domenica 9 maggio 2010

Liberiamo l'economia

Con piacere pubblico il seguente articolo di Silvano Borruso, che ringrazio per avermi fatto conoscere meglio, attraverso i suoi scritti, gli studi economici di Henry George e Silvio Gesell.

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DOMANDE CHE NESSUNO FA
(e risposte che nessuno da)


Il CorrierEconomia del 12 aprile 2010 apre con un articolo di Sergio Rizzo e quattro di Isidoro Trovato. Vertono tutti sulle stesse questioni angosciose:

  • Il ritardo nei pagamenti, tanto da parte di imprese private quanto pubbliche, dei loro fornitori, le cui operazioni vengono strangolate, quando non uccise, da codesta pratica.
  • La mancanza cronica di liquidità, alla quale segue l’indebitamento obbligato in banca: “C’è meno liquidità e dobbiamo indebitarci” lamenta Mauro Baruzzi dell’impresa familiare omonima.
  • L’effetto danneggiante inversamente proporzionale alle dimensioni di una impresa: quanto più piccola e puntuale nell’assolvere i suoi impegni, tanto più colpita ne viene dallo Stato, delle banche e delle grandi imprese private.
  • Nemo custodit ipsos custodes: Le tasse e imposte colpiscono senza remore e senza pietà, la delinquenza degli enti pubblici nell’assolvere i loro obblighi rimane impunita: “Il patto di stabilità era stato creato per evitare ai comuni di sforare il proprio budget. Ma il risultato è che, verso fine anno, quando si accorgono di aver raggiunto il limite massimo di spesa, i comuni e tutti gli altri enti locali sospendono i pagamenti di tutte le fatture e li rimandano all’anno successivo. Questo perché così vengono contabilizzati nel bilancio dell’esercizio successivo”. Così Antonella Gabriellini di Toscana Costruzioni.

Trovato quasi butta la spugna: “Fare in modo che le imprese riscuotano almeno una parte dei loro crediti potrebbe rappresentare una via di uscita… Ma come riuscirci senza squilibrare ulteriormente i conti pubblici, non è ancora chiaro”.


E non lo sarà mai, mi si permetta di aggiungere, perché l'economia nella quale ci dibattiamo non è naturale. Ne sono un sintomo i rimedi proposti. 

Cominciamo da Rizzo: “Non rispettate i tempi? Scatti la multa”, tuona il titolo. E’ la stessa politica che sguinzaglia i vigili urbani a multare chi parcheggia dove può senza che il municipio pensi alla soluzione razionale: costruire parcheggi sotto ad ogni strada, così da avere circolazione sopra e parcheggio sotto. “Ma non ci sono fondi!” esclama chi ha imparato economia dagli scagnozzi dell’usura. Vi ritorneremo. Poi diventa poetico: “I cittadini evadono le tasse perchè sono troppo alte e le tasse sono troppo alte perchè i cittadini le evadono”. Bello, come la storia dell’ex-capitano della Royal Navy ritirato a Zanzibar, che sparava un colpo di spingarda puntualmente a mezzogiorno. Quando un ospite gli chiese come facesse ad avere il tempo esatto, “Ah, quando mi reco in città per approvvigionarmi sempre passo dall’orologiaio locale, che ha un cronometro pienamente affidabile”. L’ospite si reca a Zanzibar città e va dall’orologiaio. “So che avete un cronometro che marca il tempo con esattezza. Come fate? “Ah, c’è un ex-capitano della Royal Navy che dall’altro lato dell’isola spara un colpo esattamente a mezzogiorno…” Circolo vizioso che gode di credito grazie all’assenza della logica dalla “squola” italiana.

Continuiamo con Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato: “Abbiamo bisogno di norme severe contro i cattivi pagatori che mettono in ginocchio le piccole imprese… strette in una morsa di oneri finanziari, costi amministrativi per disincagliare i crediti in sofferenza, perdite di tempo, oneri legali per ottenere la riscossione del credito agendo per via giudiziaria”.

Che non serve, finisce Rizzo, giacché “rivolgersi al giudice civile è semplicemente inutile, per non dire controproducente: le cause in Italia durano decenni, e una piccola impresa che cita in giudizio una grande impresa difficilmente avrà altre commesse. Questa è la giungla italiana, dove la regola della lealtà ha lasciato il posto alla legge del più forte. Per quanto si può ancora andare così prima che il sistema collassi?

Le soluzioni proposte sono tutte violente: norme severe, sanzioni, multe, insomma la giungla. Però nessuno fa le domande, radicali nel senso etimologico del termine, che andrebbero fatte per trovare l’uscita dal labirinto. 

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