alla conclusione che l'unica istituzione che non può essere abolita sono i comuni perché non si capisce chi mai potrebbe occuparsi nel quotidiano di strade, giardini e pubblica illuminazione. Forte però della mia storia radicale farei una grande riforma all'insegna della democrazia diretta. Abolirei i consigli comunali e sottoporrei a costante votazione on line da parte dei cittadini tutti i provvedimenti presi dal sindaco e la sua giunta. Tu cosa ne pensi a riguardo? Hai idee migliori rispetto al mio modello di democrazia diretta municipale?

Sono per il libero mercato anche a livello comunale. Perché mai la democrazia, di cui vediamo tutti i limiti, dovrebbe funzionare a livello comunale? Perché mai dovremmo accettare l’imposizione della maggioranza su “strade, giardini e pubblica amministrazione”? Perché mai su tali questioni la maggioranza (attraverso organismi rappresentativi o senza di essi) dovrebbe decidere e non anche su questioni regionali o nazionali o transnazionali? La critica che come anarchico faccio alla democrazia intesa come governo della maggioranza è critica radicale che investe ogni scelta. Posso accettare che in un’associazione ci sia chi si adegua alle scelte della maggioranza di essa, se intende adeguarvisi e finché intende adeguarvisi, ma il mero fatto di essere cittadino di un comune perché dovrebbe comportare obblighi mai voluti, se non quelli basilari come rispettare la vita altrui?


Nelle ultimissime ore abbiamo fatto insieme una strana scoperta: gli anarchici per il lockdown. Come credi sia stato possibile tutto questo? La responsabilità è interamente del potere manipolatorio dei media dominanti o c'è qualcosa di intimamente autoritario nell'anarco-comunismo?

Li ho conosciuti troppo poco per poter parlare di loro. Cosa pensano in realtà? C’è qualcosa che hanno in comune tra loro? Si autodefiniscono “anarco-comunisti”, come li hai chiamati tu? Che ci siano sedicenti anarchici che sono in realtà autoritari è purtroppo verissimo, ma li vedo tra gli anarchici “destri” come tra quelli “sinistri” e se si allargasse il numero di quelli che, come noi, si autodefiniscono come anarchici di centro, immagino che emergerebbero autoritari pure tra essi. Anzi, probabilmente già ci sono, anche se magari ancora non sono palesi ai più, anche perché non mi pare che mediaticamente si possa dire che siamo conosciuti, noi anarchici di centro.


A proposito di lockdown ipotizziamo che ti fossi trovato al posto del Presidente del Consiglio. Cosa avresti fatto di diverso rispetto a lui? Quali soluzioni avresti adottato in quel momento per affrontare l'emergenza? Nel tuo modello geolibertario ideale in che modo ci si sarebbe organizzati?

Se fossi stato al governo (è puro ed astratto gioco mentale) non avrei mai fatto ciò che ha fatto questo governo. Avrei cercato di favorire la circolazione delle informazioni. Avrei “bombardato” la cittadinanza di informazioni. Avrei sacrificato la riservatezza piuttosto che la libertà di movimento delle persone, attraverso il tracciamento. Il mio “modello” è la libertà, l’autogoverno di ognuno, quindi ognuno si sarebbe governato come meglio avrebbe creduto e siccome penso vada seguito l’adagio einaudiano “conoscere per deliberare” di conseguenza mi sembra opportuno far circolare il più possibile le informazioni e quindi anche tracciamento (sempre su base volontaria) per individuare i positivi ed i contatti che hanno avuto. Se c’è un’epidemia in corso e qualcuno volontariamente si sottrae al tracciamento, gli altri liberamente possono difendersi allontanandosi da lui e tenendolo sempre a debita distanza fisica.

domenica 2 agosto 2020

Dialogo tra Farinola e Messina sulla nonviolenza

Siamo alla nona puntata di quella che abbiamo chiamato fino alla settimaa scorsa "intervista geolibertaria". Quelle di Dario Farinola ormai non sono più mere domande ed anche Massimo Messina gli pone le sue di domande. Si tratta ormai di un dialogo tra geolibertari ed il confronto in corso è sulla nonviolenza. Le puntate precedenti le trovate ai seguenti link:
  1. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia
  2. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza
  3. Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato 

Torno per la terza puntata consecutiva sul tema, da te più volte sottolineato, della nonviolenza. Lo Stato italiano, come amava sempre sostenere il nostro amato e compianto Marco Pannella, è uno Stato che è letteralmente un delinquente abituale: totale incertezza del diritto che di fatto favorisce i potentati politico-economico-finanziari dominanti, gestione dell'informazione sostanzialmente in mano alla partitocrazia, una giustizia colabrodo e chi più ne ha più ne metta. Pannella stesso sosteneva che non ci si siede ad un tavolo di bari. Dinanzi ad un quadro di questo tipo e pur sostenendo apertamente le ragioni della nascita del Partito Libertario, ha senso secondo te parlare ancora di nonviolenza dinanzi agli abusi con i guanti bianchi perpetuati dalla nomenklatura politico-mediatica dominante? In termini pratici quali sono le principali armi della nonviolenza di cui potremmo armarci per divulgare quanto più possibile le nostre idee?

Quella che è partita con un’intervista mi sembra stia diventando un confronto tra due modi di intendere il geolibertarismo… Mi piace che anche se non siamo di certo in tanti, emergano delle differenze, oltre che delle sintonie. La verità è che il geolibertarismo è fecondo e porterà di certo a idee che oggi neppure immaginiamo… Sulla nonviolenza: nonviolenza e libertà sono due faccie della stessa medaglia. Cosa sarebbe la libertà se non assenza di coercizione, di violenza? Avrebbe senso, quindi, liberarsi dalla violenza attraverso la stessa violenza? Sì, in alcuni ambiti sì, si deve anche prendere in considerazione l’idea dell’uso della violenza per farne cessare o contrastare una peggiore, ma questo tipo di cose si rivela spesso molto pericoloso, perché chi fa uso della violenza non ne rimane indenne, ne viene in qualche modo alterato. Prendere il potere porta ad essere preso dal potere. L’esperienza marxista, ma anche quella democraticista, dovrebbe averci ampiamente insegnato che chi prende il potere, con la rivoluzione o con le elezioni tutto può fare, tranne che, di solito, distaccarsi poi volontariamente dal potere stesso. Basta definire il dittatore come libertario per farlo essere tale, se un partito politico decide di assumere tale funzione? Un partito politico che vuole arrivare al potere non è già di per sé almeno una parte del problema politico che un libertario vuole estiguere: lo Stato? Con tutta la mia ammirazione per Pannella, egli diceva tante cose ed alcune di esse erano strettamente legate a contingenti situazioni per le quali si dovrebbe dimostrare analogia con le situazioni attuali, oltre che la fondatezza dell’analisi e delle proposte specifiche pannelliane. Credo che l’ultima cosa che Pannella vorrebbe sia un atteggiamento fideistico sulle sue parole, prese dogmaticamente. Sugli strumenti della nonviolenza, per adesso qui ne elenco qualcuno, ma se vuoi ci potremo tornare in seguito: l’esempio, l’educazione, la persuazione, lo sciopero, la non-collaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

Nella proposta geolibertaria di Fabio Massimo Nicosia tutto il patrimonio demaniale (naturale e non) attualmente nelle mani dello Stato verrebbe trasferito nelle mani della totalità dei cittadini attraverso i già menzionati Common Trust. Tu a chi affideresti il patrimonio demaniale (ivi compreso il suolo) in fase di transizione verso una società libertaria?

Il suolo in Italia attualmente solo in parte ed in parte molto piccola è patrimonio demaniale. Il patrimonio demaniale fondiario dovrebbe per me subire la stessa sorte di quello non demaniale, con la differenza che lo Stato in sé dovrebbe estinguersi. In generale, sono per una trasformazione dello Stato in società di diritto privato, ma a condizione che chi detiene la rendita fondiaria ne subisca la sua estinzione, attraverso circuiti monetari geselliani che la erodano continuamente. Penso poi che la vera fase di transizione sia l’applicazione di ciò che già vogliamo come risultato finale. Se come risultato finale vogliamo la libertà, allora dobbiamo pretendere solo la libertà.

Una società libertaria è priva di diritto positivo imposto dallo Stato e in questa situazione verrebbe a crearsi una sorta di "libero mercato del diritto" in cui, per dirimere una controversia, ci si rivolge consensualmente ad un tribunale arbitrale la cui sentenza è vincolante solo per le due parti in causa. Ho due domande a riguardo: cosa accadrebbe se non ci fosse consenso nella scelta del tribunale? Quali sono secondo te vantaggi e svantaggi di un sistema di organizzazione sociale basato sul libero mercato del diritto?

Alla prima domanda rispondo semplicemente che accadrebbe che la controversia non si dirime. Da libertario nonviolento direi che bisognerebbe entrare nel merito della controversia e vedere chi è tra i due quello che subisce maggiore violenza. Pensare che finito lo Stato sia finita l’opera dell’anarchico e ci sia una società anarchica è una pia illusione. Finito lo Stato, quelli che oggi sono i potenti prepotenti o i loro eredi politici ci saranno ancora e bisognerà battersi contro le prepotenze, attraverso vari strumenti di lotta nonviolenta: quelli che ho elencato sopra. Di fronte ad una controversia che non si riesce ad incanalare in un tribunale, direi che è molto probabile che ci si trovi di fronte ad un abuso o che entrambi si sentano vittime di abuso o che magari siano vittime reciproche di abusi reciproci. Quale migliore ambito dell’applicazione della nonviolenza (a partire dalle ricerche ed applicazioni sulla comunicazione nonviolenta) se non questo tipo di ambiti?

Esattamente un anno fa, mentre ero in macchina con mio padre e riflettendo sui piccoli problemi quotidiani che si potrebbero verificare in una società libertaria mi venne esattamente questo flash mentale: che fine farebbe il codice stradale? Attualmente il codice stradale possiede forza imperativa di legge. Ho subito pensato che in una società libertaria il codice stradale avrebbe valore solo indicativo e persuasivo e in caso di controversie ci si può sempre rivolgere ad un tribunale arbitrale. Hai altre proposte in materia?

Nel codice stradale ci sono norme alle quali tutti sottostanno di solito perché sono convenzioni o comunque norme di buon senso. Come vengono rispettate normalmente adesso sarebbero rispettate comunque, con o senza lo Stato. I tribunali arbitrali credo che potrebbero essere utili anche in questo ambito e vale lo stesso discorso che facevo prima: non immaginiamoci che superato lo Stato non abbiamo più nulla da fare, non abbiamo nulla su cui batterci. In generale, mentre oggi la mentalità comune porta a cercare di realizzare riforme di legge che impongano questo o quello, in una società anarchica si cercherà di trovare mezzi e persone per realizzare i nostri intenti comuni. Ciò vale, mi pare, anche nell’ambito delle norme di circolazione.

Adesso tocchiamo un argomento che mi sta profondamente a cuore e che so che sta a cuore anche a te. Dal momento che si tratta di un argomento di un certo spessore ti dico subito che ne parleremo più approfonditamente anche nella prossima puntata. L'argomento in questione è il diritto alla vita degli animali. A tal proposito mi sono battuto affinché nel Manifesto costitutivo del Partito Libertario ci fosse un'aggiunta ad una certa frase: la Terra sulla quale viviamo è res communis perché appartiene a tutti gli individui e TUTTI GLI ESSERI SENZIENTI. La domanda che per il momento ti faccio è questa: quali sono a tuo avviso le migliori soluzioni affinché in una società libertaria si possa tutelare la vita degli animali?

La nonviolenza nasce proprio anche come rispettosa di ogni vivente e non è un caso che continuo a ripetere che la via è la nonviolenza. Essa implica il rispetto di tutti i viventi, non solo gli animali. Tale rispetto va graduato, comunque. Non sono, infatti antispecista: di fronte ad un umano ed ad un animale di altra specie che rischiano allo stesso modo la morte, a parità di altre condizioni, sceglierei di salvare l’umano, se si ponesse tale scelta e non fosse proprio possibile salvare entrambi. Nella mia visione non ci sarà nessuna società veramente libertaria (o nonviolenta, che è la stessa cosa) finché tutti non saranno autenticamente libertari (o nonviolenti). Di fronte ad abusi, di fronte ad un aggredito e un aggressione, il nonviolento si interpone, se capisce che così facendo può raggiungere qualche risultato pratico di difesa dell’aggredito. Lo Stato, ripeto, è un aggregato di violenze varie, da monopolista della forza, ma se lo riusciamo a superare, la violenza, che è comunque presente nei comportamenti umani, si manifesterà comunque e quindi bisognerà affrontarla attraverso gli strumenti della nonviolenza, sempre quelli che ho elencato sopra, non essendo quello un elenco esaustivo.