giovedì 30 luglio 2020

Sempre dalla parte della libertà individuale: Fabio Massimo Nicosia

È con gioia che accogliamo qui nel blog geolibertario quest’intervista che ci aiuterà a conoscere meglio il geolibertario Fabio Massimo Nicosia. Le domande sono di Emiliano Sellari.

domenica 26 luglio 2020

Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

Siamo all'ottava puntata dell’intervista geolibertaria. A porre domande è Dario Farinola e risponde Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:
  1. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia
  2. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza
Nella scorsa puntata abbiamo discusso del Manifesto costitutivo del Partito Libertario di Nicosia a cui abbiamo collaborato anche io e te. Hai sostenuto una tesi che francamente non riesco a comprendere e cioè che l'idea di andare al governo per imporre una transizione verso una società libertaria sia incompatibile con i principi della nonviolenza. Allora ti domando: che cosa significa per te in termini concreti e specifici essere nonviolenti? A tal riguardo hai affermato che l'obiettivo è quello di "far evaporare il potere, chiunque lo abbia in mano". Che cosa intendi esattamente con questo concetto? Con quali strumenti e modalità è possibile a tuo parere "far evaporare il potere"?
Non ho partecipato alla creazione del Manifesto del Partito Libertario, pur vedendolo favorevolmente, da un punto di vista gradualista, verso una società più libertaria di quella attuale. Nonviolenza significa cercare di imporre il meno possibile qualcosa di non voluto agli altri. Il potere politico, per come lo intendiamo oggi, è violenza in sé. Lo Stato è violenza in sé. Non sono contrario all’idea di andare al governo, ma se la intendiamo nel senso di prendere il potere politico, per imporre delle leggi e cercare di farle rispettare, sarò sempre dalla parte del dittatore libertario, se e finché ci sarà, ma temo che il potere corrompa ed il dittatore finirebbe per non essere libertario per nulla. Dobbiamo, quindi, cercare strumenti alternativi allo Stato, per come lo concepiamo oggi e la ricerca di Nicosia, quindi, la trovo molto utile e mi sembra vada nella direzione da me auspicata: la direzione libertaria dell’annientamento del potere inteso come oppressione, come violenza. Ciò che contesto è l’idea che per raggiungere una società libertaria si debba o si possa passare per un’azione anti-libertaria come imporre con la violenza la propria volontà agli altri. Certamente, ripeto, nel caso in cui si presentasse il dittatore libertario, in ogni sua manifestazione possibile, sarei dalla sua parte, ma una volta che si realizza come partito politico al potere, come potremmo scongiurare che il potere non seduca la dirigenza di tale partito? Di libertari vari che giunti al potere sono diventati i peggiori tiranni è piena la storia e noi italiani, ad esempio, abbiamo avuto Crispi e Mussolini, tanto per fare esempi di militanti giovanili di fazioni politiche che perseguivano ideali di “libertà, uguaglianza e fraternità” e che poi al potere hanno fatto esattamente il contrario. Quali strumenti usare, quindi? Quelli della nonviolenza, della noncollaborazione nonviolenta, a partire anche dal biasimo fino ad arrivare ad azioni concrete come la famosa marcia per il sale che organizzò Gandhi. Chiave del potere oggi è il monopolio monetario ed attraverso una moneta geselliana, come ho già accennato nelle puntate precedenti, si potrebbe far evaporare continuamente la rendita fondiaria, così come penalizzare l’inquinamento. Si potrebbero creare associazioni che fanno circolare monete alternative a quella imposta dal potere politico attraverso azioni nonviolente di massa, che implicherebbero, quindi, anche il rifiuto dell’uso dell’attuale moneta.

Sulla questione del diritto d'autore (argomento anch'esso oggetto della scorsa puntata) evidentemente c'è stato un deficit di comunicazione tra me e te. Mi spiego meglio: supponiamo che l'autore originario crei un'opera frutto del suo ingegno e supponiamo che successivamente vengano lanciati sul mercato prodotti e servizi simili all'invenzione originaria. A tuo parere è giusto che l'autore originario oltre ad essere riconosciuto sotto il profilo morale riceva una rendita passiva generata da quelle aziende concorrenti che hanno sfruttato la sua idea originaria? Più in generale e comprendendo la tua antipatia nei confronti dei vocaboli stranieri che d'altronde è anche la mia, qual è esattamente la tua posizione su brevetti, copyright e proprietà intellettuale? Attinente all'argomento del diritto d'autore c'è la controversa questione legata alla pirateria. Cosa ne pensi di quest'ultimo argomento?
È giusto che l’autore di un’opera d’ingegno riceva una rendita, se e nella misura in cui c’è qualcun altro che voglia dargliela ed io sarei tra coloro che si potrebbe autotassare per dargliela. Senza alcuna legge che vieti la “pirateria” essa non esisterebbe, neppure come concetto, se non riferito al passato. Su ogni questione, come su questa questione, penso che dovremmo cercare di capire che se vogliamo tutele, dovremmo autorealizzarle, non batterci affinché ci siano leggi statali che tutelino, perché lo Stato è violenza in sé, in quanto monopolista della forza. Se vogliamo, quindi, una tutela del diritto d’autore, dovremmo creare associazioni che, senza impedire nulla a nessuno, paghino l’autore, attraverso l’autofinanziamento dell’associazione stessa. Chi non vorrà riconoscere tale diritto potrà ovviamente non riconoscerglielo non aderendo all’associazione e non avrà nessuna sanzione usando l’opera di ingegno, magari per realizzare profitti, ma se si diffonde l’idea che chi non riconosce il diritto d’autore è da biasimare, sarà lo stesso mercato a punirlo, diffondendosi la notizia, ad esempio che è un copione che sfrutta le idee altrui senza compensare adeguatamente l’autore dell’idea.

Tornando sempre alla puntata della scorsa settimana hai menzionato la cosiddetta "moneta deperibile". Che cosa intendi esattamente con questa espressione?
Una moneta come l’ha immaginata Silvio Gesell, cioè che perde valore nominale nel tempo. Facendo un esempio, immagina di ricevere una banconota da 100 euro e che se non li spendi entro oggi varranno 99 euro e così via ogni giorno. Che faresti avendo un tale tipo di banconota? Immagino che la useresti al più presto, facendola così circolare e così ognuno che la riceverebbe. La velocità di circolazione della moneta, quindi, sarebbe maggiore, beneficiandone gli scambi e nessuno sarebbe indotto a usarla per tesaurizzare.

Sul CONSENSO SOCIALE in relazione all'utilizzo della terra e di tutte le risorse naturali, come sai, Fabio Massimo Nicosia teorizza l'idea dei Common Trust, organismi societari di diritto comune aventi il compito di valorizzare il capitale comune. Tu, invece, sostieni l'idea che anche il consenso sociale debba essere legato al libero mercato. Francamente faccio fatica a comprendere la tua posizione perché il dubbio che mi pongo è il seguente: i Common Trust nicosiani (lo dice la parola stessa) rappresentano "istituzionalmente" l'intera comunità. Nel tuo caso invece per quale motivo un cittadino proprietario dovrebbe ottenere CONSENSO SOCIALE da un'organizzazione di diritto privato che di fatto rappresenta una piccola parte della comunità?
Sei così certo che Nicosia intenda i Common Trust come rappresentanti dell’intera “comunità”? Da chi sarebbe composta questa “comunità”? Quale anarchia sarebbe mai tale, sarebbe rispettosa della libertà individuale, se l’individuo non può decidere se fare o non fare parte di un’associazione, fosse anche il Common Trust nicosiano? Se crediamo veramente nella “bontà” dell’istituzione che già esiste che rappresenta tutti e che si chiama mercato dovremmo cercare di immettere nel mercato gli elementi che pensiamo vadano immessi. Nella mia idea, dovremmo cercare di creare associazioni che nel libero mercato immettano moneta geselliana che, quando arriva nelle mani di colui che si impossessa delle risorse naturali, passa ad un tasso di deperimento maggiore di quando è nelle mani di chi non se ne impossessa. Si può pensare anche ad un tasso di crescita del valore monetario (anche partendo da un valore nullo) per certe categorie di persone: come ad esempio chi si occupa dei minori, non avendo modo di lavorare per sostentarsi, o come i disabili. Per queste categorie ci sarebbe così una moneta antigeselliana e così non ci sarebbe neppure bisogno di un’autorità monetaria che stabilisca a priori la quantità di moneta che dovrà essere in circolazione.

Arriviamo alla domanda più filosofica: Nicosia sostiene che la Terra sia res communis, che in buona sostanza significa che la Terra appartenga a tutti gli uomini. Tu invece sostieni che siamo noi esseri umani che apparteniamo alla Terra. Quasi sono le principali differenze dottrinali tra le due teorie? Soprattutto quali implicazioni di natura pratica comporta la tua tesi?
La mia idea mi sembra innanzitutto che ci ridimensioni nelle nostre pretese antropocentriche. Sono innamorato dell’umanità e credo che non esista cosa più interessante ed affascinante dell’umanità o, meglio, di tutte le varietà di individui che appartengono all’umanità, ma, per quanto importanti siamo, in quanto umani, siamo ospiti della Terra e non possiamo vivere se non traendo da essa ciò che ci serve ed in qualsiasi momento possiamo anche perire per catastrofi naturali, almeno da un punto di vista biologico. Da un punto di vista pratico, quindi, non potendo vantare alcun titolo di proprietà sulla Terra, non ha neppure senso parlare di utile universale. Ognuno il suo utile deve andarselo a cercare sul mercato, attraverso il consenso altrui, perché il mercato è il luogo ideale del consenso. Ci dovremmo battere affinché nel mercato ci siano preferenze tali da dare utile a categorie come quelle di cui parlavo prima che possano avere utile anche senza lavorare, ma questo si potrà benissimo avere senza pensare ad utili universali. Ci potrebbero essere, come ho affermato sopra, associazioni che permettono ai loro soci invalidi di ricevere moneta che nelle loro mani diventa “antigeselliana”, cioè che frutta invece che deperire, anche partendo da un valore nominale pari a zero, per chi è nullatenente.

domenica 19 luglio 2020

Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza

Siamo alla settima puntata dell’intervista geolibertaria. Le domande sono sempre di Dario Farinola e le risposte di Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:
Fabio Massimo Nicosia ha recentemente costituito il Partito Libertario elaborando un manifesto costitutivo al quale abbiamo collaborato anche io e te. Ti riconosci pienamente in quel manifesto o c'è qualcosa che cambieresti?
C’è il detto “chi tace acconsente” e magari si potrebbe pensare che io non sia intervenuto nell’elaborazione degli emendamenti al manifesto del costituendo Partito Libertario perché mi ci ritrovo pienamente. Così non è e se non sono intervenuto è proprio per la mancanza di tempo e di energie che mi permettano di seguire queste cose. Alcune cose, comunque, sulle quali dissento sono evidenti anche leggendo quest’intervista che mi stai facendo. D'altronde immagino che neppure Nicosia si ritrovi pienamente in quel manifesto che è stato elaborato da lui ed ha subito emendamenti dal gruppo costituente. Per me, di fondo, va rimarcato che nonviolenza e libertarismo, se si vuole essere coerenti teoricamente e praticamente, sono due facce della stessa medaglia e già l’idea stessa di base di costituire un partito che ha come obiettivo conquistare il potere per imporre leggi libertarie (vedi il concetto nicosiano di “dittatore libertario”, che è idea geniale, ma che penso vada superata) è il contrario della nonviolenza, che, invece, mette il fuoco dell’attenzione sulla correlazione tra mezzi e fini: se vuoi la liberta/nonviolenza, devi agire in maniera libertaria/nonviolenta. Ciò significa non difendersi dagli autoritari/violenti? Per nulla, certo che bisogna difendersi ed è doveroso farlo, ma la conquista del potere statale implica già di per sé corrompere lo strumento al punto tale da snaturarlo, non potendo così essere di certo nonviolento. Ciò significa che bisogna lasciare che al potere ci siano gli autoritari? Anche a questa domanda la risposta è "per nulla". Ciò di cui sono umanamente convinto è che dobbiamo pensare ed agire con l’obiettivo di far evaporare il potere, chiunque lo abbia in mano.

Questione copyright, brevetti e proprietà intellettuale: nel panorama libertarian (right e left) c'è un parere pressoché unanime sull'abolizione dei brevetti e del copyright. Non credi che l'autore originario oltre che essere riconosciuto sotto il profilo morale debba essere indennizzato soprattutto sotto il profilo economico, indipendentemente dallo strumento utilizzato?
Già quando si incominciano ad usare termini in lingue straniere per non farsi capire da tutti (come si usava un tempo con il latinorum), per quanto l’uso si stia facendo di massa, ci vedo puzza di menzogna. Esiste l’espressione italiana “diritto d’autore”. Perché non usarla? Anche “left” e “right”: significano rispettivamente “sinistra” e “destra” e non è perché a te, per esempio, non piace la sinistra nostrana allora non possiamo parlare di sinistra e di destra libertarie, che poco hanno a che fare con la “sinistra” e la “destra” comunemente intese. Poco hanno a che fare, ma qualcosa, comunque, hanno a che fare. Andando al merito della tua domanda: veramente c’è unanimità tra i libertari sulle questioni legate alla proprietà intellettuale? Non mi stupirei se non fosse così e mi pare che proprio tu dissenti da questa che vedi come unanimità, se non ricordo male. Rispondendoti puntualmente: un indennizzo deve essere dato a qualcuno quando subisce un torto, quando gli viene tolta qualcosa. Nel caso del diritto d’autore, l’autore subisce un torto nel momento in cui crea qualcosa? Mi sembra che la sua mera opera creatrice non possa essere configurabile come torto altrui, quindi perché indennizzarlo?

Libero conio: questo è un argomento che personalmente considero piuttosto enigmatico. Esattamente che cosa significa e in che modo verrebbe applicato? Ricordo che quando ci fu il passaggio dalla lira all'euro si creò una sorta di ansia sociale. Soprattutto la parte più anziana della popolazione si trovò piuttosto smarrita. Non credi che un sistema basato sulla circolazione di diverse monete in concorrenza tra di loro possa generare caos e disordine sociale?
Libero conio significa che anche l’emissione monetaria è rimessa al libero mercato. Come applicarla? Abolendo leggi che lo vietano: attraverso il dittatore libertario... oppure attraverso la via agorista... oppure attraverso gli strumenti della nonviolenza. Credo che libero conio non significhi necessariamente che vi siano più monete in concorrenza tra loro ed anche se ciò significasse esistono leggi economiche come la legge di Gresham, secondo la quale si tenderebbe ad usare la moneta più “cattiva” e ciò mi conforta, perché quale moneta sarebbe più cattiva di una moneta deperibile? Quindi penso che la mia idea di una moneta geselliana per far evaporare/deperire anche la rendita fondiaria potrà avere realizzazione, in un regime di libero conio.

Rispetto ai trattati europei che legano lo Stato italiano alla moneta unica europea, con quali strumenti giuridici pensi che si possa arrivare ad un sistema di libero conio? È necessario abolire lo Stato oppure credi che questo progetto si possa realizzare anche nel modello statale attualmente vigente?
Come insegna Nicosia, ognuno di noi produce diritto, continuamente. Credo che quest’idea possa aiutarci a capire che lo strumento giuridico siamo noi stessi, ognuno di noi, attraverso la nostra forza di volontà. Libero conio in un sistema statale? Mi sembra difficile che il potere possa da solo autolimitarsi (questa è l’idea base del dittatore libertario), specialmente se si tratta di un ambito come quello monetario!

Come sai, io personalmente mi riconosco completamente nel modello geolibertario nicosiano. C'è un elemento che mi contraddistingue da Nicosia ed è quello relativo al consenso sociale in relazione all'utilizzo della terra. Secondo Fabio il consenso si concretizza esclusivamente ex post con il pagamento del canone di indennizzo. Io invece ritengo che il consenso per essere veramente tale debba avvenire anche in modo preventivo. Tu quali opinioni hai a riguardo?
Avere il consenso preventivo di tutti gli altri per appropriarsi di qualcosa sarebbe impossibile, ma anche per quello successivo ci sono gli stessi problemi, seppure, magari in misura minore. Anche quest’idea del consenso, va vista in un’ottica di libero mercato, con più organizzazioni che si occupano di questo consenso. Chi vuole dare tale consenso può scegliere attraverso quale organizzazione darlo e così facendo, magari, sta già dando una disponibilità preventiva a tale consenso. Non tutte le organizzazioni, inoltre, si può immaginare che seguiranno le stesse modalità. Ci sarà molto probabilmente anche chi non vorrà dare nessun consenso e forse pure chi si organizzerà per esprimere dissenso, piuttosto che consenso. Non è che dobbiamo immaginare un mondo dove tutto va come vorremmo. In questo Nicosia pure insegna che partendo dall’inclinazione libertaria giunge a molte cose interessanti, ma non nega per nulla che ci sia anche l’inclinazione opposta: quella autoritaria. Ciò che aggiungo io è che dobbiamo porci la questione di come fare affinché gli autoritari siano dannosi il meno possibile, anche ponendoci l’obiettivo di rendere l’inclinazione libertaria attraente e convincente, in termini razionali ed emotivi.

domenica 12 luglio 2020

Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia

Ecco a voi la sesta puntata dell’intervista geolibertaria. Le domande sono sempre di Dario Farinola e le risposte di Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:
  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista
  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo
  3. Georgismo, libero mercato, anarchia
  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo
  5. Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato
Nella scorsa settimana hai toccato il tema della nonviolenza. Con quali strumenti e con quali modalità ritieni opportuno superare il modello statale attualmente vigente e passare ad un sistema geolibertario?
Con gli strumenti della nonviolenza e per me lo strumento principale della nonviolenza è il libero mercato. Perché siamo anarchici se non perché non tolleriamo le imposizioni, cioè la violenza? Sarebbe per lo meno incoerente cercare di perseguire l’anarchia attraverso la violenza. Dobbiamo, quindi, cercare di ampliare quanto più possibile gli spazi di libertà. Tutti parlano di libertà e tutti sono per la libertà, ma ognuno è per la propria, di libertà. Il libertario si caratterizza per essere per la libertà altrui, oltre che per la propria. Se siamo libertari, quindi, non possiamo accettare la violenza, non possiamo essere per la coartazione della libertà altrui, bensì dovremmo diffondere le nostre idee e pratiche libertarie attraverso il libero mercato, cercando di espanderlo quanto più si possa. Nonviolenza significa, tra l'altro, non collaborazione con tutto ciò che rifiutiamo e collaborazione con tutto ciò che può contribuire a diffondere la libertà propria ed altrui. Il potere politico, come lo intendiamo oggi, di conseguenza, non va conquistato, bensì contrastato, attraverso la noncollaborazione nonviolenta.

Nella dottrina georgista e geolibertaria la Terra e tutte le risorse naturali nascono come beni comuni. Nella fase di transizione dallo Stato ad un sistema geolibertario a chi verrebbe affidato il patrimonio demaniale?
Lo Stato, come la rendita fondiaria, va eroso. Come penso che la via migliore per superare il problema della rendita fondiaria sia attraverso associazioni volontarie di persone che aderiscano ad una moneta geselliana che abbia un tasso di erosione maggiore quando arriva “nelle mani” dei proprietari fondiari, allo stesso modo penso che per superare lo Stato bisogna creare associazioni/partiti che si impegnino a riforme costituzionali e legislative che portino lo Stato ad estinguersi, trasferendo alcune sue funzioni al mercato stesso. Di certo nessuna fase di transizione ci potrà essere se prima non si diffonde una coscienza geolibertaria. Bisogna, quindi, per ora, cercare di diffondere cultura geolibertaria. Come ci insegna Mazzini, il pensiero, però, va legato all’azione e perciò dovremmo anche cercare di far nascere associazioni che disobbediscano alle leggi statali, applicando, invece, norme ad applicazione volontaria. Si potrebbe creare un’associazione che gestisca una moneta georgista/geselliana con tanti militanti pronti anche a farsi arrestare, se necessario, per diffondere tale moneta, rifiutando ogni imposizione statale o non statale che sia di intralcio alla libertà individuale.

Supponiamo che il patrimonio demaniale venga affidato alla totalità dei cittadini attraverso un organismo societario comune. Ritieni che in suddetto organismo debbano essere rappresentati solo gli italiani o anche gli stranieri?
Se si tratta di organismo societario di diritto privato, ogni suo socio potrà alienare a chi vuole la sua parte e quindi anche a stranieri, senza alcun limite. Ciò, comunque, non impedirebbe per nulla il riformarsi della rendita parassitaria e della violenza statale. Se non ci si organizza attraverso associazioni di persone che diffondano una moneta georgista/geselliana, non si potrà arrivare mai a superare né l’una né l’altra.

Ipotizziamo che in tale organismo societario comune siano ammessi anche gli stranieri. Con quali criteri oggettivi stabilire quali stranieri ne possano entrare a far parte?
Per me non c’è alcuna differenza tra italiani e stranieri: sono per il libero mercato e se ciò non implica innanzi tutto libertà di alienare quote societarie a chiunque si voglia, non capisco che possa significare.

Rimaniamo in tema di stranieri. Da geolibertario in che modo ti poni rispetto al tema dell'immigrazione?
Anche sull’immigrazione sono per la libertà: per la totale libertà di ingresso di chiunque, senza oneri per nessuno, se non di chi voglia sostenerli. Ciò che conta è che anche questo tema possa passare al libero mercato, totalmente, così che possa autogovernarsi, nel libero incontro delle volontà individuali.

domenica 5 luglio 2020

Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato

Eccoci alla quinta puntata dell’intervista geolibertaria. Le domande sono sempre di Dario Farinola e le risposte di Massimo Messina. Le puntate precedenti dell’intervista le trovate ai seguenti link:
  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista
  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo
  3. Georgismo, libero mercato, anarchia
  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo
Nella scorsa puntata hai citato l'economista Fred Foldvary come il creatore della parola "geolibertarismo". Ci spieghi molto brevemente quali sono i punti chiave del suo pensiero politico?

Fred Emanuel Foldvary è docente di economia presso la San José State University, in California, e ricercatore presso l'Independent Institute. In precedenza ha insegnato all'Università di Santa Clara e in altri college. La sintesi più estrema delle idee politiche di Foldvary l’ha fatta lui stesso, nel suo sito personale, alla seguente pagina:
http://www.foldvary.net/works/policy.html
 


Per chi non legge l’inglese, con traduzione mia:

“Le proposte di riforma politica di Fred Foldvary
  1. Attuare l'etica universale nella costituzione, in modo che non vi siano restrizioni o costi imposti per atti che non danneggino coercitivamente gli altri.
  2. Sostituire le tasse esistenti con entrate pubbliche derivanti da canoni d’uso, tasse sull'inquinamento e valore fondiario.
  3. Sostituire la democrazia di massa con la democrazia cellulare: voto per piccoli gruppi con governo multilivello dal basso.”
Hai sostenuto l'assoluta necessità di superare il georgismo classico in nome dell'anarchismo. Ci spieghi come mai hai scelto il geolibertarismo e non l'anarcocapitalismo? Te lo chiedo perché anch'io come tutti quelli che amano la libertà in modo radicale sono stato ispirato dalla dottrina anarcocapitalista ma esattamente come te non mi ha mai convinto. Quali sono state le tue riflessioni a tal proposito?

L’anarcocapitalismo è una menzogna. Si spaccia per anarchico, quando invece è lo statalismo peggiore, perché propugna Stati proprietari assolutisti che sono peggiori del peggiore assolutismo. I monarchi assoluti non avevano gli stessi poteri che i cosiddetti anarcocapitalisti pensano siano legittimi per un proprietario sulla sua proprietà. Un re assoluto non poteva legittimamente a suo arbitrio decidere che un suo suddito dovesse essere rimosso fisicamente dal suolo del suo regno, per le sue idee, ad esempio. L’anarcocapitalismo, quindi, è tutt’altro che anarchico, essendo assolutismo, totalitarismo, proprietarista, che idolatra la proprietà, mentre, parafrasando Gesù, per me la proprietà è per gli uomini e non gli uomini per la proprietà.

Come noi tutti ben sappiamo una società libertaria e anarchica è priva di diritto positivo. Tuttavia esistono dei principi di carattere generale che possano fare da collante sociale?

Mi sembrerebbe proprio di sì.

Quali sono questi principi e con quali strumenti potrebbero essere inseriti senza che ci sia un intervento coercitivo di un'autorità superiore? 

Ricordando che l’indirizzo del sito sul quale stiamo pubblicando quest’intervista contiene la parola “nonviolento”, rispondo che i principi sono quelli della nonviolenza e gli strumenti sono le tecniche della nonviolenza, oltre lo strumento per eccellenza che è l'istituzione "mercato", libero incontro delle volontà individuali. I principi della nonviolenza e le sue tecniche si possono diffondere o meno, ma di certo non ha neppure senso pensare che vengano imposti dall’alto. Si propongono, non si impongono, e vengono dalle coscienze di ogni persona che aderisce alla nonviolenza.

Citando il comune amico, il giurista e filosofo Fabio Massimo Nicosia, l'assioma libertario prevede che A non possa imporre obblighi unilaterali nei confronti di B. Cosa accadrebbe se in una società libertaria un uomo venisse ammazzato ed in quel momento venisse meno uno dei principi cardini di una società priva dello Stato? Quali soluzioni adottare in quel momento?

Sarebbe un fallimento, senza alcuna soluzione. In quale parte del mondo ed in quale tempo non sarebbe così? Nessun diritto di alcun tipo mi pare sia mai riuscito a riportare in vita una persona assassinata. Capisco che con queste ultime domande hai toccato temi centrali ed infatti per me il centro della mia idea politica anarchica è la nonviolenza. Se ci diciamo per il mercato non possiamo usare la forza per imporre la nostra volontà. Possiamo sentirci costretti a farlo, per difendere noi stessi o altri, ma nello stesso momento in cui lo facciamo abbiamo già fallito, perché chi deciderà su quella questione sarà chi usa più forza e non chi convince di più, sul mercato. La violenza è la negazione del libero mercato, la nonviolenza è la base dell’anarchia, nel senso più ampio.