domenica 30 agosto 2020

Disobbedienza - anche fiscale - come strumento nonviolento per realizzare il geoanarchismo

Eccoci alla dodicesima puntata dell’intervista geolibertaria, con domande (e non solo domande) di Dario Farinola e risposte (e non solo risposte) di Massimo Messina: dialogo, confronto tra geolibertari, sulla nonviolenza, sul municipalismo, sul “comunismo” e sulla tutela ambientale. Le puntate precedenti le trovate ai seguenti link:

  1. Torna in vita GeoLib, con un'intervista

  2. Continua l'intervista: liberalismo, liberismo, socialismo, Henry George ed il georgismo

  3. Georgismo, libero mercato, anarchia

  4. Neogeorgismo "geselliano", imposta fondiaria, geolibertarismo

  5. Geolibertarismo, nonviolenza e libero mercato

  6. Anarchia e nonviolenza: due facce della stessa medaglia

  7. Il Partito Libertario di Fabio Massimo Nicosia... e la nonviolenza

  8. Il dittatore libertario di Fabio Massimo Nicosia, la nonviolenza, il libero mercato

  9. Dialogo tra Farinola e Messina sulla nonviolenza

  10. Per la liberazione di ogni specie

  11. Nonviolenza: correlazione tra mezzi e fini


Nella scorsa puntata tra le tante forme di lotta nonviolenta hai citato la creazione di governi paralleli. Trovo estremamente interessante questa opzione come trovo altrettanto interessante l'opzione, da te non menzionata, della disobbedienza fiscale di massa. Pur avendo noi moderni a disposizione strumenti di comunicazione potenzialmente rivoluzionari come i social network, rimane il dato di fatto oggettivo che la televisione è lo strumento mediatico per eccellenza e questo strumento è in mano all'establishment politico-economico dominante. Come credi sia possibile organizzare dal basso un governo parallelo o una disobbedienza fiscale di massa se partiamo da questa oggettiva situazione di svantaggio?

Fai bene ad esplicitare la “disobbedienza fiscale”, ma non è vero che non l’ho menzionata, perché fa parte della (da me citata) disobbedienza civile, nell’ambito della teoria e della prassi della nonviolenza. Fai bene, ribadisco, perché la violenza dello Stato si esplica principalmente attraverso la vessazione fiscale, oggi più che nei tempi passati, per i suoi livelli ormai parossistici.

Per rispondere alla tua domanda, pensiamo a come usiamo i social network. Li usiamo per mostrare adeguatamente le nostre idee? Per renderle accattivanti? Abbiamo sempre rispetto per i nostri interlocutori? Per chi non la pensa come noi? Per chi critica i nostri contenuti (magari senza neppure conoscerli)?

Sulla televisione penso che sia strumento di potere che ha sempre meno potere. Sempre meno persone la guardano e per sempre meno tempo...

La nonviolenza è anche scoperta (o riscoperta) delle potenzialità, anche mediatiche, di ogni singolo individuo. Ognuno di noi cerchi di fare tutto ciò che reputa veramente giusto, con responsabilità, pensando a quali saranno le conseguenze di ogni singola sua azione, anche minima. Il mio, infatti, è gandhianamente un anarchismo del senso del dovere.


Tornando alla mia personale teoria sulla democrazia diretta municipale hai sostenuto che affidando la gestione del territorio al libero mercato non ci sarebbe il rischio da me paventato che alcuni cittadini possano sfruttare in modo parassitario l'impegno civico di altri; hai citato il biasimo come disincentivo sociale e hai ipotizzato che possano nascere dal basso associazioni civiche che possano premiare sia economicamente sia attraverso la "moneta reputazionale" (espressione nicosiana) tutti quei soggetti che s'impegnino a valorizzare il territorio. Ipotizziamo che tutto questo possa essere sufficiente (personalmente nutro dei dubbi a riguardo) c'è però un altro problema da tener presente. Il territorio di una città ha bisogno di pianificazione e da questo punto di vista ci ricolleghiamo al tema del CONSENSO SOCIALE per l'utilizzo della terra che è elemento centrale nella filosofia georgista. Allora facciamo un altro esempio concreto. Ipotizziamo che su una determinata area comunale ci siano diverse opzioni: ci sono alcuni cittadini che vorrebbero costruirci uno stadio, altri cittadini che vorrebbero dei giardinetti pubblici, altri ancora che vorrebbero costruirci un palazzo. In assenza di un sindaco che abbia piena legittimazione popolare, come si procede? Quale opzione verrebbe scelta e con quali criteri?

Non volevo intendere che non ci sia il rischio, ma che se e quando si verificherà tale situazione, che come te reputo anzi altamente probabile, essa possa essere superata dallo stesso mercato. Dal mercato possono nascere risposte adeguate agli scrocconi.

Non sono in linea di principio, poi, sempre contro la democrazia, le elezioni democratiche, a qualsiasi livello esse siano. Penso semplicemente che si debba ricorrere ad esse solo quando l’intera comunità unanimemente voglia ricorrere ad esse, altrimenti si potranno benissimo avere diversi gruppi più o meno organizzati di persone che, anche in conflitto tra loro, cercano di realizzare i propri obiettivi.

Sul mercato, ad esempio, se coloro che vogliono lì lo stadio riescono a comprare il consenso degli altri, mi sembra più facile che si realizzerà lo stadio e lo stesso vale se sostituiamo “stadio” con “giardinetti pubblici” o “palazzo”. Ci sarà probabilmente qualcuno che non sarà d’accordo. Se è molto motivato può provare a convincere gli altri, attraverso tutti gli strumenti che ha a disposizione e se crescerà questa “opposizione” al punto da avere più potere contrattuale delle altre, sul mercato emergerà una diversa opzione prevalente, che muterà la situazione preesistente.

L’errore che dobbiamo evitare è pensare che possiamo immaginare a priori a come andrebbero le cose in una società senza coercizione. L’unica cosa che possiamo immaginare è che non ci sarebbe coercizione, se mai riusciremo a realizzare tale tipo di società, non di certo a come le persone che ne farebbero parte agirebbero e ciò che realizzerebbero.


Tornando sempre alla puntata scorsa hai citato letteralmente la "difesa nonviolenta" come strumento di tutela da possibili invasioni di milizie straniere. Esattamente che cosa significa?

Non posso rispondere esaurientemente ad una tale domanda in poche righe e questa rubrica non ha la pretesa di essere un corso di nonviolenza o di georgismo o geolibertarismo, bensì di dare spunti di riflessioni per ulteriori domande ed ulteriori ricerche. Magari posso qui indicare cose che magari chi legge può andare a cercare per approfondire.

È notizia di poco più di un mese fa la petizione presentata alla Camera per la difesa non armata e nonviolenta. Ovviamente si tratta di un’iniziativa recente relativa ad una battaglia antica. 

Ricordiamo che il primo esercito nonviolento fu fondato nel 1929 da un grande islamico: Khan Abdul Ghaffar Khan, conosciuto maggiormente come Basha Khan. Egli, entrato in contatto con Gandhi e con pensatori islamici indiani, ne assorbì l’influenza e si impegnò per la difesa dei diritti dei poveri, investendo molte energie nell’istruzione, considerata come via prioritaria per la conquista della libertà. Si attivò anche nella difesa dei diritti delle donne. Badshah Khan, ribadisco, fondò il primo esercito nonviolento della storia, sotto il nome di “Khudai Khidmatgar” (servi di Dio), il cui giuramento recitava:

Sono un khudai kidmatgar [servo di Dio], e poiché Dio non ha bisogno di essere servito, ma servire la sua creazione è servire lui, prometto di servire l’umanità nel nome di Dio.

Prometto di astenermi dalla violenza e dal cercare vendetta.

Prometto di perdonare coloro che mi opprimono o mi trattano con crudeltà.
Prometto di astenermi dal prendere parte a litigi e risse e dal crearmi nemici.

Prometto di trattare tutti i pathan [pashtun, afghani che vivono fuori dall’Afghanistah] come fratelli e amici.

Prometto di astenermi da usi e costumi antisociali.

Prometto di vivere una vita semplice, di praticare la virtù e di astenermi dal male.

Prometto di avere modi gentili ed una buona condotta, e di non condurre una vita pigra.

Prometto di dedicare almeno due ore al giorno all’impegno sociale.


Sempre durante la scorsa puntata mi hai definito "comunista" perché da geolibertario nicosiano credo fortemente nella res communis della Terra. Indipendentemente dal marxismo e da tutti i discorsi di natura storico-politica, per "comunismo" s'intende in dottrina la messa in comunione dei beni e dei mezzi di produzione. Il discorso sulla Terra res communis o res nullius è attualmente purtroppo circoscritto a pochi addetti ai lavori. Allora per quale motivo pur non essendo affatto favorevole ad un'impostazione comunista sui beni e mezzi di produzione mi definisci in quel modo?

Innanzi tutto, non volevo offenderti, che sia chiaro. "Comunista" in italiano significa sia chi propugna il comunismo sia chi detiene il diritto di proprietà in comune con altri. Tu lo sei sia in un senso sia nell’altro, propugnando l’idea della Terra (e delle risorse naturali) come proprietà comune a tutta l’umanità e sentendoti già proprietario pro-quota della Terra stessa. Si dà il caso, poi, che la Terra (cone le sue risorse naturali) sia il principale mezzo di produzione. In realtà sei comunista e pure socialista, in quanto comunista, per quanto tu ti possa non definire né “comunista” né “socialista”. Una delle classificazioni dei socialismi è quella secondo la quale si possono mettere (o pensare che di diritto siano) in comune tre possibili cose:

  1. la Terra e le risorse di natura (il georgismo si colloca qui),

  2. i mezzi di produzione (compresa la Terra e le risorse di natura, il marxismo si colloca qui in questo gruppo)

  3. la ricchezza che viene prodotta attraverso la produzione, di solito attraverso strumenti redistributivi, purtroppo solitamente coercitivi (la socialdemocrazia si colloca in quest’ultimo gruppo).

 

Trattiamo ora la tutela del patrimonio ambientale. Nell'impostazione geolibertaria nicosiana è previsto un canone di indennizzo il cui importo è direttamente proporzionale allo sfruttamento della Terra e di tutte le risorse naturali; in questo modo verrebbero disincentivate tutte quelle azioni violente e predatorie e nel contempo incentivate tutte le attività eco-sostenibili. Questa proposta assomiglia a quella fatta da Marco Cappato dei Radicali sull'introduzione di una tassa legata alle emissioni, ovviamente in una dimensione statale e secondo uno schema culturale legato all'ambientalismo liberale. Secondo te è sufficiente tutto questo per proteggere l'ambiente o hai altre idee in proposito?

Innanzi tutto c’è da ricordare che l’indennizzo nicosiano è una sorta di evoluzione dell’imposizione fiscale georgista. Concordo, poi, con il tuo parallelismo ed infatti anche per l’attuale battaglia per ridurre le emissioni inquinanti mi sono iscritto quest’anno ai Verdi, che, insieme con Cappato, stanno, appunto, collaborando su tale iniziativa, avendo preso una strada che reputo corretta per la tutela ambientale. C’è da precisare, comunque, che non è l’ambiente che dobbiamo tutelare, bensì noi (viventi) stessi, nel senso che l’ambiente non ha alcun bisogno di essere tutelato, ma siamo noi che abbiamo bisogno di un ambiente che sia sano per noi stessi, che abbia determinate caratteristiche.

Rispondendo alla tua domanda: no, non credo affatto che sia sufficiente. Anche per questo sono diventato anarchico: perché credo che ci sia bisogno di maggiore ambientalismo, perché anarchia significa non delegare affatto o delegare responsabilmente e l’ambientalismo, come molte altre giuste istanze, può essere meglio perseguito in una società ad organizzazione su base totalmente volontaristica.

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