giovedì 5 novembre 2009

No al crocifisso nei luoghi pubblici!

Sono cristiano, siciliano ed italianissimo e proprio perché tale non voglio il croficisso nei luoghi della Pubblica Amministrazione o comunque finanziati da essa. Il crocifisso, che porto sempre con me e da ieri pure sotto forma di un bellissimo semplice rosario, è estremamente importante per i credenti come me, tanto importante per me che ho timore pure ad usare la parola "sacro" per esso e proprio per questo non voglio imporlo a nessuno né tantomeno mescolarlo con le cosa di Cesare, seguendo il Vangelo. Solitamente sono atei o simili che intendono brandire il crocifisso come fosse una spada, in questo caso usata con l'intenzione di dividere gli italiani dagli stranieri.

24 commenti:

luigi ha detto...

Come la fai semplice! Innanzitutto, la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo riguarda l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche delle scuole statali italiane, benché i principi generali valgono appunto in generale. Io limiterei le considerazioni seguenti a questo ambito. Ragionerò per moduli e modulini. Infatti, possiamo discutere la sentenza da diversi punti vista, prendendo le mosse dal fatto che essa riguarda la scuola statale italiana (modulo 1) o mettendo in discussione la filosofia della scuola statale in generale (modulo 2). Modulo 1: se poniamo che lo Stato italiano è laico e la scuola a cui si rivolge la sentenza è quella statale, la scuola statale italiana è laica ed è evidente che tutto ciò che ostacoli questa sua natura è da considerarsi fuori legge. L’esposizione dei crocefissi nelle aule scolastiche è in contraddizione con la laicità della scuola statale italiana? Ci sono casi in cui l’esposizione del crocefisso non implica una esplicita professione di fede. Per esempio, un dipinto raffigurante la crocifissione di Cristo può benissimo essere esposto nel salotto del nostro ospite e sarebbe azzardato da parte nostra concluderne che egli è cristiano. Lo stesso vale per collane o accessori simili con crocefissi. Quel che sto cercando di dire è che dal momento che ci sono casi in cui l’esposizione del crocefisso non implica professione di fede, che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche la implichi deve essere argomentato (non lo farò, assumendo che sia così). Dunque, l’esposizione dei crocefissi nelle aule scolastiche è in contraddizione con la laicità della scuola statale e la sentenza è una giusta sentenza? Non siamo ancora in grado di rispondere. Voglio dire: non dimentichiamo che stiamo parlando della scuola statale italiana, in cui c’è l’ora di religione affidata a sacerdoti o laici nominati dai vescovi. Questo apre all’interno del modulo 1 due modulini. Modulino 1: l’ora di religione affidata a sacerdoti o laici nominati dai vescovi non è in contraddizione con la laicità delle scuole statali italiane; ora, se così stanno le cose è singolare pensare che lo sia l’esposizione del crocefisso. Se si afferma che l’ora di religione, per come essa è attualmente disciplinata e gestita, non è in contrasto con la laicità dello stato e della scuola statale, evidentemente si ritiene un tipo di laicità per la quale l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche non è affatto qualcosa di scandaloso (che tipo di laicità sarebbe quella per la quale l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche è anti-laica mentre l’insegnamento della religione da parte di sacerdoti cattolici nominati dal vescovo è laico?). Modulino 2: l’ora di religione affidata a sacerdoti o laici nominati dai vescovi è in contraddizione con la laicità delle scuole statali italiane; ora, se così stanno le cose, la sentenza della corte di Strasburgo costituisce un precedente (molto forte ed inequivocabile) per vietare l’ora di religione, almeno per come essa è attualmente disciplinata e gestita, nelle scuole statali italiane. Sennonché, è giusto che la magistratura intervenga sulla didattica? Chi è portato a sottoscrivere il modulino 2, dovrebbe accettare questa conseguenza.

luigi ha detto...

Passiamo al modulo 2 (il mio favorito): c’è qualcosa di sbagliato nella pedagogia di Stato. L’educazione dovrebbe essere libera da ipoteche della politica, delle chiese e della magistratura (insomma, non sono tra quelli che sottoscriverebbe il modulino 2). Ciascuna scuola dovrebbe essere libera di esporre ciò che vuole, esponendosi alle sanzioni che i saperi e l’organizzazione del lavoro del nostro tempo (ambito quest’ultimo che va sempre più configurandosi come tecnologico) pone.

Postilla: la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo fa intendere che ciò che vale per la scuola statale dovrebbe valere anche per le scuole private. La circostanza che essa riguardi le scuole statali è una circostanza dettata da priorità contingenti.

Concludo rivolgendomi a Massimo. Caro Massimo, penso che la verità non sia un optional. È evidentemente falso che coloro che si sono espressi contro la sentenza in questione siano per lo più atei o simil-atei. È vero l’esatto contrario. Coloro che difendono il crocefisso nelle aule scolastiche sono per lo più cattolici. Coloro che sono su posizioni diametralmente opposte sono per lo più atei o agnostici. Fai un piccolo esperimento. Scendi in strada e domanda: scusi, lei è favorevole o contrario al crocefisso… I sì saranno da parte di coloro che si professano cristiani, i no da parte di coloro che si professano non cristiani o agnostici. Resta la possibilità di classificare i simil-atei come coloro che difendono il crocefisso… ma in questo modo ci avvolgiamo in una petizione di principio, perché la definizione di simil-ateo non sarebbe empiricamente spendibile.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
l'ora di religione è materia concordataria ed il Concordato è stato accettato dalla Costituzione. Quindi ciò a cui dobbiamo mirare è l'abolizione del Concordato. Giuridicamente, infatti, la laicità ed il Concordato hanno lo stesso rango e quindi, pur se si contraddicono, debbono vivere insieme. La magistratura è giusto sì che intervenga anche nella didattica, laddove ci sono principi quali la laicità da difendere.
Tra i valori cristiani ci sono l'accoglienza verso lo straniero ed ancor prima la diffidenza verso il potere civile ed il principio di responsabilità secondo il quale le nostre azioni non vanno regolate in base a quello che gli altri fanno, ma in base a ciò che vorremmo gli altri facessero a noi. Il Vangelo ci parla della supremazia della coscienza su qualsiasi altro potere e la coscienza cristiana non può e non deve essere appesa al muro. Non dobbiamo ancora una volta crocifiggerla. La croce non può mai prestarsi al potere come stampella o come arma per dividere. Il simbolo del Crofisisso è simbolo di ogni crocifisso, di ogni oppresso, di ogni perseguitato, di ognuno che non riceve (o riceve in ritardo) il suo giusto salario (di cui pure il Vangelo parla), di ogni credente in altro rispetto a ciò che sono i propri interessi personali. La croce ci mette tutti in discussione e se diventa segno identitario piuttosto che segno di speranza quando tutto è perduto, allora stiamo mettendo nuovamente qualcuno sulla croce. In Italia non si tollera la verità e quindi principalmente il cristianesimo. E' stato un governo capeggiato da un fascista ateo, ex socialista ed anticristiano, ovvero Mussolini, a mettere quel crocifisso sui muri delle scuole e delle aule dei tribunali. Lo stesso governo che qualche anno prima uccise il martire Don Giovanni Minzoni e che perseguitò con violenza Don Primo Mazzolari, solo per fare due esempi di sacerdoti vittime volontarie del fascismo soltanto perché profeti cristiani e santi autentici.

luigi ha detto...

Caro Massimo,
sono sincero, trovo totalmente non pertinenti le tue disquisizioni sul Vangelo e sulla santità, quindi le tralascio. Interessante trovo invece la precisazione sull’ora di religione. Il punto è che il Concordato è in vigore. Dobbiamo partire dai dati di fatto. È un dato di fatto che il concordato è costituzionale, così come costituzionale è l’ora di religione. Ne esce fuori un’idea costituzionale di laicità dello Stato per la quale l’esposizione del crocefisso non è anti-laica, a meno che non si voglia sostenere che il crocefisso è anti-laico mentre l’ora di religione, per come essa è attualmente disciplinata, no (vedi modulino 1). La sentenza della Corte di Strasburgo pone a fondamento della prescrizione riguardante i crocefissi la laicità dello Stato e delle scuole statali (ma, ripeto, la sentenza si estende potenzialmente anche alle scuole private), sennonché, per la laicità dello Stato italiano, la cui Costituzione è concordataria, l’esposizione dei crocefissi non suona come anti-laica. Sono d’accordo, bisogna puntare alla abolizione del Concordato. Quando il popolo italiano abolirà il Concordato potremmo cominciare a dire che il crocefisso nelle aule scolastiche è anti-laico sulla base del concetto costituzionale di laicità (l’unico a cui le sentenze possono richiamarsi). Non ci sono scorciatoie. Una volta abolito il Concordato, dovremmo anche accettare l’idea che la magistratura abbia voce in capitolo sulle faccende didattiche riguardanti la laicità. Per te questo è normale. Per me no. Per me la laicità della scuola non dovrebbe essere un valore da perseguire a norma di legge!!!

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
il concordato non parla del crocifisso nelle aule ed a dirla tutta nessuna legge in Italia lo impone in maniera chiara, come ha recentemete affermato la Corte Costituzionale. Cerchi coerenza laddove non c'è neppure chiarezza! La nostra Costituzione è laica e concordataria e cosa ciò significhi lo si può vedere solo a posteriori, nella pratica applicazione della legge, quindi anche nella giurisprudenza, non cercando di capirlo a priori, poiché se restassimo su un ragionamento a priori il laicismo e il Concordato insieme non stanno.

Caro storico,
benvenuto nel mio blog. Non ho letto la sentenza della Corte europea di Strasburgo e quindi non entro nel merito della stessa. Ho letto la pagina del tuo blog e non concordo, come potrai immaginare. A proposito di concordare, infatti, io abolirei, ribadisco, il Concordato.

luigi ha detto...

Massimo,
il Concordato può non parlare di crocefissi. La sentenza della Corte di Strasburgo motiva in un certo modo, richiamandosi cioè alla laicità dello Stato e al pluralismo, la prescrizione riguardante l’esposizione dei crocefissi nelle aule delle scuole statali. Il punto è che tali motivazioni contro il crocefisso sono anche valide a fortiori per l’ora di religione, che per lo Stato italiano invece è costituzionale. Le sentenze delle magistrature possono solo rilevare e sanzionare comportamenti contrari alla legge (non già contrari alla laicità!) e da ultimo contrari alle Costituzioni. La nostra è una costituzione concordataria. Se l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche è anticostituzionale e contraria alla legge, allora anche l’ora di religione lo è, ma l’ora di religione non lo è (per la nostra Costituzione, che ripeto è ciò a cui da ultimo le sentenze possono richiamarsi), dunque non lo è neanche l’esposizione del crocefisso.

Sono d’accordo poi sul fatto che il crocefisso non costituisca una effettiva minaccia alla libertà religiosa! Nella scelta della scuola per i miei eventuali figli, l’ultima cosa a cui guarderei è se nelle aule siano esposti i crocefissi.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
continui a ripetere ed a ragione che le "motivazioni contro il crocefisso sono anche valide a fortiori per l’ora di religione, che per lo Stato italiano invece è costituzionale". Hai ragione, a rigor di logica, ma qui va applicata non la tua logica bensì la logica giuridica secondo la quale la laicità, che è principio fondamentale del nostro ordinamento, deve coniugarsi con il Concordato che è stato recepito dalla nostra Costituzione. Tutto ciò che non fa parte del Concordato (quindi anche la croce sui muri delle scuole di cui parlano alcune leggi ed alcuni regolamenti e di cui si sono occupati diverse sentenze di tribunali fino ad arrivare ad una sentenza della Corte Costituzionale) se viola il principio di laicità è se non è previsto costituzionalmente non può essere considerato legge nel nostro ordinamento. In questo caso non abbiamo neppure una legge che obbliga la presenza del crocifisso, ma esso è previsto tra gli arredi delle aule scolastiche insieme con la raffigurazione fotografica del monarca (che non abbiamo più dal 1946!) e solo un'interpretazione regolamentare posteriore della legge, attraverso un procedimento poco ortodosso dal punto di vista giuridico, ha sostituito la foto del re con quella del Presidente della Repubblica.
Le sentenze delle magistrature giustamente devono "rilevare e sanzionare comportamenti contrari alla legge" intendendo per "legge" anche i principi che informano il nostro ordinamento quali la laicità, la quale è addirittura principio costituzionale. La nostra è Costituzione concordataria e laica e vi è di certo contraddizione, ma tale contraddizione logica è contraddizione che non si risolve di certo a favore della laicità, ma non per questo la nega totalmente, anzi la afferma come principio base dell'intero ordinamento! Se, quindi, l'ora di religione prevista dai patti lateranensi è legittima giuridicamente pur essendo antilaica, è dubbio che tale legittimità possa esserci anche per il crocifisso delle aule scolastiche, non essendo previsto dai patti tra Stato e chiesa cattolica romana. La Corte Costituzionale si è pronunciata in materia affermando che non è competente in materia! Per quella sentenza, insomma, la presenza della croce nelle scuole non viola la laicità. La stessa sentenza ha però affermato che non vi è obbligo di legge che preveda tale presenza. Chi potrebbe affermare seriamente, poi, che il crocifisso "costituisca una effettiva minaccia alla libertà religiosa"?

luigi ha detto...

Massimo,
credo che ci siamo quasi. Innanzitutto, siamo d’accordo che da ultimo le sentenze della magistratura hanno il compito di rilevare ed eventualmente sanzionare comportamenti contrari alla legge (se la legge è laica, allora contrari alla laicità, se la legge è quasi laica o laica in un certo modo, contrari alla quasi-laicità o alla laicità in un certo suo modo). Siamo anche d’accordo sul fatto che, a rigor di logica, se qualcosa (l’esposizione del crocefisso) è contrario alla legge, allora qualcos’altro (l’ora di religione) è contrario alla legge, allora se questo qualcos’altro (l’ora di religione) non è contrario alla legge, allora neanche il qualcosa (l’esposizione del crocefisso) è contrario alla legge. Siamo d’accordo sull’essenziale, direi. Ciò su cui non siamo d’accordo è che questo ragionamento sia anche valido in ambito giuridico: «qui va applicata non la tua (!) logica bensì la logica giuridica». Ora, la logica giuridica è deontica. La logica deontica è basata su tre principali operatori deontici: Obbligazione (O), Divieto (D), Permesso (P). Tali operatori deontici sono in relazione tra loro nel modo seguente: è obbligatorio andare a scuola significa che non è permesso di non andare a scuola o che è vietato non andare a scuola; è vietato parcheggiare in divieto di sosta significa che è obbligatorio non parcheggiare in divieto di sosta o che non è permesso parcheggiare in divieto di sosta; è permesso parcheggiare sul viale significa che non è obbligatorio non parcheggiare sul viale o che non è vietato parcheggiare sul viale. Detto questo, riformuliamo il nostro ragionamento: se qualcosa (l’esposizione del crocefisso) non è permesso, allora qualcos’altro (l’ora di religione) non è permesso, allora se questo qualcos’altro (l’ora di religione) è permesso, allora anche il qualcosa (l’esposizione del crocefisso) è permesso. Tutto ciò che è obbligatorio è anche permesso. L’ora di religione è obbligatoria (per il sistema scolastico, non per i singoli) e quindi permessa. Ma per il nostro ragionamento è sufficiente che sia permessa. In sostanza tu dici che dalla obbligatorietà (nei termini sopra precisati) dell’ora di religione non segue l’obbligatorietà del crocefisso. Siamo d’accordissimo. Però, dal fatto che l’ora di religione sia obbligatoria non segue neanche che il crocefisso non sia permesso. Anzi, ricapitoliamo: l’ora di religione è obbligatoria, quindi è permessa. Data l’ulteriore premessa (da te condivisa) che se l’ora di religione è permessa, anche il crocefisso lo (permesso, non obbligatorio!) è – perché non ci sono ragioni fondate sulla laicità che sono valide contro il crocefisso ma non contro l’ora di religione, per come essa è attualmente disciplinata etc. –, segue che il crocefisso è permesso (non obbligatorio!). In un paese civile, se non c’è obbligo di non fare A, non c’è divieto di fare A. Concludendo, poiché il crocefisso è permesso (perché permessa, anzi obbligatoria è l’ora di religione), non c’è obbligo di non esporlo, quindi non c’è divieto di esporlo. Il concordato non parla di crocefissi? Be’, in generale la legge non parla esplicitamente di ciò che è permesso fare! Se non c’è una legge esplicita che mi vieta di guardare i film di Andrew Blake, per giudicare permesso guardare un film di Andrew Blake non ho bisogno di andare a vedere se il codice prevede tale possibilità.

Dunque: nessuna contraddizione tra la "mia" logica e quella giuridica.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
l'ora di religione non è obbligatoria ed il crocifisso neppure. E' attualmente prevista la possibilità di scelta dell'Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola pubblica tra le materie da seguire. Il crocifisso è previsto tra gli arredi della classe. Se le autorità competenti decidono di non metterlo non incorrono in nessuna sanzione e nessun giudice può imporre stia in quei muri, secondo la sentenza della Corte Costituzionale. Questo è l'attuale situazione giuridica, a quanto ne so. I giudici non sono vincolati dal precedente interpretativo in Italia, neppure quello giurisprudenziale. Altri giudici (o anche gli stessi) quindi potranno interpretare le confuse norme italiane in materia in altro modo, seguendo logiche anche contraddittorie tra loro o internamente contraddittorie!

luigi ha detto...

Massimo,
il mio ragionamento concerne l’applicabilità della sentenza. Infatti, per la Corte di Strasburgo l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche rientra nei casi in cui «la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo» è in contrasto con «la protezione dei diritti e della libertà altrui» (art. 9 della Convenzione). Il ragionamento che ho proposto per la non applicabilità del divieto non contempla tra le sue premesse l’obbligatorietà dell’ora di religione. Una chiara sintesi del mio argomento si trova qui www.libertiamo.it/2009/11/04/no-il-dibattito-no-sul-crocifisso-moratoria/#comments.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
la sentenza della Corte europea dei diritti umani non la conosco, ripeto. Qualsiasi cosa contenga, comunque, non si fonda sulle norme della Costituzione italiana, ma non per questo non è applicabile in Italia! In base agli accordi internazionali che hanno dato vita agli organi comunitari quella sentenza è da applicare in Italia. Quella sentenza, quindi, ha da convivere nel nostro ordinamento con la sentenza di cui qui ho parlato della Corte Costituzionale, come ha da convivere con tutte le nostre norme, comprese quelle concordatarie. Dobbiamo concludere che la presenza della croce nelle aule scolastiche è possibile secondo la nostra Costituzione, ma non secondo i trattati internazionali (se la sentenza europea ne vieta l'uso come mi par di capire) ai quali l'Italia è vincolata. Ergo è vietato l'uso della croce, non essendo però tale divieto di ordine costituzionale. La Costituzione italiana, infatti, non obbliga, ma permette (secondo la Corte Costituzionale) l'uso della croce nelle scuole, ma una norma di grado inferiore alla Costituzione (derivante da un trattato internazionale) sembra vieti ciò che la Costituzione permetta. Si potrebbe porre ovviamente la questione se tale norma che vieta l'uso della croce nelle aule scolastiche sia o meno costituzionale, ma non mi pare a prima vista violi alcun principio costutuzionale e quindi mi pare applicabilissima. Il ragionamento che fai, infatti, è proprio un mostro giuridico poiché dal Concordato non deriva alcun principio costituzionale secondo il quale la laicità è da intendersi concordatariamente! La Costituzione e solo essa stabilisce quali sono i principi e le norme costituzionali alle quali tutte le altre norme debbono sottostare. La Costituzione contiene pure un buco che permette al Concordato di entrare nel nostro ordimanento, però i patti tra Stato e Vaticano che attraversano tale buco incidono esclusivamente su ciò che esplicitamente è regolato da tali patti (ad esempio sull'Insegnamento della Religione Cattolica, ad esempio), quindi non sul crocifisso nelle aule scolastiche.

luigi ha detto...

“la sentenza della Corte europea dei diritti umani non la conosco”.

Se non si conosce la sentenza, vale a dire le motivazioni su cui si basa, non si può capire il mio ragionamento.

“[la sentenza]non si fonda sulle norme della Costituzione italiana, ma non per questo non è applicabile in Italia…”

Non ho mai affermato che la sentenza si fonda sulla Costituzione italiana (precisamente è basata sull’articolo 9 della Convenzione e sull’articolo 2 del protocollo n.1 alla Convenzione)

“… ma non per questo non è applicabile in Italia”

Non ho mai affermato che il motivo della sua non applicabilità dipenda dalla circostanza che la sentenza non si basa sulla Costituzione italiana.

“Si potrebbe porre ovviamente la questione se tale norma che vieta l'uso della croce nelle aule scolastiche sia o meno costituzionale.”

È proprio questa questione che ho posto, formulando un argomento che alla domanda risponde che il divieto di affissione del crocifisso è anticostituzionale, perché se fosse costituzionale (sulla base delle motivazioni avanzate dalla Corte europea), lo sarebbe anche il divieto dell’ora di religione (le motivazioni della Corte contro l’affissione del crocefisso non possono non valere a fortiori anche per l’ora di religione, per come essa è attualmente disciplinata), ma l’ora di religione non è anticostituzionale, perché è disciplinata dai Patti Lateranensi a cui la Costituzione italiana rinvia.

"Il ragionamento che fai è proprio un mostro giuridico…"

Tu sei un mostro!!! :)

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
il divieto di affissione del crocifisso non può essere considerato contrario alla Costituzione solo per il fatto che l'ora di religione è costituzionale, nonostante "le motivazioni della Corte contro l’affissione del crocefisso non possono non valere a fortiori anche per l’ora di religione, per come essa è attualmente disciplinata". L'ora di religione, proprio perché prevista dai patti ai quali la Costituzione rinvia, è costituzionale a prescindere dalla sua aderenza al principio costituzionale di laicità, al quale, invece, la questione del crocifisso nelle aule scolastiche è sottoposta, non avendo la copertura dei patti tra Stato e Vaticano. In base a questo mio ragionamento, invece, male fece la Corte Costituzionale a non decidere nel senso dell'attuale decisione della Corte di Strasburgo, basandosi sui principi costituzionali italiani.
Ti faccio paura?

luigi ha detto...

Il rinvio della Costituzione ai Patti Lateranensi è possibile sulla base del giudizio che tutti i contenuti dei patti non siano anticostituzionali, compresa naturalmente l’ora di religione. C’è un giudizio dunque in virtù del quale i patti sono costituzionali e in virtù del quale l’ora di religione è costituzionale. Ora, le motivazioni (che tu non conosci) della Corte contro il crocefisso valgono anche per l’ora di religione, ne consegue che se in Italia accettassimo l’idea che la permissione dell’affissione del crocefisso fosse anticostituzionale (la Corte di Strasburgo, facendo riferimento ai testi che sopra ho ricordato, vieta l’affissione del crocefisso), dovremmo anche accettare l’idea che l’ora di religione sia anticostituzionale, dovremmo accettare cioè l’idea che alcuni dei contenuti dei patti siano anticostituzionali. Sennonché, la Costituzione, come tu stesso hai ricordato, rinvia ai Patti Lateranensi, e tale rinvio è giustificato dal giudizio che tutti i contenuti dei patti (compresa l’ora di religione) siano costituzionali, altrimenti il rinvio non potrebbe sussistere. Ma, se l’ora di religione è costituzionale, necessariamente il divieto all’affissione del crocefisso nelle aule scolastiche, per come è stato motivato dalla Corte, non è costituzionale.

Hai capito adesso?

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
il fatto che la Costituzione, dopo un acceso scontro tra favorevoli e contrari, abbia accolto in sé ("grazie" ai democristiani ed ai comunisti) un rinvio agli accordi tra Stato e Vaticano non si fonda né storicamente né giuridicamente "sulla base del giudizio che tutti i contenuti dei patti non siano anticostituzionali". Tale rinvio ha reso costituzionale qualcosa che altrimenti tale non sarebbe stata, ad esempio l'ora di religione nella scuola pubblica. Se i patti fossero stati giudicati costituzionali nel senso che comunemente si dà a questo termine non ci sarebbe stato bisogno di un rinvio esplicito in un articolo della Costituzione! Il rinvio c'è proprio per costituzionalizzare qualcosa che al vaglio della Corte Costituzionale altrimenti non avrebbe retto al primo ricorso. Se le motivazioni della sentenza della Corte europea contro il crocefisso nelle aule scolastiche "valgono anche per l’ora di religione", non ne consegue che "l’ora di religione sia anticostituzionale", poiché il rinvio costituzionale ai Patti Lateranensi li rende costituzionali e solo una procedura di revisione costituzionale potrebbe, in base alle leggi attuali, riportare nell'alveo dell'incostituzionalità in cui dovrebbero stare tutte le norme che da tali patti derivano. Non è, quindi, il "giudizio che tutti i contenuti dei patti (compresa l’ora di religione) siano costituzionali" che giustifica il rinvio. Bensì è il rinvio che li costituzionalizza! Il rinvio, proprio perché esplicito nella Costituzione, è giuridicamente costituzionale indipendentemente da altro! Tutto ciò che non è esplicitamente permesso o obbligatorio secondo i patti tra Stato e Vaticano, invece, ha bisogno (proprio perché non presente in tali patti) di essere sottoposto ai principi costituzionali, tra i quali la laicità, che rimane laicità piena in tutto ciò che non riguarda gli accordi tra Stato e Vaticano. Il tuo ragionamento, quindi, non lo capisco di certo se non al di fuori del diritto costituzionale e del diritto in genere. Puoi presentare la mia argomentazione e la tua a qualsiasi professore di tale materia e nessuno potrebbe giungere ad affermare che i principi dai quali tali patti derivano sono norme costituzionali applicabili a questioni relativa a qualcosa che non è esplicitamente contenuta nei patti stessi.

luigi ha detto...

Aridaglie!
Stai molto attento a usare l’espressione “… è costituzionale”, perché
può voler dire almeno due cose diverse. Che una norma sia
costituzionale può voler dire che quella norma è di fatto
costituzionalmente in vigore; ma può anche voler significare un
giudizio di valore sulla costituzionalità di una norma. Ti invito a
considerare che il mio argomento usa l’espressione in senso solo in
fattuale. Però l’argomento funziona anche con un senso valoriale. Non
funziona se all’interno del ragionamento si passi indebitamente dal
senso valoriale a quello fattuale o viceversa, come fai tu senza
rendertene conto.

I mostri in genere non mi fanno paura, solo quelli dalla testa molto
grossa!!! :)

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
al di là dei giudizi di valore tutte le norme costituzionali stanno nella stesso livello di quella che i giuristi chiamano gerarchia delle fonti del diritto. Di fronte a due norme in apparente contraddizione come possono essere quelle che impongono che l'ordinamento deve essere improntato ai principi di laicità ed uguaglianza e quelle derivanti dai Patti Lateranensi si applica un criterio interpretativo secondo il quale la norma speciale prevale su quella generale. Nel caso in questione le norme derivanti dai Patti Lateranensi prevalgono sui principi di laicità ed eguaglianza, ma limitatamente alle questioni che esplicitamente normano e mai oltre questo limite! Nessun giudizio di valore, ripeto, solo applicazione degli strumenti della scienza giuridica.

luigi ha detto...

Aridaglie 2!

Ci dobbiamo intendere sul contenzioso, innanzitutto. Che cosa mi contesti? Se mi contesti l’argomento sulla cui base ho concluso che la sentenza della Corte di Strasburgo non è applicabile in Italia (senza contraddizioni), se è questo ciò che mi contesti, allora non c’è scienza giuridica che tenga. Dato un argomento, i modi per aggredirlo non sono infiniti: o se ne discutono le premesse o le regole di inferenza. Nella fattispecie, il mio argomento si basa su due premesse: 1) l’insegnamento della religione cattolica è costituzionale, 2) le ragioni avanzate dai giudici europei contro l’affissione del crocefisso nelle aule scolastiche valgono anche per l’insegnamento della religione cattolica. Le regole sono due: il principio di contrapposizione e il modus ponens.

1) o 2) (o entrambe) sono false? Le regole sono applicate male? Che cosa vuoi dire?

Spero tu non ti offenda se risponderò a ulteriori commenti se e solo se questi sapranno indicare precisamente la falla o le falle nell’argomento sopra esposto (i cui dettagli sono sparsi qua e là, ma puoi facilmente recuperarli).

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
contesto il fatto che tu voglia applicare la tua logica nel diritto costituzionale senza conoscerne le regole. Nel mio precedente commento ti ho sintetizzato in pieno le regole da applicare al caso. La sentenza della Corte di Strasburgo mi pare giuridicamente applicabilissima in Italia. Se non lo fosse, per qualche elemento riguardante la questione che non vedo (ad esempio le sue motivazioni che continuo a non conoscere nei dettagli), di certo non riguarderebbero il tuo bellissimo e logicissimo argomentare tutt'altro che giuridico. La contraddizione di cui parli, infatti, non la nego affatto, ma la scienza giuridica accetta tale contraddizione tra norme dello stesso rango nella gerarchia delle fonti (nel caso specifico essendo tutte di derivazione costituzionale) interpretando quelle sulla laicità ed uguaglianza come generali e quelle derivanti dal rinvio ai Patti Lateranensi come speciali (ovvero che si debbano applicare esclusivamente a ciò che viene trattato esplicitamente da tali patti). Seguendo il tuo linguaggio, se al principio di contrapposizione ed al modus ponens aggiungi il concetto di gerarchia delle fonti ed il brocardo "lex specialis derogat generali" ("la norma speciale deroga quella generale") risolviamo la questione nell'alveo giuridico. Il ragionamento che fai, quindi, è valido se e solo se al di fuori della scienza giuridica, la quale, invece, prevede i concetti di cui sopra che ho cercato di indicarti con parole semplici già dal primo mio commento.

luigi ha detto...

“contesto il fatto che tu voglia applicare la tua (sic) logica nel diritto costituzionale senza conoscerne le regole”

Come risulta da precedente commento, la struttura del mio ragionamento è molto semplice, in quanto consiste di due solo premesse e delle regole della contrapposizione e del modus ponens. Affermare che il mio ragionamento funziona nell’ambito 1 e non funziona nell’ambito 2 significa una e una sola cosa, e cioè che nell’ambito 2 sono in vigore principi in virtù dei quali una delle due premesse (o entrambe) è falsa, una delle due regole (o entrambe) non è valida. Nell’ambito 2 (quello giuridico) valgono i principi della gerarchia delle fonti e della derogazione delle norme generali. La mia domanda è: in che modo tali principi interagiscono (negativamente) con le premesse e le regole del mio argomento? Insomma, quali premesse o quali regole (o entrambi) intaccano?

“la scienza giuridica accetta la contraddizione tra norme dello stesso rango nella gerarchia delle fonti, interpretando quelle sulla laicità ed uguaglianza come generali e quelle derivanti dal rinvio ai Patti Lateranensi come speciali”

È possibile (e non necessario) che le norme speciali deroghino quelle generali. È una possibilità e non una necessità: non tutte le norme speciali derogano quelle speciali! Che la validità di alcune norme dei Patti (nella fattispecie l’insegnamento della religione cattolica) richieda la derogazione di altre norme costituzionali, questa è una tua interpretazione. È possibile stilare una lista di coloro che pensano che sia così e una lista di coloro che pensano che non sia così. È un giudizio politico. Infatti non c’è un solo articolo della costituzione che tratti esplicitamente dell’insegnamento della religione cattolica. Quindi la contraddizione non è tra norme dello stesso rango, ma tra una norma di derivazione costituzionali (l’insegnamento della religione cattolica) e una fantomatica norma (derivata dalle norme costituzionali, in modo controverso e soprattutto non scritta) concernente (in termini antitetici a quelli in cui la materia è trattata dai Patti) l’insegnamento della religione cattolica.

Ps. Vedo che non hai ancora imparato l’uso dei bicondizionali.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
la struttura del tuo ragionamento è troppo semplice, in quanto non prende in considerazione ciò che cerco di farti notare da un pezzo e che qui cercherò di meglio spiegare. La gerarchia delle fonti ed il principio secondo il quale le norme speciali derogano quelle generali fa sì che tra norme (pari grado secondo la gerarchia delle fonti) che si contraddicono tra loro si applica quella speciale e non quella generale. C'è unanime accordo tra gli operatori del diritto così come tra gli studiosi, oltre che tra i cultori della materia, che la Costituzione imponga che le leggi ordinarie debbano essere laiche e rispettare il principio di eguaglianza formale e sostanziale (articolo 3) e queste norme costituzionali sono in palese contraddizione con gli articoli 7 ed 8 della stessa Costituzione che recitano:

Art. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

C'è ugualmente unanime interpretazione che siano generali le norme riguardanti la laicità e l'uguaglianza formale e sostanziale e speciali quelle che le contraddicono derivanti dagli articoli 7 ed 8 citati. Stila pure le liste che vuoi, ma ti sfido a trovare un serio giurista esperto di diritto costituzionale o giudice della Corte Costituzionale o studioso autorevole di materie almeno vicine al diritto costituzionale che possano contraddire l'interpretazione che ti propongo. Che tale interpretazione sia un giudizio politico non lo nego, ma, ripeto, non esistono interpretazioni autorevoli, che io ne sappia, che non concordino con essa. Non c'è bisogno che ci siano articoli della Costituzione che trattino "esplicitamente dell’insegnamento della religione cattolica" poiché le norme relative a laicità ed uguaglianza sono valide anche per la scuola e quelle derivanti dai Patti Lateranensi, grazie all'articolo 7, derogano le norme costituzionali generali. Alcuni commentatori, è vero, dicono che tale potere di derogare non si applica ai "principi supremi dell'ordinamento", ma di questo veramente non vi è alcuna traccia, neppure implicita, nella Costituzione e diffido solitamente di argomentazioni sostanzialiste come queste.

luigi ha detto...

Se il mio argomento è troppo semplice, allora la tua incapacità di comprenderlo è imperdonabile. Ma tu dici di comprenderlo e addirittura accettarlo, a patto che si costituisca fuori dell’ambito giuridico.
Allora le domande sono: 1) quali principi che informano l’ambito giuridico rendono false le premesse o inapplicabili le regole di inferenza che costituiscono il mio argomento? 2) Precisamente, quali premesse o quali regole inferenziali tali principi giuridici intaccano o modificano?

Alla prima domanda hai ampiamente risposto: i principi sono quelli della gerarchia delle fonti e della derogazione delle norme generali da parte delle norme speciali. Alla seconda, quella decisiva al fine di valutare ed eventualmente riformulare l’argomento, non hai risposto. Ma se non rispondi a questa domanda, io non posso ritirare il mio argomento o eventualmente riformularlo. Credo di aver già elencato le premesse e le regole di inferenza in questione. Non escludo che vi siano premesse sottintese ulteriori, ma spetta a te individuarle, perché se tu che contesti l’argomento, almeno sul piano giuridico.

Nel precedente commento, inoltre, ti ho fatto notare che l’affermazione che la validità di alcune norme dei Patti (nella fattispecie l’insegnamento della religione cattolica) richieda la derogazione di altre norme costituzionali è una interpretazione e da ultimo un giudizio politico.
Infatti, la contraddizione non è tra norme dello stesso rango, ma tra una norma di derivazione costituzionale (l’insegnamento della religione cattolica) e una fantomatica norma concernente (in termini antitetici a quelli in cui la materia è trattata dai Patti) l’insegnamento della religione cattolica. Tu dici che non abbiamo bisogno di una tale norma e che è evidente etc. Anche questa è una interpretazione e da ultimo un giudizio politico. Una interpretazione (e da ultimo un giudizio politico) condiviso, tu dici, da tutti i giuristi seri. Ne dobbiamo concludere che un giurista che abbia giudizi politici differenti dai tuoi non è serio?

Il punto è che il mio argomento prescinde, astrattamente, da tutte le interpretazioni politiche possibili, anche le interpretazioni condivise dalla maggioranza dei giuristi seri. La contraddizione tra norme costituzionali e i principi da applicare nel caso di contraddizione riguardano l’applicazione delle norme: come dobbiamo comportarci nel caso in cui c’è contraddizione…? Questo non significa che il legislatore sia legittimato a produrre contraddizioni, né che il magistrato non sia tenuto a postulare, nella interpretazione delle
norme, la razionalità del legislatore e la consistenza delle leggi. Il mio argomento pone da ultimo un problema di consistenza delle leggi che si traduce in un problema di applicabilità della sentenza di Strasburgo una volta che, prescindendo da giudizi politici, ancorché condivisi da tutte le persone serie, postuliamo che il legislatore sia quanto più possibile razionale, come il principio di carità ci impone.
Ma non è soltanto una questione di carità, ma è anche una questione giuridica, almeno se si accetta il principio secondo cui un sistema normativo è tanto più autorevole quanto più razionale e coerente.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
la norma dell'articolo 7 della Costituzione relativa ai Patti Lateranenzi deroga quella sull'uguaglianza dell'articolo 3. Quindi nella Costituzione vi è scritto praticamente che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge indipendentemente dal credo religioso, ma vi è anche scritto che una religione è trattata diversamente dalle altre, poiché quelli che sono ritenuti i suoi massimi rappresentanti concordano con lo Stato italiano norme dell'ordinamento italiano che derogano anche la Costituzione. Tale potere di deroga non può superare i suoi naturali confini, ovvero i Patti Lateranensi stessi, poiché la Costituzione solo a tali patti rinvia dicendo esplicitamente che il contenuto della revisione degli stessi è automaticamente accettato dalla Costituzione! Ergo, l'ora di religione così come regolamentata dai Patti Lateranensi nella loro versione attuale non può che essere costituzionale, pur se in contraddizione con l'articolo 3. Il crocifisso appeso ai muri delle scuole non è menzionato dai Patti Lateranensi e quindi non può essere legittimo costituzionalmente per lo stesso motivo. La Corte Costituzionale ha scritto che non vi è obbligo di appenderlo al muro e che la Costituzione non si occupa di tali questioni! Io penso che il principio di eguaglianza sancito nell'articolo 3 della Costituzione basti per dire che tale simbolo non può stare su quei muri.
Se le norme dei Patti Lateranensi non derogassero l'articolo 3 della Costituzione non si capisce proprio perché debbano essere contenute nei patti stessi. Basterebbe, infatti, una norma di legge ordinaria, la quale, infatti, non ha il potere di derogare le norme costituzionali, bensì è ad esse sottoposta. La contraddizione (almeno una contraddizione) è tra le norme della Costituzione che danno efficacia ai patti con un rinvio che li costituzionalizza ed il principio di eguaglianza sancito nell'articolo 3. I giudizi politici che sottendono alle interpretazioni unanimi dei giuristi di cui scrissi sono giudizi politici interni al nostro diritto vivente, nonché alla dottrina giuridica. Non ti parlo, quindi, di giudizi politici della maggioranza dei giuristi, bensì di come è interpretata la legge in Italia attualmente da tutti i giuristi che si occupano della questione.

Hai ragione: il legislatore non è legittimato a produrre contraddizioni, e quando lo fa l'operatore del diritto, postulando "la razionalità del legislatore" e la coerenza dell'ordinamento applica, ad esempio, il principio secondo cui la norma generale è derogata da quella speciale. Io, quindi, pur essendo d'accordo con te che la sentenza di Strasburgo e l'ora di religione nelle scuole pubbliche non vanno d'accordo, pur se politicamente sono per l'abolizione degli articoli 7 ed anche 8 della Costituzione, non posso non dire razionalmente che chi di dovere deve togliere quei crocifissi dai muri delle aule applicando quella sentenza, la quale se è incostituzionale non lo è di certo per l'argomentazione che tu esprimi.

Può aiutarci a comprendere la norma costituzionale che rinvia ai Patti Lateranensi e le sue implicazioni il dibattito che precedette la sua applicazione:

http://www.nascitacostituzione.it/01principi/007/index.htm?art007-013.htm&2

Anonimo ha detto...

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