domenica 21 giugno 2009

Risposta a Luigi Pavone sulla privatizzazione della scuola dell'obbligo

Caro Luigi,
scrivendo "lo Stato non può dirmi di mandare mio figlio a scuola e poi chiedermi dei soldi per un servizio che non chiedo io, bensì che mi viene imposto dallo stesso Stato” esprimo la preferenza (liberale, liberista e taoista) per uno Stato che imponga il meno possibile. Riguardo le letture sui monopoli ti consiglio di iniziare con un qualsiasi manuale di microeconomia. Il testo su cui ho studiato io è "Introduzione alla microeconomia" del professore Salvatore Vinci, poiché quel pazzo del professore Sebastiano Impallomeni pensa, giustamente, basti. L'editore è Liguori. Ti consiglio poi un qualsiasi testo di scienza delle finanze, relativamente al concetto di "bene pubblico" in economia ed alla questione se, in che senso ed in che grado l'istruzione sia bene pubblico in senso economico. Il testo su cui ho studiato è quello a cura di Paolo Bosi, "Corso di Scienza delle finanze", casa editrice il Mulino.
Nell'attesa che tu possa farti questa minima conoscenza della scienza economica posso comunque farti notare che le strutture educative chiamate scuole hanno caratteristiche tali che chi li realizza, in regime privatistico, ottiene rendimenti marginali crescenti ovvero costi medi decrescenti. Le attività economiche in queste condizioni hanno costi d'investimento talmente alti che può sostenerli solo un offerente unico, ovvero siamo in un caso di monopolio naturale! Se ti interessa la dimostrazione rinvio ai manuali di microeconomia.
Puoi dirmi che la scuola non rientra in quelle condizioni ed allora continuo a chiederti di che scuola parli, poiché il regime che prefiguri non è un regime totalmente privatistico, visto che parliamo ora di scuola dell'obbligo. Vi devono essere delle caratteristiche previste dalla legge affinché una scuola sia considerata legale (e quindi io mandando mio figlio in tale scuola non venga perseguito) o non legale (e quindi mandandovi mio figlio io venga perseguito). Quali sono queste minime caratteristiche? Se non me le esponi difficilmente posso dirti se sono o meno d'accordo ad un tale regime.
I costi per "aprire una clinica" non sono "argomento contro la sanità privata", bensì argomento a favore dell'intervento pubblico, se riteniamo la salute bene da tutelare politicamente. Qui stiamo accettando la scuola dell'obbligo, ovvero riteniamo che l'istruzione sia bene da tutelare politicamente. Ciò non è contro le scuole private, bensì a favore dell'intervento pubblico, innanzi tutto a favore dell'obbligatorietà stessa e poi della garanzia pubblica che le scuole siano accessibili in tutto il territorio ed a tutta la popolazione.
I sussidi di disoccupazione rendono il mercato del lavoro di certo differente da un mercato senza sussidi. Il mercato del lavoro (qui faccio riferimento sia alla microeconomia che alla macroeconomia) è mercato come quello di qualsiasi altro bene. Chi usufrisce del sussidio sarà meno disponibile al lavoro (meno domanda di lavoro si chiama in economia) e per realizzare i sussidi bisogna in qualche modo finanziarli, ad esempio con l'imposizione (che ha le sue conseguenze economiche). Tutto ciò fa parte di un'economia non totalmente liberista, per definizione. In teoria anche il settore alimentare può morire in un'economia liberista, se ognuno produce da sé, nel proprio orto, gli alimenti, ad esempio, quindi i "morsi della fame" non hanno nulla a che vedere con l'obbligatorietà per legge di comprare un bene o un servizio. A proposito di istruzione, sono sempre a tua disposizione per lezioni private di economia o scienza delle finanza.
Ciao,
Massimo

24 commenti:

luigi ha detto...

Caro Massimo,
ti faccio innanzitutto notare che nella tua risposta non c’è alcun riferimento (un link o qualcos’altro) al luogo in cui i lettori possono trovare ciò a cui rispondi. Lo dico perché la conoscenza di ciò che io ho scritto a proposito della libera scuola in libero stato mi eviterebbe di essere prolisso nella risposta alla tua risposta. Al momento vedo comunque che l’analogia con la sanità privata ha funzionato, nel senso che adesso riconosci che i costi elevati per aprire una clinica non costituiscono argomento contro la privatizzazione, ma a favore dell’intervento pubblico, ma… questo è propriamente ciò che sto cercando di dire e di applicare anche alla privatizzazione della scuola dell’obbligo, per la quale gli eventuali costi elevati (che io continuo a non vedere elevati o più elevati delle cliniche o di altre imprese con macchinari costosissimi) non sono argomento contro la privatizzazione, né sono argomento a favore del monopolio, a condizione che esistano i profitti e a condizione che esista un accesso ai capitali non ostacolato dalle leggi.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
il link non c'è perché per adesso non posso inserirlo. La discussione si è svolta, comunque, al seguente indirizzo:

http://nonviolento.blogspot.com/2009/06/gheddafi-alla-sapienza.html

L’analogia con la sanità privata funziona eccome. Non sono, infatti, né contro la sanità privata né contro l'istruzione privata. Soltanto credo che non bastino senza un intervento politico che garantisca il servizio, per la sanità a chi non può permetterselo, per la scuola pubblica obbligatoria a tutti coloro che rientrano nella fascia d'età prevista.
Come ciò sia a favore della privatizzazione della scuola dell’obbligo, ti prego di spiegarmelo. I costi elevati sono argomento contro la privatizzazione di qualsiasi servizio pubblico quando tali costi impediscano all'imprenditoria privata di investire in quel settore o conducano a regimi monopolistici. Non basta che ci siano profitti e "accesso ai capitali non ostacolato dalle leggi" affinché ci sia concorrenza

luigi ha detto...

Convengo sul fatto che "i costi elevati sono argomento contro la privatizzazione di qualsiasi servizio pubblico quando tali costi impediscano all'imprenditoria privata di investire in quel settore o conducano a regimi monopolistici". Ma affinché tali affermazioni siano prese contro la privatizzazione delle scuole dell'obbligo è oppurtuno dimostrare che nella fattispecie i costi sarebbero così elevati da bloccare gli investimenti privati o da condurre a monopoli. Per una tale dimostrazione, i riferimenti bibliografici (quando opprtunamente costruiti, quindi anche con date di pubblicazione e pagine) possono essere certamente utili, ma non la sostituiscono. In assenza di argomentazioni è legittimo considerare le tesi sul presunto monopolio pregiudizi bell'e buoni. Inoltre, seguire una dimostrazione è difficile, se a questo si aggiunge la ricerca di testi, magari non più pubblicati o di difficile reperibilità, senza conoscere le pagine, le cose si complicano inutilmente, quindi sarebbe auspicabile che i passaggi più importanti fossero citati virgolettati (con le pagine corrispondenti). Molto modestamente, mi riconosco un certo fiuto quanto a dimostrazioni e temo che non esistano dimostrazioni che vanno nella direzione di quel pregiudizio. Dunque è un dogma che possiamo tranquillamente mettere da parte e guardare al futuro dell'educazione con più ottimismo e senza ideologie. Però se vuoi riprodurre questa ormai misteriosa dimostrazione, anche a vantaggio dei lettori, con gli opportuni accorgimenti, sono pronto a discuterla. Il rinvio a una serie di manuali non mi consente di discutere niente ed è un modo come un altro per chiudere il discorso o renderlo inaccessibile. Un modo come un altro di essere dogmatici.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
qui il punto della nostra discussione non è la dimostrazione di alcunché, poiché non so di che scuola stiamo parlando. Se mi dici che sei per la privatizzazione della scuola pubblica così come la conosciamo allora ragiono su tale ipotesi. Se le scuole che prefiguri hanno altre caratterisctiche a me ignote come posso ragionarci sopra? Mi mancano le premesse e qualsiasi strumento che la scienza economica mi fornisce non mi è sufficiente per comprendere che intendi per scuola, quali caratteristiche essa debba avere per legge affinché, io, ripeto, mandandovi mio figlio possa rispettare l'obbligo di legge.

luigi ha detto...

Vedi perché ti dicevo di mettere dei link o dei riferimenti alle precedenti discussioni?! dalle quali emerge (è odiosa l'autocitazione, ma a volte necessaria) che "per scuola io intendo ciò che comunemente si intende con questa parola. Certo, una scuola non statale è una scuola molto più agile e aperta ai cambiamenti [...]. Quanto agli obblighi che le scuole private dovrebbero avere per essere chiamate scuole, io in generale tenderei a ridurli, proprio per facilitarne l’apertura ed evitare monopoli (eviterei leggi del tipo: occorre che ci sia un cortile di metri quadri tot, occorre che ci siano almeno tot aule, etc.)". Dunque la scuola è quella che tutti noi essenzialmente intendiamo.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
per te gli "obblighi che le scuole private dovrebbero avere per essere chiamate scuole" devono essere ridotti per facilitarne l’apertura ed evitare monopoli. Ridotti fino a che punto? Una scuola di ballo potrebbe rientrare nei requisiti per essere considerata scuola elementare o media? Ancora non rispondi alla domanda, insomma: quali sono i requisiti che una scuola elementare deve avere secondo te affinché, mandandovi mio figlio, non verrà alcun pubblico ufficiale a rompermi le scatole dicendomi che non rispetto la legge? Cosa deve garantire tale scuola?

luigi ha detto...

Ti ripeto, per l'ennesima volta, che per scuola intendo ciò che comunemente intendiamo per scuola, per obblighi scolastici intendo ciò che comunemente intendiamo per obblighi scolastici, per fini scolastici intendo ciò che comunemente intendiamo per fini scolastici. Ciò che contesto è l'invasività della classe politica e del clero, la statalità della scuola, la pedagogia di stato. Oltre alle caratteristiche essenziali, la scuola ha anche caratteristiche fisiche (per lo più ci troviamo di fronte a enormi palazzi), esteriori (p. es. c'è in tutte le scuole la figura del bidello). Fatte salve tutte le caratteristiche essenziali della scuola, come l'insegnamento della matematica e della lingua italiana, le caratteristiche accidentali (a cui alludevo quando dicevo che la legge non dovrebbe stupidamente porri molti paletti, la cosa era abbastanza intuibile dal contesto e dagli esempi che facevo, che tu hai opportunamente tagliato), in un regime concorrenziale, possono variare anche enormemente, alcune scuole potrebbero prevedere la figura del bidello, altre no, alcune potrebbero essere dislocate in palazzi, altre in villette periferiche, ma è chiaro che per tutte valgono i principi generali dell'igiene e della abitabilità (secondo le norme vigenti), più gli immutati obblighi scolastici. Poi è abbastanza chiaro che oggi la scuola ha delle caratteristiche che dipendono dal suo essere statale, come la rigidità, l'uniformità, l'incompetenza del personale docente, scelto con criteri politici, sintesi di interessi elettorali e sindacali, ecco... tutte queste caratterisctiche negative, che derivano dalla statalità, verrebero perse, ma in modi differenziati, fermi restando gli obblighi scolastici, che sono quelli tradizionali liberati dalle ipoteche di valori, criteri, etc. estranei.

luigi ha detto...

Alla luce di ciò che ho detto nel precedente commento, e in tutti gli altri commenti, è abbastanza chiaro che una scuola di ballo non rientra nei requisiti di ciò che essenzialmente intendiamo per scuola dell'obbligo. C'è qualcosa che ho scritto sulla scuola che potrebbe indurre qualcuno al dubbio al riguardo? Mi pare proprio di no!!!!!

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
la tua scuola radicalmente non statale, dell'obbligo per legge e sostenuta da politiche statali deve sottostare, quindi, agli attuali fini statali dell'istruzione dell'obbligo, togliendo "l'invasività della classe politica e del clero, la statalità della scuola, la pedagogia di stato". Per ciò che riguarda l'invasività dei politici e del clero, come, privatizzando la scuola, si può ottenere l'obiettivo di contrastare tale invasività? L'insegnamento della religione cattolica e la nomina da parte clericale degli insegnanti di tale disciplina scolastica non dipendono da chi è il proprietario e/o il gestore della scuola, ma da obblighi di legge ben precisi che possono essere modificati in senso laico ed anticlericale lasciando la scuola totalmente statale. La scuola francese è esempio di scuola fortemente statale e centralizzata e fortemente laica. Riguardo la statalità, la tua riforma è meno radicale di ciò che credevo: a te interessa la non proprietà e gestione pubblica della scuola, ma non togli l'obbligatorietà. Per ciò che riguarda la "pedagogia di stato", le tue scuole private devono rispondere a dei programmi ministeriali, pur se più snelli di quelli attuali. Tu sei, quindi, per una più leggera "pedagogia di stato".
Privatizzare proprietà e gestione dell'attuale scuola pubblica ed alleggerire i programmi ministeriali come ci conduce ad "un regime concorrenziale"? Nelle zone in cui (tra i più di 8000 comuni italiani) nessun imprenditore avesse convenienza o volontà a gestire un tale tipo di scuola, come dovrebbe intervenire l'autorità pubblica per garantire una pressoché uguale accessibilità all'istruzione obbligatoria? Nelle zone in cui le scuole private ci fossero, la discriminazione tra chi paga con i suoi soldi e chi con soldi pubblici (perché altrimenti non potrebbe) per usufruirne non finirebbe per incidere sul servizio offerto? Per evitare le discriminazioni che dovremmo fare?
Ecco alcuni effetti negativi che prevedo:
1) far pagare agli utenti che possono pagare un servizio che ora hanno gratuitamente,
2) dare ai privati gli utili di una tale scuola (utili derivanti anche da soldi pubblici),
3) sindacato dell'imprenditoria della scuola pronto sempre (in nome dell'interesse pubblico) a far ricadere sulla collettività i propri errori.
4) zone non rare in cui l'unica scuola del paese non è gestita con i criteri della pubblica amministrazione e di proprietà pubblica, bensì in condizioni di monopolio privato, con ciò che ne deriva.
Tutto ciò, ribadisco, mi sembra mafia legalizzata, piuttosto che libera concorrenza: privatizzare gli utili e socializzare le perdite, come sempre è accaduto al capitalismo italiano. La scuola che funziona meno peggio in Italia attualmente è quella dell'obbligo, forse proprio perché è meglio sia rigida ed uniforme. Non sfasciamo ulteriormente la scuola.
Riguardo "l'incompetenza del personale docente", non mi sembra di stretta derivazione della proprietà e/o gestione pubblica. Perché una scuola privata, in un regime semistatalista quale quello che proponi, secondo te, darebbe maggiore garanzia di personale non scelto secondo "criteri politici"? Credi che non entrerebbero in gioco anche in un tale strano minotauro "interessi elettorali e sindacali" nella selezione del personale? Non c'è nulla di ciò che hai "scritto sulla scuola che potrebbe indurre qualcuno" a pensare che una scuola di ballo rientri nell'idea di scuola dell'obbligo che hai, ma con la mia domanda mi sembra di averti stimolato ad essere almeno un po' più esplicito.

luigi ha detto...

Rispondo. Rispondo che la paura (non solo il sonno della ragione) genera mostri: mafie locali, i libici e i cinesi alle calcagna. Dunque la paura genera mostri. La paura è paura dell’ignoto, e le novità contengono, direi per definizione, porzioni inesplorate che, quando uno vivacchia, perché rischiare di non vivacchiare più? Dunque non nego che vi siano cose inesplorate, ma aggiungo anche che è inevitabile che sia così quando si ha che fare con le novità, rispetto alle quali, però, l’atteggiamento conservatore prevale quasi sempre, almeno quando uno appunto vivacchia, accompagnato da sovrastrutture apparentemente argomentative, in realtà tentativi, più o meno riusciti, di rendere razionale la propria paura, da qui gli scenari apocalittici. Quando c’è di mezzo la paura è difficile fare chiarezza. Ci proverò comunque. Nel tuo ultimo commento tu mi attribuisci qualcosa, anzi più d’una, che io non ho detto, per esempio non ho mai detto che le scuole private dovrebbero essere sostenute da politiche statali: ho solo sostenuto che è giusto aiutare economicamente le famiglie bisognose di aiuto. Una famiglia che non è in grado di sfamare i propri figli è una famiglia che va aiutata. Una famiglia che non è in grado di istruire i propri figli è una famiglia che va aiutata a farlo.

luigi ha detto...

Tu annoveri tra gli effetti negativi della privatizzazione, al punto 1), la circostanza «di far pagare agli utenti che possono pagare un servizio che ora hanno gratuitamente». Credo proprio che questo sia uno degli effetti incontestabili della privatizzazione, ma non lo classifico affatto come un effetto negativo, ma come giustizia, non si capisce infatti perché i soldi di tutti, anche quelli dell’operaio che magari non riesce ad arrivare alla fine del mese, dovrebbero finire a finanziare l’istruzione dei ricchi, quando questi potrebbero benissimo sborsare i soldi di tasca propria. Allora… non un effetto negativo, ma giustizia. Al punto 2), l’altro effetto negativo, sarebbe quello di dare gli utili delle scuole ai privati. Anche qui, vedo certamente l’effetto, ma non vedo la negatività, ma ancora una volta giustizia, infatti non è forse giusto dare gli utili di una impresa a chi investe in quella impresa (quanto agli aiuti economici alle famiglie, lo ripeto, riguardano non solo l’istruzione, ma qualsiasi altro bene indispensabile)?. Prima dicevo che la paura genera mostri, infatti il punto 3) è difficilmente comprensibile. Il punto 4), ci risiamo, è il monopolio delle scuole, di cui ancora dovresti mostrare il fondamento (per ora ti sei limitato a generici riferimenti a manuali di economia, sono in attesa, in realtà senza molte speranze, di discutere qualcosa di tamgibile). Mi attribuisci il proposito di privatizzare gli utili e socializzare le perdite, o consideri questo un altro effetto negativo della privatizzazione. Tutto il contrario, quando una scuola non è in grado di stare sul mercato, allora fallisce punto e basta, senza socializzazione delle perdite. Tu dici che la privatizzazione delle scuole non comporta una maggiore garanzia nella scelta del personale. Invece sì, è proprio così. È così perché il personale docente dà più o meno credito ad una scuola (più o meno utili). Se il preside di una scuola comincia ad assumere la moglie, il figlio ect., per il sol fatto di essere moglie, figlio etc., nessuno potrebbe impedirglielo, ma rischierebbe sul serio il fallimento (manderesti tu tua figlia in una scuola siffatta?). Sulla laicità delle scuola c’è un equivoco che è meglio eliminare. Infatti, io non desidero affatto una scuola laica per imposizione di legge, e mi va bene che qualche scuola insegni religione e che magari lo faccia facendo nominare l’insegnate di religione dal vescovo o sia lo stesso vescovo a farlo (non manderei però i miei figli in una tale scuola). Non voglio una scuola laica, ma libera. Inoltre tu affermi che la scuola, per come io la concepisco, dipenderebbe comunque da una pedagogia di stato, sebbene ridotta. Non è così. Se fosse così, meglio una pedagogia di stato debole che una pedagogia di stato forte. Ma non è così. Ciò che la scuola si propone di fare è qualcosa di universalmente riconosciuto, da Platone a oggi. La scuola si propone di essere conoscenza e ricerca della verità. Lo stato dovrebbe limitarsi a stabile ciò che l’intellighenzia del proprio paese (ma oggi la cultura è planetaria) intende per conoscenza e ricerca della verità. Prescrivere ad una scuola di essere una scuola non significa imporgli un metodo didattico, cioè una pedagogia, nemmeno una pedagogia ridotta. L’assenza di una tale imposizione avrebbe conseguenze straordinarie. Oggi la didattica e la ricerca si intrecciano solo a livello universitario, ma le cose potrebbero cambiare e la ricerca e la didattica andare sottobraccio sin dall’inizio. Ma la paura è un’altra cosa. Forse ho lasciato in sospeso qualche domanda.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
aspetto ancora la tua risposta alla mia domanda sulla discriminazione. Il fatto che chi può paghi per me non è un problema in sé e se questo ho lasciato credere ho sbagliato di certo io a non spiegarmi meglio. Il problema lo vedo nel fatto che alcuni pagheranno con i propri soldi ed altri (non pochi), tra i quali molti immigrati (regolari e clandestini), con i soldi pubblici e ciò condurrà ad un servizio necessariamente diversificato tra le due tipologie di clienti. Per me la scuola obbligatoria non deve discriminare in base al ceto di appartenenza. Non sono neppure contro gli utili ai privati, nei settori in cui lo Stato non entra se non come arbitro. Il mercato di un bene o servizio il cui consumo è obbligatorio per legge è un mercato che non può morire. In un tale mercato, specie se vi sono dei sostegni specifici al consumo (diretti a quei consumatori che altrimenti non potrebbero usufruire del bene o servizio in questione), gli utili non sono meramente frutti della capacità imprenditoriale, bensì di altri fattori, che si può ben immaginare dipendano dalla capacità di contrattazione dei vari sindacati (compreso quello degll'imprenditoria della scuola, che si formerebbe in un tale regime).
Siccome qui non mi pare il luogo più adatto a dimostrazioni di microeconomia continuo a rimandarti ai manuali, mi spiace. Scegli un qualsiasi manuale di microeconomia (dopo aver dato almeno una rinfrescata al calcolo differenziale) e studiati i primi capitoli fino a giungere al monopolio. Se scegli il testo di Vinci dovrai al massimo leggere poche decine di pagine, se la memoria non mi inganna (non ho sotto mano il testo).
Arriviamoci, però, meno rigorosamente con un ragionamento terra terra. Immagina che andare al cinema ogni sera sia obbligatorio e che per chi non può pagare ci siano aiuti specifici di Stato. Non è detto che, nonostante tutti questi sostegni tutt'altro che liberisti al settore delle sale cinematografiche, l'imprenditoria privata riesca autonomamente a garantire che in ognuno dei più di ottomila comuni italiani (e relativi quartieri delle città) ci sia almeno una sala di proiezione cinematografica. Che dovrebbe fare l'autorità pubblica, se dovesse garantire un pressoché uguale accesso alle sale? Creare sale cinematografiche statali che si affiancano così nel mercato a quelle private? E nelle zone in cui un solo imprenditore avesse convenienza ad aprire una sala, non agirebbe poi in regime monopolistico?
Se il tuo proposito è un mercato libero ciò mai sarà possibile alle condizioni che poni e per quanto riguarda la concorrenzialità (che è concetto che si affianca alla libertà) non basta di certo la privatizzazione per giungervi. Ripeto: "la privatizzazione delle scuole non comporta una maggiore garanzia nella scelta del personale", se non in un regime di concorrenza. Continui a ripetere di volere una scuola obbligatoria libera e per quanto io ami gli ossimori proprio non riesco a comprendere.
Scrivi poi di finalità scolastiche universalmente riconosciute. Bene, un conto è parlarne tra noi o in un convegno, un conto è poi tradurre tutto ciò in legge. La legge la fanno i politici con l'apporto (quando vogliono avvalersene) degli esperti giuridici, di economia e del settore per il quale si legifera. Se la legge deve essere statale ciò che ne risulterà sarà ciò che lo Stato reputa come "universalmente riconosciuto" nell'ambito delle finalità scolastiche, in altre parole una pedagogia di Stato, seppure ridotta. Mettiamo che la legge prescriva che si debba insegnare fin dalla prima elementare le quattro operazioni, mentre una particolare innovativa pedagogia preveda che ciò non vada fatto. Una scuola che segue quel metodo sarebbe fuori dal tuo sistema proprio perché non segue la pedagogia statale.

luigi ha detto...

L’equazione


a_n + b_n = c_n

ha soluzioni in interi positivi a, b, c, solo per n = 2 (e in questo caso vi sono infinite terne a, b, c che soddisfano l’equazione), ma non vi sono soluzioni per n > 2. Ho scoperto una prova davvero meravigliosa di questa dimostrazione, che sfortunatamente questo margine è troppo piccolo per contenere.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
quest'ultimo argomento è di certo a favore della privatizzazione della scuola dell'obbligo.

luigi ha detto...

Ho anche una dimostrazione meravigliosa che la privatizzazione non comporta la discriminazione, essa è basata sull'idea che gli alunni e gli studenti di una scuola fanno parte del suo capitale, ma sfortunatamente questo margine è troppo piccolo per contenerla.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
qualsiasi dimostrazione, per quanto meravigliosa, non cambierà la natura dell'imprenditoria privata che di per sé discrimina in base a quanto sei disposto a pagare per avere ciò che ti offre. Se così non fosse gli aiuti alle famiglie che non potrebbero permettersi la scuola sarebbero inutili, dato che, in base alla tua meravigliosa dimostrazione, la privatizzazione non comporta discriminazione tra chi paga 0 e chi paga una cifra più alta. Portando alle estreme conseguenze quest'affermazione arriviamo a dire che la privatizzazione conduce addirittura alla gratuità della scuola, in un regime di volontariato!

Unknown ha detto...

Tutte le obiezioni contro la privatizzazione della scuola dell'obbligo si basano su una affermazione, la quale, insieme al principio della transitività dell'implicazione, produce un paradosso, che io ho chiamato il paradosso del monopolista. Ho una dimostrazione meravigliosa del paradosso, ma sfortunatamente questo margine è troppo piccolo per contenerla.

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
qualsiasi dimostrazione non muterà la natura dei mercati privati (monopolitici o di concorrenza perfetta che siano) nei quali si discrimina in base a quanto si è disposti a pagare per avere il bene o servizio offerto e si discriminano gli investimenti sul territorio in base al fatto che si prevedano maggiori, minori o nulli profitti.
Ah, dimenticavo... Così non mi convinci a darti lezioni private di microeconomia. Mi potresti convincere pagandomi, perché io pure discrimino, visto che non sono comunque pagato, come lo è un insegnante della scuola pubblica.

Unknown ha detto...

Puoi dire questo perché non conosci la mia dimostrazione.
Ma lo hai detto proprio tu
Sopra alla tua torpedo blu:
qui non è il luogo per dimostrare,
allora perché non giocherellare?
Seguendo la tua orma
io mi adeguo alla tua norma.

Alle lezioni private sono davvero interessato,
conosci in economia col massimo dei voti un laureato?

Massimo Messina ha detto...

Luigi,
affermo che i privati discriminano in base a quanto li paghi perché se così non fosse tutti agirebbero gratuitamente. Mai affermato, invece, che "qui non è il luogo per dimostrare". Non ti impedisco però di certo di giocherellare. Ne conosco diversi di laureati in economia con il massimo dei voti, se il mio curriculum (o altro) non ti convince a servirti delle mie lezioni.

Unknown ha detto...

Non è proprio il caso di frignare
Io mi adeguo alla pedagogia di Stato:
in scienze politiche un laureato
un bel cavolo può insegnare.

Massimo Messina ha detto...

L'attuale "pedagogia di stato" non mi impedisce ancora di dare lezioni private.

Unknown ha detto...

Purtroppo ancora no!!!

Massimo Messina ha detto...

Viva la libertà!