venerdì 30 aprile 2010

Un nuovo sionismo israeliano ed europeo

Qualsiasi paragone tra avvenimenti storici va bene fino ad un certo punto, ma una cosa accomuna l'origine di tutti gli Stati: le forzature ideologiche di una classe dirigente. Non esistono per nessuno Stato origini pure. Il sionismo ed il Risorgimento sono entrambi nazionalismi ottocenteschi, con i loro difetti e pregi. Ci si batteva per l'indipendenza ed è ovvio che un tale concetto (oggi irrecuperabile ed inutilizzabile, a mio modesto parere) aveva significati totalmente diversi per un popolo come quello italiano ed uno come quello ebraico. Il primo era sì nella mente solo della sua classe dirigente patriottica ed all'epoca più intenzione che storia. Ciò vale pure per gli avvenimenti relativi alla nascita di Israele. Il popolo israeliano ha incominciato sì a nascere dai sionisti che in terra di Palestina fecero la loro alià per creare lo Stato ebraico, ma il popolo israeliano oggi non è compatto etnicamente, culturalmente, religiosamente o linguisticamente. Il popolo israeliano esiste ed è di certo legato con il mondo ebraico, ma sono due insiemi che si intersecano, nessuno dei due può essere considerato sott'insieme dell'altro. Si può essere ebrei ed antisionisti. La divisione tra ebrei sionisti ed antisionisti c'è sempre stata e sempre ci sarà. Si può essere sionisti senza essere ebrei. Si può essere israeliani senza essere ebrei e neppure sionisti. Il sionismo di oggi ha da riflettere su se stesso e ridefinirsi e credo che ciò avverrà ed in germe è già avvenuto negli intellettuali israeliani che smitizzano e fanno laiche ricerche coraggiose sulle origini dello Stato israeliano, ad esempio. In ogni caso, "fatto Israele bisogna fare gli israeliani" è parafrasi che può bene essere usata anche per quella storia.
I miei ultimissimi studi politici e politico economici georgisti e geselliani mi portano, però, a diffidare di soluzioni come quella monostatale in Palestina, se di Stato Unico sganciato dal resto del mondo si tratta. Non è, comunque, ipotesi in campo e mi pare che ora si stia allontanando sempre più pure come ipotesi di scuola. Israele non crede alla volontà di pace degli arabi di Cisgiordania e nessuno crede alla volontà di pace di Hamas, che ormai ha intrapreso una sua sciagurata strada. L'unità dei palestinesi non israeliani è ormai solo un ricordo di un desiderio. Nessun futuro Stato di Palestina potrà mai essere indipendente, questa è la verità, sia che tale Stato sia un minuscolo Stato di non ebrei nella Cisgiordania (e forse nella striscia di Gaza), sia che sia lo Stato indipendente che unisca tutti gli abitanti della Palestina storica. Israele è oggi tutt'altro che indipendente, dipende dagli USA e pure economicamente dai suoi rapporti con i Paesi europei. Dipende dai suoi accordi (espliciti e taciti) con i paesi confinanti e non confinanti. Non si può più parlare di indipendenza, ma di interdipendenza ed in ogni caso snaturare uno Stato esistente per crearne un altro non mi pare una buona alchimia. Far entrare Israele nell'Unione Europea, invece, credo che potrebbe innescare reazioni positive anche e forse principalmente per gli arabi della Palestina non israeliana, anche visto l'attuale rapporto privilegiato di uno Stato arabo ed islamico come il Marocco con l'UE.
Il sionismo rischia oggi di divenire solo la retorica dietro la quale i politici israeliani si mascherano per qualsiasi loro propaganda ed azione. Il mio amore per Israele non mi rende cieco al punto di non vedere che tale Stato oggi si avvia verso la sua morte e morirà comunque, qualsiasi soluzione vincerà in quella terra martoriata, se non si comprenderà che l'appartenenza ebraica non può e non deve essere posta come fondamento della cittadinanza. Il neosionismo che io auspico, infatti, deve essere il sionismo degli israeliani (di ogni etnia e appartenenza di fede) e degli europei di oggi.

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