Siamo all'ottava puntata
dell’intervista geolibertaria. A porre domande è Dario
Farinola e risponde Massimo Messina. Le puntate precedenti
dell’intervista le trovate ai seguenti link:
- Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia
- Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza
Non
ho partecipato alla creazione del Manifesto del Partito Libertario,
pur vedendolo favorevolmente, da un punto di vista gradualista, verso
una società più libertaria di quella attuale. Nonviolenza significa
cercare di imporre il meno possibile qualcosa di non voluto agli
altri. Il potere politico, per come lo intendiamo oggi, è violenza
in sé. Lo Stato è violenza in sé. Non sono contrario all’idea di
andare al governo, ma se la intendiamo nel senso di prendere il
potere politico, per imporre delle leggi e cercare di farle
rispettare, sarò sempre dalla parte del dittatore libertario, se e
finché ci sarà, ma temo che il potere corrompa ed il dittatore
finirebbe per non essere libertario per nulla. Dobbiamo, quindi,
cercare strumenti alternativi allo Stato, per come lo concepiamo oggi
e la ricerca di Nicosia, quindi, la trovo molto utile e mi sembra
vada nella direzione da me auspicata: la direzione libertaria
dell’annientamento del potere inteso come oppressione, come
violenza. Ciò che contesto è l’idea che per raggiungere una
società libertaria si debba o si possa passare per un’azione
anti-libertaria come imporre con la violenza la propria volontà agli
altri. Certamente, ripeto, nel caso in cui si presentasse il
dittatore libertario, in ogni sua manifestazione possibile, sarei
dalla sua parte, ma una volta che si realizza come partito politico
al potere, come potremmo scongiurare che il potere non seduca la
dirigenza di tale partito? Di libertari vari che giunti al potere
sono diventati i peggiori tiranni è piena la storia e noi italiani,
ad esempio, abbiamo avuto Crispi e Mussolini, tanto per fare esempi
di militanti giovanili di fazioni politiche che perseguivano ideali
di “libertà, uguaglianza e fraternità” e che poi al potere
hanno fatto esattamente il contrario. Quali strumenti usare, quindi?
Quelli della nonviolenza, della noncollaborazione nonviolenta, a
partire anche dal biasimo fino ad arrivare ad azioni concrete come la
famosa marcia per il sale che organizzò Gandhi. Chiave del potere
oggi è il monopolio monetario ed attraverso una moneta geselliana,
come ho già accennato nelle puntate precedenti, si potrebbe far
evaporare continuamente la rendita fondiaria, così come penalizzare
l’inquinamento. Si potrebbero creare associazioni che fanno
circolare monete alternative a quella imposta dal potere politico
attraverso azioni nonviolente di massa, che implicherebbero, quindi,
anche il rifiuto dell’uso dell’attuale moneta.
Sulla
questione del diritto d'autore (argomento anch'esso oggetto della
scorsa puntata) evidentemente c'è stato un deficit di comunicazione
tra me e te. Mi spiego meglio: supponiamo che l'autore originario
crei un'opera frutto del suo ingegno e supponiamo che successivamente
vengano lanciati sul mercato prodotti e servizi simili all'invenzione
originaria. A tuo parere è giusto che l'autore originario oltre ad
essere riconosciuto sotto il profilo morale riceva una rendita
passiva generata da quelle aziende concorrenti che hanno sfruttato la
sua idea originaria? Più in generale e comprendendo la tua antipatia
nei confronti dei vocaboli stranieri che d'altronde è anche la mia,
qual è esattamente la tua posizione su brevetti, copyright e
proprietà intellettuale? Attinente all'argomento del diritto
d'autore c'è la controversa questione legata alla pirateria. Cosa ne
pensi di quest'ultimo argomento?
È giusto che l’autore di un’opera
d’ingegno riceva una rendita, se e nella misura in cui c’è
qualcun altro che voglia dargliela ed io sarei tra coloro che si
potrebbe autotassare per dargliela. Senza alcuna legge che vieti la
“pirateria” essa non esisterebbe, neppure come concetto, se non
riferito al passato. Su ogni questione, come su questa questione,
penso che dovremmo cercare di capire che se vogliamo tutele, dovremmo
autorealizzarle, non batterci affinché ci siano leggi statali che
tutelino, perché lo Stato è violenza in sé, in quanto monopolista
della forza. Se vogliamo, quindi, una tutela del diritto d’autore,
dovremmo creare associazioni che, senza impedire nulla a nessuno,
paghino l’autore, attraverso l’autofinanziamento
dell’associazione stessa. Chi non vorrà riconoscere tale diritto
potrà ovviamente non riconoscerglielo non aderendo all’associazione
e non avrà nessuna sanzione usando l’opera di ingegno, magari per
realizzare profitti, ma se si diffonde l’idea che chi non riconosce
il diritto d’autore è da biasimare, sarà lo stesso mercato a
punirlo, diffondendosi la notizia, ad esempio che è un copione che
sfrutta le idee altrui senza compensare adeguatamente l’autore
dell’idea.
Tornando
sempre alla puntata della scorsa settimana hai menzionato la
cosiddetta "moneta deperibile". Che cosa intendi
esattamente con questa espressione?
Una
moneta come l’ha immaginata Silvio Gesell, cioè che perde valore
nominale nel tempo. Facendo un esempio, immagina di ricevere una
banconota da 100 euro e che se non li spendi entro oggi varranno 99
euro e così via ogni giorno. Che faresti avendo un tale tipo di
banconota? Immagino che la useresti al più presto, facendola così
circolare e così ognuno che la riceverebbe. La velocità di
circolazione della moneta, quindi, sarebbe maggiore, beneficiandone
gli scambi e nessuno sarebbe indotto a usarla per tesaurizzare.
Sul
CONSENSO SOCIALE in
relazione all'utilizzo della terra e di tutte le risorse naturali,
come
sai, Fabio Massimo Nicosia teorizza l'idea dei Common Trust,
organismi societari di diritto comune aventi il compito di
valorizzare il capitale comune. Tu, invece, sostieni l'idea che anche
il consenso sociale debba essere legato al libero mercato.
Francamente faccio fatica a comprendere la tua posizione perché il
dubbio che mi pongo è il seguente: i Common Trust nicosiani (lo dice
la parola stessa) rappresentano "istituzionalmente"
l'intera comunità. Nel tuo caso invece per quale motivo un cittadino
proprietario dovrebbe ottenere CONSENSO SOCIALE da un'organizzazione
di diritto privato che di fatto rappresenta una piccola parte della
comunità?
Sei
così certo che Nicosia intenda i Common Trust come rappresentanti
dell’intera “comunità”? Da chi sarebbe composta questa
“comunità”? Quale anarchia sarebbe mai tale, sarebbe rispettosa
della libertà individuale, se l’individuo non può decidere se
fare o non fare parte di un’associazione, fosse anche il Common
Trust nicosiano? Se crediamo veramente nella “bontà”
dell’istituzione che già esiste che rappresenta tutti e che si
chiama mercato dovremmo cercare di immettere nel mercato gli elementi
che pensiamo vadano immessi. Nella mia idea, dovremmo cercare di
creare associazioni che nel libero mercato immettano moneta
geselliana che, quando arriva nelle mani di colui che si impossessa
delle risorse naturali, passa ad un tasso di deperimento maggiore di
quando è nelle mani di chi non se ne impossessa. Si può pensare
anche ad un tasso di crescita del valore monetario (anche partendo da
un valore nullo) per certe categorie di persone: come ad esempio chi
si occupa dei minori, non avendo modo di lavorare per sostentarsi, o
come i disabili. Per queste categorie ci sarebbe così una moneta
antigeselliana e così non ci sarebbe neppure bisogno di un’autorità
monetaria che stabilisca a priori la quantità di moneta che dovrà
essere in circolazione.
Arriviamo
alla domanda più filosofica: Nicosia sostiene che la Terra sia res
communis, che in buona sostanza significa che la Terra appartenga a
tutti gli uomini. Tu invece sostieni che siamo noi esseri umani che
apparteniamo alla Terra. Quasi sono le principali differenze
dottrinali tra le due teorie? Soprattutto quali implicazioni di
natura pratica comporta la tua tesi?
La
mia idea mi sembra innanzitutto che ci ridimensioni nelle nostre
pretese antropocentriche. Sono innamorato dell’umanità e credo che
non esista cosa più interessante ed affascinante dell’umanità o,
meglio, di tutte le varietà di individui che appartengono
all’umanità, ma, per quanto importanti siamo, in quanto umani,
siamo ospiti della Terra e non possiamo vivere se non traendo da essa
ciò che ci serve ed in qualsiasi momento possiamo anche perire per
catastrofi naturali, almeno da un punto di vista biologico. Da un
punto di vista pratico, quindi, non potendo vantare alcun titolo di
proprietà sulla Terra, non ha neppure senso parlare di utile
universale. Ognuno il suo utile deve andarselo a cercare sul mercato,
attraverso il consenso altrui, perché il mercato è il luogo ideale
del consenso. Ci dovremmo battere affinché nel mercato ci siano
preferenze tali da dare utile a categorie come quelle di cui parlavo
prima che possano avere utile anche senza lavorare, ma questo si
potrà benissimo avere senza pensare ad utili universali. Ci
potrebbero essere, come ho affermato sopra, associazioni che
permettono ai loro soci invalidi di ricevere moneta che nelle loro
mani diventa “antigeselliana”, cioè che frutta invece che
deperire, anche partendo da un valore nominale pari a zero, per chi è
nullatenente.
Nessun commento:
Posta un commento