giovedì 27 dicembre 2012

La parola a Schlag


KEYNES visto dai dott. MELA e PEDONE 
novembre 2012
di Schlag

Desidero richiamare l'attenzione sui seguenti due articoli - usciti quasi contemporaneamente e su analogo soggetto - uno dell'ottimo keynesiano-gesellista dott. Alessandro PEDONE (http://investire.aduc.it/articolo/keynes+hayek+scontro+che+ha+definito+economia_20844.php).
Con analisi davvero interessanti, egli propone un realizzabilissimo tentativo di sintesi tra il blocco keynesista (includente lo in Italia misconosciuto Gesell, che ne fu il caposcuola) e gli austriaci;
come del resto sempre, bisogna guardare più a ciò che unisce che non a quello che possa dividere perché, in quest'ottica, non solo i punti di contatto ci sarebbero e come, ma poi si verificano su costituenti teorici veramente SOSTANZIALI (come ad esempio la teoria della crisi, similissima e che non si sa bene a chi assegnare tra i due contemporanei Gesell e Böm-Bawerk,
e l'ESTREMA negatività da entrambi rivolta alla riserva e credito frazionari con aspra difesa della conservazione del potere d'acquisto della moneta), rendendo abbastanza TRASCURABILI le divergenze
(tipo, ad esempio, se realizzare il denaro con cartamoneta od oro, quest'ultima DEPLOREVOLE tesi austriaca già dannata dalla Storia oltre che dall'Economia, dato che il valore metallico - pur assolutamente non costituendone uno ASSOLUTO ed affidabile - ugualmente:
a) obbligherebbe gli Abominevoli (intendi: gli Stati) a gravemente ed inutilmente indebitarsi per acquisirlo;
b) la scarsa reperibilità del minerale aureo (con produzione che sicuramente non riuscirebbe ad accompagnare gli annui progressi tecnologici) – handycapperebbe gli sviluppi economici con una continua mancanza di mezzo di scambio ......e ci si ricordi di come i serpenti muoiono quando non riescono a sgusciar fuori da quella vecchia pelle che gli impedisce di crescere!
  1.  apporterebbe altri inconvenienti tra cui l'eccessivo irrobustimento dei denarotenenti con simmetrica anoressia per i produttori di merce.)
Essendo Gesell internazionalista d'elezione ma tedesco di nascita, fino al punto che 'Germania' é il termine più ripetuto nel suo capolavoro, quando il marxistissimo prof. Gianfranco PALA,  nei suoi deplorevoli saggi ripetutamente lo qualificava austriaco,
io – che non avevo mai potuto vedere quel presuntuoso ed ignorante compulsatore di Bignami – ridacchiavo sarcasticamente ..................e se invece avesse avuto ragione (ovviamente purché non riferendosi, come faceva lui, al luogo di nascita) e fosse stato un precursore?
C'é inoltre almeno un'altra e sostanziale ragione – per auspicare questa sintesi, e cioé il fatto che – inventando e pasticciando – si posson costruire un mucchio di pseudoteorie economiche (non lo ha fatto forse anche Marx?)
ma invece quelle buone – e che gli Americani attribuirebbero ad un bravo nonno mentre noi europei al buon padre di famiglia -  per definizione non potrebbero che avere molto in comune, e quantomeno i fondamentali.
L'idea di Pedone é anche d'attualità per il momento economico italiano - in cui la cura Monti sta perfettamente riuscendo all'insignificante costo della vita di noi malati –.
risultato che può anche mandare in brodo di giuggiole medici forsennati, abbagliati dal miraggio di barlumi di luce in fondo al tunnel, ma davvero difficile da digerire per noi morituri, che gradiremmo un amalgamento – tra rigorismo spinto e spesa pubblica in deficit - un coktail che, diluendo parte della tossicità di quella medicina, consentisse di salvare capra e cavoli.
Di parere nettamente contrario è invece l'austriaco, sempre elettivamente parlando, Giuseppe Sandro MELA, poliglotta, gran topo di biblioteca (avendone indiscutibilmente rosicchiate innumerevoli), pangermanista anche più di me, professore e pubblicista di medicina:
Voi potreste obbiettarmi “Ma allora che ci azzecca un medico con l'economia?” ma io non Vi seguirò in quest'errore, prima di tutto perché inizialmente volevo anch'io fare il medico, poi perché porto diffidenza solo verso le lauree letterarie,
ed infine son talmente democratico e liberale da non pretendere titolo di studio da chi giustamente indaghi e ricerchi su materia, che lo riguardi e coinvolga indiscutibilmente molto da vicino: mi renderei solo RIDICOLO almeno quanto tutti quelli che, dai giovani e prima di lasciarli scopare,  pretenderebbero la laurea in cunno-penologia comparata!
Nel suo articolo (http://www.rischiocalcolato.it/2012/11/svolta-epocale-europa-e-bankitalia-hanno-ripudiato-le-teorie-di-lord-keynes-conseguenze-per-tutti-noi.html) e perfettamente in linea coi vari e notissimi Funny King (Paolo Rebuffo), Johnny Cloaca (Francesco Simoncelli), Photogian, I.H.C. (Ideas have consequences), Leonardo FACCO ed i suoi libertari, sostenuti anche dal  MISES INSTITUTE,
Bepi MELA dunque proprio cerca di spazzar via i malefici keynesiani-gesellisti, loro attribuendo non solo tutti i torti teorici, ma anche tutti i possibili crimini economici, per averli o direttamente compiuti o quantomeno ispirati, alla lupus et agnus,
formulando un'autentica damnatio di ben otto capi d'accusa (nel seguito in colore azzurro), anche se – nel  replicarci in colore nero e data la quantità – finirò per accorparne alcuni.
  1.  Lord Keynes abolì la visione di persona umana per sostituirla con l’immagine di una Collettività omnicomprensiva degli individui che in essa risultavano numerizzati, sostanzialmente irrilevanti in quanto irreggimentabili ed irreggimentati........
Come dovrò ripetere anche in seguito, non si può proprio dire che Bepi aiuti il suo lettore a comprendere il suo pensiero, troppo spesso sibillino, ma potremmo ragionevolmente supporre che gli vada di traverso anche solo l'odore di collettivo e/o di sociale.
Così – mentre noi siamo già arrivati al nietzschiano “Là dove finisce lo Stato incomincia l'uomo che non é inutile!” (Nietzsche si riferisce ai fini evolutivi), però ampiamente riconoscendo che, se non ci fosse la base di una montagna non n'esisterebbe poi neanche la necessarissima cima
Bepi probabilmente insegue ancora l'individuo, lo stirneriano Der Einzige und sein Eigentum (intendi: Il SINGOLO e la sua proprietà), biondo e forzuto Caino intento ad assassinare anche il proprio fratello, che non chiede mai e che, prima di trombarla, clavizza ogni donna.
Eppure, da Aristotele a Weber, già l'uomo é stato riconosciuto come l'animale sociale per eccellenza, senza contare che anche certa brutalità delle bestie – tolleranti l'intrusione nel proprio territorio solo di dissimili nel segmento alimentare – esprime tutt'altro che cattiveria,
ma solo la preoccupazione esistenziale di condividere, solo con le proprie femmine e cucioli, le locali e quindi probabilmente limitate, risorse; tant'é vero che la socialità aumenta enormemente passando dai carnivori agli erbivori, che come alimento possono contare su una flora molto più diffusa della fauna;
per gli umani poi il miracolo è stato apportato quasi sicuramente da quella divisione del lavoro, che ci ha improvvisamente fatto vedere qualunque Prossimo non più sotto l'aspetto di ladro di cibo e/o di gnocca, ma come possibile ed apprezzato sodale e compagno,
che poteva contribuire alla nostra difesa e benessere, con quel suo saper fare anche ciò che a noi non riusciva o non ci andava o non eravamo attrezzati per farlo: ne é semplicemente nata la civilta e non sarai certo tu, povero untorello, a farle fare marcia indietro!
  1.  «Nel lungo termine tutti noi saremo morti»: questa celebre frase di Lord Keynes non è uno slogan, bensì un assioma. Le conseguenze di questa assolutizzazione sono devastanti. Si annienta il concetto di tempo: esiste solo il presente, l’immanente..........
(Megamignottata: secondo la mia logica – se si annientasse il tempo – non potrebbe che cessare d'esistere anche il presente; ma poiché ciò é impossibile, il tempo non appare dimensione cancellabile, del resto é una delle quattro fondamentali,  né K. può averlo voluto fare.)
E' quasi sempre erroneo enucleare una frase dal contesto in cui é stata pronunziata e che, nella fattispecie, era semplicemente quello di sbarazzarsi, nel più breve tempo possibile, d'un seccatore che - cercando di trasformargli gli applausi in fischi (o almeno in mormorio di disapprovazione) – lo aveva interrotto malignamente, durante una conferenza.
Proviamo ad immaginarci anche la reazione di Giuseppe se, in Genesi 41 – che per Keynes é stato sicuramente un archetipo e fonte d'ispirazione (si tratta del doppio sogno di Faraone delle sette vacche e sette spighe magre che mangiavano quelli grassi e della spiegazione fornitane dall'intraprendente ebreo) -
alla fine della formidabile e risolutiva interpretazione narrataci, un filisteo avesse similmente incominciato a evidenziare trattarsi solo d'un calcio al barattolo, insostenibile nei tempi lunghi e reso possibile solo da quella particolarissima successione d'eventi,
(perché in effetti – se gli anni di carestia si fossero verificati prima di quelli d'abbondanza – la soluzione di Giuseppe sarebbe stata evidentemente impercorribile...............)  
Teoricamente K. ha invece ragione a fissarsi nell'incombente, perché nei tempi lunghi il problema occupazionale si risolve sempre da solo:
la disoccupazione – beninteso solo quella creata dalla ricerca, dal progresso tecnologico, nonché da nuovi investimenti di capitale – nei tempi lunghi verrà sicuramente superata grazie al passaggio, al monte salari, della totalità del risparmio, da essi consentito; ed é possibile dimostrare ciò.
A vantaggio dei dubbiosi descriviamo un ciclo: intermediario indispensabile, a simile finale vantaggio generale, é l'imprenditoria, che per la ricerca e/o la meccanizzazione affronta costi anche notevolissimi, QUASI SEMPRE A DEBITO, cioé rendendosi garante, presso gli investitori, del loro rimborso.
Ovviamente nell'immediato essa allora é portata molto più ad ammortizzare questi buffi, che non a creare un maggiore benessere per la classe operaia, attraverso l'immediata concessione d'aumenti salariali;
così – poiché é lei che incassa e tiene il mestolo, manu padronali e senza assolutamente chiedere assensi – l'imprenditoria distrarrà i risparmi conseguiti per finalizzarli gran parte ad ammortamento dell'investimento effettuato, resto a proprio utile;
si potrebbe pensare che – terminato l'ammortamento – sia fortemente tentata di continuare a mettersi il tutto in tasca – ma per farlo dovrebbe scontrarsi duramente col sindacato, che ORMAI GIUSTIFICATISSIMAMENTE (cioé non certo alla Landini!) reclama migliorie contrattuali; inoltre si verifica una circostanza, decisiva per tagliare la testa al toro:
a inizio ciclo, la contrazione dei costi non può che essere avvenuta a danno, almeno maggioritariamente, del monte salari, con aumento della disoccupazione e conseguente caduta della domanda aggregata (dipendente da quelli ben più che non dai profitti degli imprenditori, che hanno già da gran tempo soddisfatto la maggior parte dei loro bisogni);
ed a fine ciclo questa caduta della domanda aggregata ostacola le possibilità di vendita del neoprodotto industriale, invece nel frattempo notevolmente aumentato grazie all'entrata a regime dei nuovi macchinari, talché l'imprenditore si ritrova nell'alternativa:
a)  continuare ad appropriarsi dei risparmi di costi, però cosi non solo dovendo scontrarsi coi sindacati ma anche non potendo monetizzare la maggiore produzione, ormai in corso e che resta invenduta;
b) oppure appunto compiere il bel gesto di abbandonare, al monte salari, questi risparmi di costi, cosa del resto ormai pienamente consentitagli dal conseguito ammortamento dei macchinari, e con la certezza che comunque nel suo portafoglio tale liquidità verrà – forse anche vantaggiosamente – sostituita dai guadagni da completa vendita della neo produzione:
offrendo capra e cavoli, questa é stata finora e sempre sarà la soluzione percorsa, anche se il più delle volte inavvertitamente perché non sempre i risparmi tecnologici sono così sostanziali come quelli che nel 1910 consentirono a Ford la plateale riduzione da 10 ad 8 ore dell'orario di lavoro con contemporaneo aumento del 10% della paga.
La lampante prova di tutto ciò tanto ci é comunque offerta dal fatto che, ai nostri giorni, anche la classe operaia può disporre di beni di consumo, in precedenza privilegio giusto di re e magnati i quali, a controaprova, invidierebbero terribilmente certi beni, come i computers, i cellulari e/o le automobili, che non hanno mai neanche potuto vedere: un odierno manovale insomma vive più e meglio dei vecchi re!
L'andamento ondivago delle funzioni occupazione e monte salari - tra l'inizio e fine del ciclo considerato ed anche in considerazione che qualunque quantità di disoccupazione produce, per il sistema-paese, una perdita di risorse secca ed irrecuperabile -
ci evidenziano comunque tutta l'importanza di un intervento statale nel ciclo economico, volto a contrastare simili ondeggiamenti, possibilmente anzi trasformandoli nella retta orizzontale dell'occupazione costante – e se agli austriaci ciò non va agenio si fottano! –
Ovviamente ciò assolutamente non deve significare che lo Stato debba diventare l'italico stipendificio, lautamente remunerante anche i disoccupati volontari, tutti quei numerosissimi burocrati, politici, choosy bamboccioni e veline,
disadattati e che l'iniziativa privata respinge perché incapaci di fornire un lavoro produttivo: ciò - cui son sempre stati contrari anche i veri Socialisti non succhialisti - sarebbe completamente contrario allo spirito d'una gestione economica nazionale alla buon padre di famiglia.
(La Teoria economica di K. si preoccupa solo dei disoccupati INVOLONTARI e non affronta l'altro fenomeno, probabilmente negli anni 30 ancora inavvertito; noi gesellisti invece non abbiamo difficoltà ad ammettere che lo affronteremmo ed affronteremo con la creazione d'un'organizzazione del lavoro tipo la tedesca DAF (intendi: deutsche Arbeits Front, fronte del lavoro tedesco):
lo Stato deve cioé onorare il contratto sociale - che ha liberamente sollecitato dal e sottoscritto col cittadino – comunque e sicuramente assicurandogli in ogni condizione una materiale sopravvivenza, ma talmente DENSA di LAVORO OBBLIGATORIO, STUDIO (corsi di specializzazione) e SPORTS,
da fargli sembrare ardentemente preferibile – e ciò anche al più capoccione dei ciuchi - QUALUNQUE occupazione privata gli venga offerta, con piena libertà e possibilità di migliorarla successivamente; in un certo senso ai bamboccioni bisogna cioé levar la sete a furia di prosciutto:
infatti é un grave errore economico, una perdita secca anche erogare ammortizzatori sociali, tipo l'attuale cassa integrazione, senza ottenerne una contropartita lavorativa; economicamente parlando ciò si rivelerebbe l'esatto contrario di quanto lo Stato si riprometteva d'ottenere, con la sua discesa in campo economico;
del resto ci son tali e tanti di quei lavori utili, socialmente e/o ecologicamente, dalla produzione agricola alla costruzione delle istallazioni necessarie al funzionamento della DAF, la costruzione e/o adeguamento sismico ed antincendio  di case popolari, scuole, ospedali, carceri, impianti sportivi, protezione e bonifica del territorio ecc.ra,
che il non fruire di così tanta manod'opera, remunerandola ma mandandola persa, non può che essere un lusso delirante e che non ci possiamo più permettere.)
Ma, tornando al gesell-keynesismo - e mentre riconosco dichiaratamente innovativa, talentosa e geniale la ricerca di Gesell ed evidenzio che comunque la Teoria Generale del secondo contiene anche parecchio altro -
a me sembra abbastanza erroneo il venerarla essenzialmente per una razionalizzazione dell'occupazione, ottenuta attraverso questa proposta di riassorbire, con le opere pubbliche, la manod'opera, dismessa dall'iniziativa privata durante i busts,
semplice ASINCRONIA, suggerita persino dai flussi stagionali, dall'invito al risparmio suggeritoci dal crescere e successivo decrescere negli anni della capacità produttiva umana, e talmente banale e, oserei dire animalesca, che l'attuano pure le formiche e Cip e Ciop: forse écriticabile che non ci si fosse già pensato prima, ma comunque é la scoperta dell'acqua calda!
3.        Immediatamente l’economia transita da scienza delle attività economiche UMANE, ad un agire POLITICO in un contesto socialmente DETERMINISTICO.......................
Indiscutibilmente Fantozzi s'affretterebbe a pronunziare un “Come sono UMANI questi austriaci!”, apprendendo che la soluzione da loro proposta (ma non condivisa da G.P.G Imperatrice, non solo gran pezzo di gnocca ma pure analista davvero giudiziosa!), per le crisi economiche, consiste nel NON FAR NIENTE e semplicemente ASPETTARE CHE PASSINO,
perché – finché non ci siano problemi di sopravvivenza anche per le loro Eccellenze capitaliste e si tratti SOLO di far morire di fame qualche milione di lavoratori -   – il problema appare irrilevante e non val la pena di mettersi a sottilizzare!........”.....
Folli ciechi che non riuscite a capire che il pur deprecabilissimo MONTI, pur saccheggiandoVi il portafoglio quantomeno Vi salva il culo!  Avete dimenticato Ravachol? E Blanc “Per ogni povero, PALLIDO D'INEDIA, ci dovrà essere un ricco PALLIDO DI PAURA!”?!
Quasi mi augurerei che possiate guadagnare il sopravvento, per darVi modo di vedere quanto poco ci mettono - le masse abitualmente pecorone - a trasformarsi in sanguinarie e superdentate iene, insuperabili nell'allestire e rifornire ghigliottine!
K. e G. saranno economisti politicizzati e deterministi (come malignamente insinuato da Bepi) ma almeno si schierano nettamente pro classe operaia: del resto non solo il contratto sociale sottoscritto, ma anche l'art. 25 dei Diritti dell'Uomo proprio obbliga uno Stato, degno di questo nome, a prender posizione pro disoccupati,
ed a reperire le risorse necessarie sia a furia di tasse, sia parzialmente svalutando (operazione questa anche assai stimolativa di una rimessa in circolazione di tutto il denaro tenuto stazionario), alla peggio anche ulteriormente aumentando il debito pubblico, pur di conseguire lo scopo voluto:
ricordo, a questo punto, l'altra celebre battuta di K e cioé che, in condizioni di crisi e pur di così assicurarloro la sopravvivenza, lo Stato debba stipendiare i lavoratori anche solo per scavar buche da poi ricolmare!
4.       Il concetto di “bene comune” risulta essere relegato nel ristretto ambito del “classico“, obsoleto quanto dannoso, perché considera la persona umana nella sua globalità............
6.        Il sesto assioma é il sequenziale complemento di quanto detto. Se l’economia si trasforma in politica economica, ogni rigore scientifico perde il proprio valore e diventa inutile orpello: ciò che conta é il potere della comunicazione, il grado di convincimento dell’audience generale. L’apparire é quindi tutto, droga che obnubila e blocca sul nascere ogni possibile razionalità. É logico e giusto ciò che è utile nell’immediato.
Confesso che – ovviamente solo per mia completa colpa ed ignoranza – ma in tali capi d'accusa non sono riuscito ad afferrare il busillis; comunque provenienti da destra (come pur'anche dalla sinistra marxista) non si accettano, né si possono accettare lezioni sul  bene comune!
5.      ...........................Le masse dovevano essere opulente, ora e subito, per non cedere alle lusinghe ammaliatrici del socialismo, fosse costato ciò che é costato. E questo era lo scopo della politica economica: un socialismo de facto. Ed attuandosi ciò in un contesto “democratico” lo strumento cardine diventava la ricerca ad ogni costo del consenso, tramite la gratificazione economica comunque perseguita.
Bepi, hai aperto la danza col piede sbagliato e quando ciò avviene non ci si raccapezza più e tocca ricominciare da capo: da liberal-socialista ed esattamente come Gesell, K. detesta il marxismo e non perde mai l'occasione per giustamente denigrarlo,
ma non nutre affatto analoga prevenzione verso un socialismo democratico,  né assolutamente voleva ammaliare le masse, semplicemente perché operava e si batteva nel loro interesse e per la loro evoluzione,
nella più perfetta buona fede, come attestato da tutta la sua opera ma in particolare dallo  stralcio infrariportato, tratto dal lavoro Esortazioni e profezie, risalente al 1930,
anno della morte di Gesell, alla memoria della cui figura non escluderei possa esser fatto risalire, soprattutto per la contiguità col comma finale della commossa lapide, dettata dall'anarchico  Eric MÜSHAM nel numero del 7 Aprile 1930 della sua rivista Fanal, e del seguente tenore:
"Silvio GESELL  ha apportato una delle massime evoluzioni intellettuali e sociali mai conseguite: né gli scherni dei borseggiatori (letteralmente operatori di borsa, ma mi é piaciuto giocare nella traduzione) ed i lazzi dei marxisti possono sminuire la sua importanza di precursore ed ideatore del SOCIAL-LIBERTARISMO.
L'auspicato subentrare di tempi rivoluzionari dovrà ampiamente sdebitarsi col defunto, molto avendolo maltrattato in vita l'involuzione dogmatica della nostra epoca..... e senza neanche rendersi conto di quanto si stesse così autodanneggiando!
Il percorso dell'umanità, verso una società degna d'esser vissuta, sarà sicuramente lastricato con materiale proveniente dal giardino di Silvio GESELL."
(da Esortazioni e profezie):
"Vedo quindi uomini liberi tornare ad alcuni dei principi più veri ed autentici della religione e della virtù tradizionale:
vedo vizio l'avarizia, colpa l’esazione dell'usura, spregevole l'amore per il denaro;  e vedo che chi non si preoccupa del domani davvero procede sul sentiero della virtù e della profonda saggezza.
Rivaluteremo i fini sui mezzi, preferendo l’essere all’avere e rendendo onore a chi saprà insegnarci a virtuosamente cogliere l'ora e il giorno, nonché a quegli esseri meravigliosi, capaci di trarre un piacere diretto dall’armonia del creato, dai gigli del campo che non seminano e non filano (Matteo, 6.28).
Ma attenzione! Il momento non è ancora giunto e per almeno altri cento anni dovremo fingere, con noi stessi e con tutti gli altri, che questo giusto è sbagliato e che lo sbagliato sia giusto, perché è maledettamente utile, mentre il primo non lo è!
Così avarizia, usura, prudenza devono essere il nostro dio ancora per qualche tempo, perché attualmente solo queste guide possono, dal cunicolo del bisogno economico, trarci alla luce del giorno."
Io spero che neanche tu, Bepi, vorrai più sostenere che questo sia un parlare politico e da fintone!.....mentre – avendolo da sempre affermato - sono con te pienamente d'accordo che PRERINTENZIONALE e PELOSO sia stato molto del benessere, durante il 900 concesso o apportato dal  capitalismo alla classe operaia:  
carità pelosa perché nella maggior parte dei casi (e soprattutto in quello di Piscicelli) ed anche se questo machiavello ha finito per ugualmente avere un risultato positivo (cioé impedendo all'occidente di precipitare nel marxismo),
in realtà concessa non nell'interesse della classe operaia ma per poter continuare a fregarla, mettendole i paraocchi a sinistra;
e carezza preterintenzionale perché subito seguita da schiaffo, non appena nel 1989 é sparito quel forte braccio dell'armata rossa, incutente preoccupazione e rispetto, talché il capitalismo - invece di conservarci nel Paese dei Balocchi -
ha incominciato ad intonare l'inneffabile canzone dei tre porcellini “Chi ha più paura del lupo mannaro!” e ad avviarci ai carri bestiame, come i ciuchini di Pinocchio.  
7.     Il settimo assioma recita che politici ed elettori non avrebbero mai abusato del deficit di bilancio. Resta opaca la lettura di questa asserzione che potrebbe essere sia assioma sia conseguenza. Infatti, in una società economicamente programmata da un board di saggi, mai i politici avrebbero potuto cedere alla tentazione di finanziare le spese statali in modo esagerato più con il debito che con le impopolari tasse, né gli elettori avrebbero mai potuto cedere alla tentazione di privilegiare i politici che avessero loro elargito benefici senza aumento alcuno della pressione fiscale..........
Penso di poter interpretare tale ermeneutica nel senso di un'imprevidibile offerta d'attenuanti: – come Prometeo, rubando il divino fuoco per gli uomini ed offrendoglielo, certamente non stava immaginando un suo uso per l'incendio di Roma o per il napalm -
neanche esseri ragionevoli (e quindi K.) avrebbero mai potuto immaginare il disastro in cui ci avrebbero ficcato i maledetti politici utilizzando - da ladri qual sono e non com'era d'aspettativa - quella possibilità di disavanzo di bilancio, da lui GIUSTAMENTE affermata possibile e considerata socialmente positiva;
eppure realmente il debito, in sé e per sé. non é mai stato né buono né cattivo, perché viene qualificato dagli scopi per cui viene acceso; è quindi solo una possibilità in più che un buon padre di famiglia deve conservare disponibile nella propria faretra:
figurateVi quindi con che magone ha visto Monti firmare, la legge di rinunzia ad ogni possibilità di disavanzo, uno come me che - avendo sempre avuto progetti ben più consistenti della propria liquidità - fino all'inizio della vecchiaia ne ha contratti anche di colossali, ma che poi ha puntualmente ripagato,  ed uscendone arricchito malgrado gli interessi!
Questa valutazione di Bepi esprime comunque la consapevolezza che – a differenza dei  PIIGS – egli si sia reso perfettamente conto che la possibilità di disavanzo, da sola non può essere l'unica spiegazione della nostra rovina...........tantomeno addizionata solo a furti e corruzione!:
tanto per incominciare entrambi questi, a pensarci bene, hanno la caratteristica di non distruggere le risorse,  ma solo di trasferirle, dalle mani che le hanno create ad altre immeritevoli; e la corruzione poi, in particolare, nello stesso tempo che crea i problemi, anche li risolve,
tanto che Brecht ironicamente ma proprio s'augura d'aver a che fare sempre e solo con corrotti, tutto sommato da preferirsi ai molti, troppi IMBECILLI signorNO, in Italia impedenti la creazione di ricchezze.
So che é una conclusione amarissima – perché comporta il doversi battere il petto e fare mea culpa - ma in una società democratica e piramidale – con cioé la caratteristica che anche pochi validi ed onesti possano attivizzare e condizionare molti -  
2.000 miliard€. di debiti - una cioé similmente rilevante e madornale CATASTROFE - ha non solo necessariamente richiesto la conscia (od anche parzialmente inconscia) attivazione, contro il bene comune, di assolutamente tutto il campionario delle cialtronaggini,
ma anche una sua prolungata applicazione, oserei dire almeno trentennale, e poi non da parte di soli singoli, ma della quasi totalità del cocuzzaro politico-burocratico dell'Abominevole: in forma riassuntiva noi siamo vittime non della possibilita d'indebitarci, ma della delinquenzialità semigeneralizzata della CLASSE DIRIGENTE da noi eletta!
8.       Diamo infine atto a Lord Keynes di aver avuto la geniale idea di identificare le proprie teorie con il capitalismo, con cui proprio nulla hanno a che spartire. Così facendo, dette qualcosa da odiare con non fosse sé stesso...........
Dulcis in fundo, ecco un argomento in cui si può trovare il completo accordo, perché io proprio non credo che K. tenesse a che le sue teorie fossero inquadrate nel capitalismo; del resto neanche si sa se avesse gradito chiamarsi John Maynard: lo hanno fatto gli altri, e senza neanche chiederglielo.
E poi K. si etichettava liberale, anche se forse era già anarco-socialista - il socialismo non é che un'evoluzione del liberalismo - e solo in certe sue riuscite speculazioni di borsa ha esposto un comportamento capitalistico,
(comunque apparendo il vivervi dentro ragion sufficiente, come successo anche a Gesell ed in seguito a me, ambotre avendo dimostrato indiscutibili capacità anche pro bono proprio).
Non mi risulta neanche che il sistema economico - avente per fondamentali libero mercato e pluralismo economico – abbia mai tenuto ad essere qualificato capitalistico; anzi, tutt'alcontrario e molto interessatamente, é stato sempre questi che non solo si é qualificato quello ma ha anche giurando e spergiurando non esserne possibili altri;
si veda a questo proposito il mio articolo TESI RIASSUNTIVE DELL'ANARCO-SOCIALISMO GESELLISTA..... (http://www.gesell.it/tesi.htm), in cui é ben evidenziata l'assoluta necessità di spezzare tale mostruosità, abusivamente indotta.
Di natura gentile e compiacente -  ed anche se assolutamente non mi risulta che capitalismo sia un marchio depositato - anche a nome sia di K. che di G. ed in favore tuo e dei tuoi, ben volentieri decliniamo qualunque intenzione d'avvalercene, ambendo semmai appropriarci dell'aggettivo antitetico,  ANTICAPITALISTI!
Io poi, in particolare, ho sempre talmente  amato ed apprezzato quell'altro da scrivere e non fare altro che ripetere il mantra “LA DELINQUENZA ORGANIZZATA NON E' ALTRO CHE IL PASSAGGIO AL LIMITE DEL CAPITALISMO, per etica e correttezza tendenti a zero!”


martedì 25 dicembre 2012

Auguri ai lettori di GeoLib

Buon Natale e felice anno nuovo

Natale hilare et annum faustum

חג מולד שמח ושנה טובה

Merry Christmas and happy new year

أجمل التهاني بمناسبة الميلاد و حلول السنة الجديدة

Joyeux Noël et bonne année

אַ פֿרײליכע ניטל און אַ גוטער נײַער יאָר

Feliz Navidad y próspero año nuevo

Bonan Kristnaskon kaj feliĉan novan jaron

mercoledì 19 dicembre 2012

Renzi e Bersani visti da Schlag


VEGGIO IL MEGLIO ET AL PEGGIOR M'APPIGLIO
di Schlag (04/12/12)

La resistenza al nuovo ed il culto dell'usato sicuro già venivano irrisi oltre 2000 anni fa da Tacito, che negli Annali commenta “Omnia, quae nunc vetustissima creduntur, nova fuere!”(intendi: Anche le soluzioni, attualmente collaudatissime, in precedenza furono novità!).

Eppure tale comportamento è del tutto comprensibile non appena si pensi ai colossali sforzo e pericolo di tracciare nuove strade o rotte, insomma l'essere il primo a tentare il nuovo, a dirigersi verso l'America, sapendo ciò che si lascia ma non ancora ciò che si trova, (anche se, in quel caso, l'audace fu lautamente ricompensato, ma si sa bene che non é sempre così!)

Il tentatore Mefistofele é indubbiamente favorito dal fatto che Faust, gravato dagli anni, sta pensando al suicidio, talché non ha buone e forti àncore che lo trattengano da quell'avventuroso viaggio, metafora della vita tutt'altro che conventuale perché spesa nell'attraversare il mondo con tutte le sue insidie, per pervenire al bene pur avendo conosciuto il male.

Invece don Gallo – che ha visto Renzi sovrapposto a Mefistofele e cioé come un infiltrato tentatore di destra – ha potuto scrivere “Renzi mi ha davvero convinto: voto Bersani!”,

perché lo zoccolo duro (di nome e di fatto) della Sinistra, la forcaiola CGIL, i bistrattati pensionati ed i marxisti son ben lungi dalla succitata consapevolezza di Faust, ancora non si son resi conto di trovarsi nell'identica situazione della povera Eluana,

(né hanno ancora avuto la fortuna di incocciare un buon padre di famiglia come il di lei, che ha pietosamente staccato la spina!)

Gli inglesi, in simili casi, parlano del salto del gatto morto, Tasso dice (d'Argante) andava combattendo ed era morto! - mentre i marxisti non solo si ritengono ancora vivi e vegeti ma anche possessori delle soluzioni vincenti, pur se già fallite in tutto l'orbe terracqueo.

Il risultato é che la mia amata Sinistra si ritrova tra color che son sospesi, così meravigliosamente descritti da Brecht (mia la traduzione):

APOLOGO DELLA CASA IN FIAMME

Non molto tempo fa, vidi una casa bruciare:
le fiamme ormai arrivavano al tetto.
Vedendoci ancora gente dentro
mi avvicinai sorpreso e, dalla soglia,
li avvisai che ardeva tutto,
che si ponessero in salvo, e DI CORSA!

Ma quelli invece indugiavano. Uno mi chiese
- mentre ormai la vampa gli strinava le sopracciglia -
che tempo faceva, non é per caso che pioveva,
e che tirava vento, e c'era pronta per loro altra casa, eccetera.
Senza più rispondergli mi posi in salvo.
“Anche bruciando – pensai – questa gente farà domande sceme!”

“Amici! A chi – quando la terra brucia sotto i piedi -
non preferisca qualunque cosa all'indugiare,
davvero io non ho più nulla da dire!”

Così Gauthama il Buddha.



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Intendiamoci: non avevo e non ho assolutamente nessun preciso capo d'accusa da lanciare contro Gigi - compagno progressista e sensato e nel passato eccellente ministro – se non quel fumus di una familiarità forse eccessiva (ma che assolutamente non posso escludere dovuta agli usuali rapporti politici) con insetti-inetti tipo Lusi, Penati, Tedesco, Del Bono,

insomma ed in genere, quel suo lungo attraversamento del troiaio politico – senza, come me, l'attenuante d'averci rappresentato l'ultima ruota del carro – situazione che rende scarsamente credibile un suo completo non coinvolgimento.

Non escludo che questa mia prevenzione sia dovuta ad un'amarissima vignetta – che mia madre mi mostrò quand'ero bambino: mentre – davanti ad un plotone di SS – due ebrei si stavan scavando la fossa, uno interrompe tale lavoro per alzare braccia imploranti al cielo, dove, su una nuvoletta, a Jahvé che sta guardando, San Pietro s'affretta a dire “Digli chiaro che non esisti, che ci fai una figura meno brutta!”

Oltre ad avere il culto della responsabilità, a me insomma piacciono i tipi maschi e che neanche provano a nascondersi dietro ad un fil di ferro, fino al punto che ho considerato sia molto evolutivo per gli Italiani che in sé ammirevole il metterci la faccia di Bettino, ed il suo shakespearianamente difendersi “Così fan tutte!”

Anche nel caso del sacco del Piano Sregolatore di Roma, io metterei le mani sul fuoco che Walter personalmente non si sia messo soldi in tasca.............però sicuramente non ha alzato neanche un dito per impedire ai suoi compari di farlo (così come sarebbe stato suo preciso dovere), tappandosi i sensi come le famose tre scimmiette.



Nella mala un tale comportamento è chiamato fare lo gnorri, fare il palo e, mentre posso anche giustificare il ladro – che impadronendosi del bottino dimostra semplicemente di amare sé più del sottoscritto derubato (però neanche odiandomi, semplicemente considerandomi la sua parassitata fonte di reddito) - 

simile comprensione non é rivolgibile anche verso uno gnorri, prima di tutto se da me pagato per tutelarmi e che poi – per apportarmi un danno non comprendente alcun suo beneficio - nei miei confronti, non può che provare negatività, autentico rancore, odio e disprezzo:

se amore con amor si paga, allora per legge di simmetria simili pali incominciamo a tagliarli - allons enfants! - e/o BRUCIARLI !

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Il terrore del nuovo – che, insieme al dogma dell'usato sicuro, ha determinato l'attuale (02/12/12) errore della mia amata Sinistra - provoca in me altro hyperlink con la seguente storiella (GPG scusami, sit venia verbis (intendi: sia scusata la crudezza) ma quando ce vò ce vò!):

un ventenne derviscio cammellato avanza nel deserto infuocato da un terribile solleone; essendo giovane e terribilmente arrazzato - perché è oltre un mese che non ha sfogo sessuale - decide estemporaneamente di farsi la sua cammella: 

impugna una pala, sudando e sbuffando costruisce il necessario montarozzo, ci monta sopra ma – appena cerca di abbrancare da dietro la cammella – questa pudicamente si sposta d'una decina di passi; il derviscio, testardo ed in calore, reimpugna la pala,

ma quella vezzosa si ripete parecchie altre volte, finché questa indesiderata passeggiata non li porta in vista di un SUV, uscito fuor del tracciato della Parigi-Dakar, ed in cui giace una bella e giovane ma ormai agonizzante americana.

Rinviati i precedenti bollenti ardori, il derviscio la disseta, la schiaffeggia, la massaggia, finché la giovane non si riprende, spiegandogli che – uscita involontariamente dal tracciato alcuni giorni prima, ed essendosi il mezzo insabbiato, non soccorsa e finita l'acqua si era ormai rassegnata ad una morte atroce.

Il derviscio le dà anche da mangiare, poi con la cammella fà diversi viaggi recuperando sassi e rami di palma, scava sotto le ruote mettendoceli; poi, versando fiumi di sudore sposta tonnellate di sabbia, superficiale e smossa, fino ad assicurare un fondo più consistente a tutto il tratto che il suv dovrà attraversare per reimmettersi in pista;

infine fà tirare il suv, con l'americana alla guida, dalla cammella, lui stesso lo spinge possente fino a reimmetterlo in pista e finalmente s'accosta, per congedarsi, quasi ignudo e sorridente al finestrino:

il petto e le braccia sono scolpite dai muscoli, che il sudore ha reso lucenti, talché nel tramonto il bel giovane quasi appare un semidio: così non é solo per riconoscenza che l'americana - ormai avendo completamente recuperate le forse durante quel lungo lavoro,

ma anche piena d'ammirazione per tutta quell'alacre potenza lavorativa, impiegata in suo favore, e poiché quell'esibizione di maschilità le ha messo addosso un certo languorino – gli dice

“Mio Salvatore, bello e ruspante, io tutto ti devo, la vita, la salvezza - perché senza di te io sarei forse già morta di sete, mentre tra poco riprenderò salva la via verso la civiltà – ma non senza averti, prima e volentieri, ricambiato con TUTTO: chiedemi QUALUNQUE COSA!”

All'arrapato derviscio non par vero “TUTTO, ma .....proprio TUTTO ?!”

“SI', SI' SI'...... TUTTO !” – quasi urla l'americana ormai allupata ed incominciando a spogliarsi

“Allora ti dispiacerebbe reggermi 'sta cammella, per cinque minuti e vicino a quel montarozzo?!”



giovedì 11 ottobre 2012

Il Parlamento corporativo proposto da Borruso

Qui di seguito, nelle righe in azzurro, la controrisposta di Silvano Borruso al
mio articolo "Corporativismo? No, grazie!" (qui riprodotto nelle righe in nero),
che a sua volta rispondeva al suo
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Borruso (http://nonviolento.blogspot.com/2012/06/il-corporativismo-secondo-borruso.html) ci spiega, nel suo excursus storico sulla nascita ed il diffondersi di quello che chiama “sistema partitocratico”, che il partito ha per scopo “il proprio vantaggio” piuttosto che “la giustizia, l'equità, la vita morale” e lo fa citando Rosmini (dalla cui citazione ho tratto i virgolettati). Come dargli torto? Innanzi tutto però chiamerei il sistema di cui trattasi “sistema partitico” piuttosto che “partitocratico”, essendo il secondo una degenerazione del primo. Si può discutere su come dal sistema partitico si degeneri nel sistema partitocratico, in ogni caso vale la distinzione, per trattare diversamente da una parte i sistemi politici in cui i partiti esistono ma non si occupano di tutto (bensì quasi esclusivamente dell'elezione dei rappresentanti) e dall'altra i sistemi in cui i partiti esercitano un potere smisurato non solo nelle istituzioni, finendo per abusare di tale potere in esse, ma anche nella cultura, nella società e nell'economia. Metterei tra i primi gli USA e tra i secondi l'Italia.

Conoscendo un po’ di storia USA si vedrà che non c’è differenza tra i due paesi. Si studi con attenzione la campagna elettorale del 1896, che vide McKinley aver la meglio sui democratici.


Sicuramente entrambi hanno un sistema partitico, ma in Italia tale sistema è degenerato in sistema partitocratico. Ciò non significa che tutta la politica degli USA è buona mentre quella italiana è cattiva, bensì significa che qui i partiti hanno smesso di compiere il loro dovere così come stabilito dalla Costituzione, finendo per creare un vero e proprio nuovo sistema che è altro rispetto a quello dei Paesi anglosassoni o nordeuropei. Il sistema partitocratico, per esemplificare, prevede che anche per la nomina di un dirigente locale di una qualsiasi azienda municipalizzata si debba ricorrere a scelte fatte dalle organizzazioni partitiche.
C'è da discutere, poi, e spero che GeoLib sia sede anche per questo tipo di approfondimenti, se è possibile e come, non solo a livello teorico, trovare alternative valide al sistema partitico che ci permettano di avere maggiori libertà, meno coercizione. Tornando alla citazione di Rosmini, se è vero che i partiti, anche in un sistema non di degenerazione partitocratica, hanno per scopo il proprio vantaggio, ciò non è in sé un male. È convinzione comune di tutti i prepotenti politici di conoscere a priori quale siano la giustizia e l'equità senza confrontarsi con i punti di vista altrui. I partiti, in un sistema funzionante, si occupano ognuno degli interessi della propria parte e dal confronto tra loro si ha una sorta di contrattazione che permette di giungere a compromessi che dovrebbero essere i meno dannosi per tutti quanti.

Il condizionale “dovrebbero” la dice lunga sul problema.

La regola della maggioranza fa sì che basta arrivare ad una coalizione che superi il 50% nelle assemblee rappresentative per decidere per tutti. Quindi il partito o i partiti che giungono a tale soglia impongono il loro volere (o il loro compromesso) a tutti gli altri. Sarebbe di conseguenza necessario spostare l'attenzione non solo sui partiti e sul loro ruolo, bensì anche sulla regola della maggioranza ed anche sulla democrazia in sé così come essa è concepita oggi nell'Occidente.

È proprio quello che la rappresentanza corporativa (che non è lo stesso di corporativismo) farebbe.

Per quanto riguarda il resto del mondo stendiamo un velo pietoso, poiché, per quanto criticabile siano i sistemi occidentali, tutto il resto è solo peggio ed ancor oggi è valido ciò che disse Churchill in proposito: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora”.

Da che pulpito viene la predica… autore della Regulation 18B, con cui sbattè in carcere chi non la pensava come lui durante la seconda guerra.

Dobbiamo allora continuare a sperimentare per trovare nuove forme di governo, ma non sulla pelle delle persone,

Quello che è necessario è definire “governo” come la sommatoria di cinque funzioni inalienabili: giustizia, ordine pubblico, difesa, finanze e diplomazia. Il resto (educazione, trasporti, agricoltura ecc. è lo Stato, che dovrebbe esercitare codeste funzioni sussidiariamente, o alienarle del tutto quando la società è in grado di espletarle da sè.

non imponendo quindi agli altri ciò che riteniamo “buono e giusto” a priori, ma proponendolo e mettendoci a confronto al fine di giungere ad un accordo il cui contenuto, quindi, non possiamo conoscere a priori.

Se la storia è magistra vitae, ne sappiamo abbastanza senza dover leggere la sfera di cristallo.

Insieme a Borruso critico non solo la degenerazione partitocratica, ma anche il sistema di democrazia rappresentativa. Borruso, però, sceglie un'alternativa che va nella direzione opposta a quella che auspico, non a caso cita addirittura Mussolini, che da socialista creò un partito politico (che come peste si diffuse nel mondo): il fascismo.

Non lo sapevo. Gradirei esempi dove ciò sia accaduto. A meno che per “fascismo” si intenda qualcosa di diverso. Definire i termini, per favore.

Il fascismo mescolò socialismo autoritario, corporativismo e nazionalismo, instaurò un regime totalitario ventennale in cui le libertà vennero represse, vennero varate le leggi antigiudee e ci si alleò con il regime nazista, figlio del fascismo stesso, per fare la guerra al mondo (mentre procedevano nel genocidio degli ebrei), venendo poi dal mondo tragicamente sconfitti.

Bella questa Volgata. Mi ci vorrebbe un volume per confutarla frase per farse, ma non qui.

Non accetto quindi il corporativismo solo perché sono antifascista? No, poiché ritengo che le idee vadano vagliate nel merito. Cominciamo laicamente dal termine “fascismo”, come fa Borruso stesso, dicendoci che il suo significato deriva dal motto “l'unione fa la forza”. Quando tale unione è imposta con la violenza la forza sembra vada prima o poi a sgretolarsi contro la forza dei mirmidoni, a quanto pare. Quand'anche tale forza potesse essere vincente per secoli o millenni, se fosse basata sull'esclusione e sulla violenza non sarebbe di certo da emulare, ma da contrastare.

D’accordo, ma la mia proposta di rappresentanza corporativa non prevede niente del genere.

Passiamo ora ad esaminare il corporativismo. Borruso scrive che il motivo per cui i sistemi corporativisti italiani e portoghesi del secolo scorso erano destinati a fallire è che “nacquero dall'alto e non dal basso”. Dall'alto e non dal basso è un altro modo per dire che furono imposti, non voluti, non su base volontaria, cioè violenti. Anche Borruso, quindi, rimprovera al corporativismo del secolo scorso ciò che io (ed ovviamente la critica non proviene solo da me) rimprovero al fascismo. A proposito è interessante notare che Pannella ha chiamato il fascismo (o almeno un certo suo aspetto) “welfare senza libertà”.

Se si considera la libertà politica, non ce n’era nel ventennio né ce ne è oggi. Per quella economica, invece, c’era nel ventennio ma è quasi sparita oggi.

Borruso sembra invece proporci un nuovo fascismo, un nuovo corporativismo, che sia sì una restaurazione, ma non restaurerebbe il mussolinismo. Ogni seria critica a tale proposta va quindi fatta nel merito e non traslando al corporativismo proposto da Borruso le critiche al ventennio fascista, per quanto egli non si fa problemi a citare Mussolini stesso.
Borruso propone di usare l'articolo 49 della nostra Costituzione repubblicana, quello relativo alla libertà associativa dei cittadini in partiti per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Si tratterebbe quindi di usare il sistema partitico per restaurare il sistema corporativo.

Non appare il termine “sistema” nel mio scritto. Ho limitato l’attuare corporativo alla rappresentanza delle forze del lavoro in Parlamento, dove sostituirebbe i partiti.

Già da ciò mi sembra possiamo giungere ad una prima conclusione, cioè che il sistema partitico è superiore a quello corporativo almeno in una cosa: dal primo si può (almeno teoricamente) giungere in maniera non violenta al secondo. Possiamo dire la stessa cosa del percorso inverso? Direi di no, poiché immagino che se la Costituzione avesse previsto un sistema corporativo piuttosto che un sistema partitico, non avrebbe lasciato una così libera interpretazione di ciò che avrebbe dovuto intendersi per “corporazione”. Ergo: il sistema a partiti è più aperto, più flessibile, del sistema corporativo. Ad oggi possiamo benissimo immaginare (nella storia ce ne sono stati diversi in diversi Paesi) un partito dei contadini, così come è già presente un partito dei pensionati e chiunque può benissimo fondare un partito, sempre a titolo esemplificativo, degli avvocati o dei medici o dei muratori. Potremmo immaginare la corporazione dei comunisti o quella dei liberisti o quella dei socialdemocratici o quella dei georgisti? Ovviamente no, a meno che il sistema corporativo non diventi un altro nome con il quale chiamare il sistema a partiti politici.

Qui c’è un malinteso. Una corporazione di comunisti è un ossimoro: ciò che unisce i comunisti è una ideologia, non un lavoro comune. Il passaggio da me proposto è pienamente pacifico, mentre quello dal sistema corporativo (fascista) al partitico avvenne dopo una strage fisica di centinaia di migliaia di individui.

Mettiamo che, comunque, si verifichi ciò che Borruso auspica. Egli afferma che attraverso tale trasformazione del sistema partitico in sistema corporativo (a Costituzione invariata e dal basso) si arriverebbe al “100% di rappresentanza”. E chi non lavora, per varie ragioni?

Se non lavora perchè inabile, tutto quello di cui ha bisogno è una famiglia unita ed economicamente salubre. Non ha bisogno di rappresentanza politica. Se non lavora perchè svogliato, chieda alle cornacchie di portargli cibo, o si arrangi diversamente.

E chi lavora in casa? Avremmo anche la corporazione dei casalinghi, degli invalidi civili, dei disoccupati e dei pensionati sociali?

La corporazione delle casalinghe-madri-gestori di focolare domestico, senz’altro. Attuerebbe per farsi dare uno stipendio decente proveniente dalla rendita da suolo spoglio, che in giustizia appartiene proprio a loro in quanto creatrici e educatrici di quel capitale umano di base che solo dà valore a una proprietà.
Un uomo che lavora in casa lavorerà pure a qualche cosa di suo interesse. Quell’interesse determinerebbe la corporazione dalla quale farsi rappresentare.
L’adozione di moneta geselliana farebbe sparire la disoccupazione come neve al sole, trasformandola in scarsezza di manodopera.

A sistema istituzionale invariato, poi, basterebbe la rappresentanza del 50%+1 in Parlamento per poter formare una maggioranza governativa.

Non vi sarebbe bisogno. La funzione della rappresentanza corporativa non è di fare leggi, ma di parlamentarle, cioè renderle accettabili al bene comune.

Ci sarebbero quindi alcune forze produttive più rappresentate di altre, poiché avrebbero in potere la stanza dei bottoni.

La stanza dei bottoni è del governo, non dei rappresentanti. Ogni rappresentanza non avrebbe bisogno che di due-tre individui, sia che rappresenti un milione o diecimila persone. Le riunioni parlamentari interesserebbero solo le corporazioni danneggiate da una certa legge o leggi, dove queste verrebbero modificate trasparentemente.

Potrebbero fare le leggi che vogliono per favorire la loro parte sociale anche contro quelle avverse.

Non fare, ma parlamentare, come detto sopra.

Quand'anche le forze produttive (esclusivamente esse?) fossero rappresentate al 100% in Parlamento (e ciò dipenderebbe immagino da un sistema elettorale il più proporzionale possibile)

Chi eleggerebbe i due-tre rappresentanti sarebbero gli interessi stessi, quando e come piacesse loro, Non ci sarebbe bisogno di “indire elezioni” per l’insieme del popolo italiano.

alcune di esse (specie in un sistema sociale ed economico bloccato come quello italiano) sarebbero perennemente escluse dalla maggioranza governativa.

Non ci sarebbe bisogno di maggioranza, né governativa né partitica né corporativa. Questi sono termini obsoleti creati da un sistema contro natura.

Facciamo adesso un passo indietro e vediamo come Borruso immagina di passare dal sistema partitico a quello corporativo. Egli immagina che tale passaggio avvenga attraverso la “competizione tra i vecchi partiti [non corporativi] e i nuovi [corporativi],

Non ho fatto uso del termine “partito corporativo” che considero un ossimoro. Il lavoro unisce, il partito divide.

molti dei quali sostituiranno quelli vecchi al conteggio.

Nessuno dovrebbe conteggiare alcunché.

Alcuni vecchi partiti sparirebbero, come sono spariti alle amministrative del 2012”. E chi ci può assicurare che i partiti rappresentanti le corporazioni possano essere così forti da far addirittura spazzare via i vecchi partiti?

Nessun partito rappresenterebbe una corporazione. Ognuna di esse rappresenterebbe sé stessa, per mezzo di due-tre membri inviati in Parlamento se e quando necessario per i suoi interessi.

Sono poi veramente “spariti alle amministrative del 2012”? In molte realtà amministrative sono tutt'altro che spariti. Alcuni partiti hanno decisamente subito una grande batosta, ma da qui ad affermare che i vecchi partiti sono spariti ce ne vuole.

Ammetto il lapsus. Mi scusa il tempo e la distanza dal Bel Paese.

Secondo Borruso, poi, da eletti “i rappresentanti delle forze lavoro assumerebbero un comportamento antitetico rispetto ai partiti convenzionali, disdegnando privilegi ingiusti oggi a spese del contribuente, per godere di quelli, giusti, elargiti loro dai loro rappresentati, come convenuto in sede di riunioni informative”. E perché mai i rappresentanti delle corporazioni dovremmo immaginarli più etici degli attuali politicanti?

Perché verrebbero controllati da interessi di lavoro. Detto controllo avverrebbe proprio in riunioni informative.

All'interno delle corporazioni più forti, poi, cosa impedirebbe agli elementi più forti economicamente di corrompere gli altri per far, ad esempio, leggi, in proprio favore?
Nessuna corporazione sarebbe “più forte” di un’altra. Facciamo un esempio: oggi le corporazioni scendono in piazza per esporre i loro interessi. Quale è “più forte”? Quello che propongo è che invece di bloccare strade e incomodare i passanti, siederebbe in Parlamento a discutere l’assunto così da apportare i rimedi necessari.

Leggi quindi ingiuste basate su interessi privati? Cosa garantirebbe che ciò non possa più accadere?

Che nel momento che qualcuno tentasse di passare una legge ingiusta, i rappresentanti delle corporazioni toccate dalla misura si riunirebbero per modificare-abrogare ecc. quella legge.

Perché una rappresentanza corporativa avrebbe più tutele in tal senso? Egli scrive inoltre che “una volta spariti i partiti storici, non vi sarebbe più bisogno di sessioni parlamentari se non quando lo richiedesse il bene comune”. Fatto è che chi ha potere difficilmente lo cede ed immagino che un rappresentante (corporativo o meno) eletto in Parlamento si muoverebbe come si muovono tutti gli esseri umani cercando di aumentare il proprio vantaggio e quindi si riunirebbe con gli altri suoi colleghi ogni qual volta lo richiedesse il suo interesse e non “il bene comune” e di certo giustificherebbe (come si è sempre fatto) tutto ciò parlando di “bene comune”, che è sempre nelle bocche di tutti, specialmente degli imbroglioni.

Grazie dell’epiteto, ma sorvolo. Mi pare di avere detto abbastanza per mostrare che il pericolo ventilato verrebbe non eliminato, ma ridotto al minimo.

Borruso scrive anche che “i rappresentanti obbligherebbero il governo a riappropriarsi delle sue funzioni inalienabili, in primis quella monetaria stoltamente ceduta ad interessi finanziari in chiaro contrasto con quelli popolari”. Può darsi che ciò sarebbe più facile avvenga, ma è veramente “funzione inalienabile” del governo l'emissione ed il controllo della moneta? La moneta non può essere emessa e gestita dal basso?

Se con essa si pagano le tasse, no. Un governo che ha il diritto di tassare ha il corrispondente dovere di emettere un mezzo di pagamento. È quello che oggi i governi non fanno, forzati a indebitarsi e a tassare per pagare lo strozzinaggio sul debito. La rappresentanza corporativa rafforzerebbe il governo così da imporre il potere politico su quello finanziario.

Anche i sindacati, a parere di Borruso, sparirebbero attraverso il corporativismo. Tale sistema non favorirebbe, invece, il rafforzamento o addirittura la nascita di nuovi sindacati, magari legati alle corporazioni meno forti, quelle escluse dalla maggioranza governativa?

Non vedo come.

Riguardo la critiche che egli fa, en passant, “sulla presenza deleteria dei partiti convenzionali nei municipi” non posso che concordare. Dove di certo il sistema partitico ha dato il peggio di sé è proprio nelle amministrazioni locali, dove il sistema partitico non ha alcuna ragione d'essere.
Con Raucea (http://nonviolento.blogspot.com/2012/09/raucea-risponde-borruso.html), che qui ringrazio pubblicamente per avermi sollecitato (con la foga che gli è propria) ad intervenire, concordo sull'idea “che sia il marxismo che il corporativismo sono espressioni di un'economia statalista”. Con lui, quindi, anch'io sono pienamente geselliano, aderendo “al pluralismo economico e libero mercato”. Riguardo la preferenza che Raucea esprime verso il meno peggio tra marxismo e corporativismo, che per lui è il marxismo, ci sarebbe pure molto da dire e spero di approfondire in tempi futuri. Qui aggiungo solo che tra un qualsiasi sistema che assicura per tutti maggiori libertà individuali di un altro preferisco sempre il primo, chiunque stia nella “stanza dei bottoni” e qualunque sia il numero e la composizione di questi chiunque.